Crediamo che la visione del film di Domenica 15 marzo " Diario di un Curato di campagna" sia il miglior modo di riflettere su questo indicibile fatto. Vi aspettiamo, almeno questa volta... ( Gruppo Laico )

 

La bambina e la scomunica

A Recife, in Brasile, c´è una bambina di nove anni. Ha un patrigno. Il patrigno abusa sessualmente
di lei da quando aveva sei anni. Abusa di lei da tre anni. Il patrigno abusa anche della sorellina della
bambina, che ha 14 anni ed è invalida. Ora il patrigno è in carcere. Ora la bambina di nove anni è
incinta, di due gemelli.
La bambina ha anche un suo padre, e una madre. La madre spera che abortisca, il padre no.
A Recife c´è un medico che ha preso in cura la bambina, le ha somministrato dei farmaci che hanno
procurato l´aborto. Il medico e i suoi collaboratori pensano, come vuole la legge, che non si debba
obbligare una donna, e tanto meno una bambina, a mettere al mondo il frutto di uno stupro. Si sono
anche spaventati del rischio che il parto gemellare avrebbe comportato per una bambina di nove
anni.
C´è un arcivescovo, a Recife - non importa il nome: non c´è il nome della bambina, né del suo
violentatore, perché citare quello dell´arcivescovo - che ha scomunicato senza appello il medico che
ha aiutato la bambina ad abortire, i suoi collaboratori, e la madre che ha approvato. Non il patrigno,
«perché l´aborto è peggiore del suo crimine». Non la bambina. La bambina non ha l´età per essere
scomunicata. Solo per partorire due gemelli. L´arcivescovo ha proclamato - indovinate - che la
legge di Dio è al di sopra della legge umana. L´arcivescovo ha tenuto ad aggiungere che l´olocausto
dell´aborto nel mondo è peggiore di quello dei sei milioni di ebrei nella Shoah. Peggiore. C´è anche,
a Recife, un gruppo di avvocati cattolici che ha denunciato i medici per il procurato aborto:
omicidio volontario aggravato, presumo.
C´è, a Roma, il Vaticano e, in Vaticano, la Pontificia Accademia per la Vita. Con una gamma di
sentimenti che vanno dall´imbarazzo al dolore alla perentorietà, i suoi esponenti hanno spiegato che
la scomunica comminata dall´Arcivescovo di Recife era necessaria. Un atto davvero dovuto, come
prescrive il Codice di Diritto Canonico. Un sacerdote del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a sua
volta, ha soffertamente ribadito che «L´annuncio della chiesa è la difesa della vita e della famiglia».
E che i medici sono «protagonisti di una scelta di morte».
Penso che non si debba commentare tutto ciò. Neanche una parola. Bisogna trattenere il respiro,
fino a scoppiare.

Adriano Sofri     la Repubblica  7 marzo 2009

 

 

Fanno abortire bimba stuprata Sei scomunicati

«La medicina è più corretta della Chiesa». Con queste parole il presidente verde-oro Luiz Inácio
Lula da Silva è intervenuto personalmente nel duro testa a testa tra Chiesa Cattolica e la società
civile brasiliana montato nelle ultime ore da un fatto di cronaca che sta facendo discutere il Paese.
«I medici hanno salvato la vita della bambina, come cristiano e come cattolico - ha aggiunto Lula -
mi dispiace profondamente che un vescovo della Chiesa Cattolica abbia mostrato un
comportamento così conservatore».
Il dito è puntato contro José Cardoso Sobrinho, arcivescovo di Olinda e Recife, nel Nord-Est del
Paese, tra le regioni più povere dell'intero Brasile. Sobrinho ha infatti scomunicato la madre e i
medici di una bambina di appena 9 anni. In tutto dovrebbero essere sei persone. Il motivo? Perché
hanno permesso alla ragazzina, rimasta incinta di due gemelli dopo uno stupro subito dal patrigno,
di abortire al quarto mese di gravidanza. L'arcivescovo ha tuonato contro i medici, accusati di aver
violato «la legge di Dio» e ha avuto parole durissime per la madre della bimba.
L'aborto è stato comunque praticato: la bimba se avesse portato avanti la gravidanza avrebbe
rischiato la vita. Pesa, infatti, poco più di 30 kg ed è alta 1 metro e 36: il suo fisico non ce l'avrebbe
fatta a sostenere una prova del genere. L'aborto in Brasile non è legalizzato, ma la legge lo prevede
in caso di rischio di vita per la madre e di stupro. Il caso della bambina, dunque, rientrava
pienamente nell'eccezione ammessa dalla legislazione verde-oro. Ma l'arcivescovo non ha avuto
ripensamenti nel suo giudizio: «La legge di Dio è superiore a qualunque legge umana - ha
proclamato - quindi se la legge umana, cioè una legge promulgata dagli uomini, è contraria alla
legge di Dio, questa legge umana non ha alcun valore». In un'intervista al quotidiano brasiliano
«Folha de São Paulo» l'arcivescovo ha poi aggiunto che «è vero che il medico ha detto che la
bambina correva rischi, ma che comunque il fine non giustifica i mezzi. Lo scopo buono di salvare
la sua vita non può giustificare la soppressione altre due vite».
Durissima la reazione del ministro della Salute brasiliano José Temporão che ha definito la
posizione presa da Sobrinho «estremista e inopportuna» e che ha cercato di riportare l'intera vicenda
sul fronte legale. «La bambina è stata violentata. Il resto è opinione della Chiesa» ha concluso.
Intanto il patrigno della bambina è stato arrestato con l'accusa di stupro. Ha ammesso di aver
abusato di lei dall'età di 6 anni e anche della sorella quattordicenne. Quanto alla piccola è ancora
ricoverata, le sue condizioni di salute sono buone ed è monitorata da medici e psicologi. Il fatto è
avvenuto nello Stato del Pernambuco, dove è nato Lula, nella remota cittadina di Alagoinha, zona
poverissima e carente di supporti sociali. Proprio Lula ha sottolineato come la storia faccia parte di
«un processo di degrado della struttura stessa della società». Il caso, infatti, non è isolato. Nel Sud
del Brasile a circa 500 km da Porto Alegre, nella cittadina di Iraí un'altra bambina, stavolta di 11
anni, incinta al settimo mese è ricoverata nell'ospedale di Tenente Portela perché la sua gravidanza è
a rischio. Anche lei è stata stuprata dal proprio padre adottivo. In questo caso data la gestazione
avanzata la legge non consente l’aborto.

Paolo Manzo    La Stampa 7 marzo 2009

 

 

Abortisce a 9 anni, scomunicati i medici

«La legge di Dio è superiore alla legge degli uomini. Quando una legge promulgata da legislatori
umani va contro la legge di Dio, perde ogni valore». Sono arrivate come una folgore le parole di
monsignor José Cardoso Sobrinho, arcivescovo brasiliano di Olinda e Recife. Il porporato ha
scomunicato i medici che hanno fatto abortire una bambina di soli nove anni e la madre che ha
autorizzato l'aborto.
La bambina era arrivata dalla città di Alagoinha all'ospedale di Pernambuco lamentando dolori al
ventre. Era incinta di quattro mesi. Due gemelli, ha detto l'ecografia. Aveva nove anni. Un affarino
di 36 chili, alta un metro e 36. Da almeno tre anni veniva stuprata dal patrigno, Jailton José Da
Silva, che violentava anche una sorella maggiore, di 14 anni, minorata mentale. Martedì sera i
medici hanno preso la decisione di intervenire con farmaci che inducono l'aborto, come si usa in
Brasile da circa 16 anni. La legge brasiliana permette l'aborto in caso di stupro o se la madre è in
pericolo di vita. La bambina assolveva entrambe le caratteristiche.
I fulmini ecclesiastici sono arrivati subito. Martedì sera la bambina ha cominciato a prendere i
farmaci, mercoledì l'aborto, nello stesso pomeriggio l'arcivescovo ha lanciato la sua maledizione. E
nei giorni successivi ha proseguito la battaglia, travolgendo l'equipe medica pubblica con tutto il
peso della sua carica.
Monsignor Cardoso Sobrinho fa parte dell'ala più conservatrice della chiesa cattolica
latinoamericana. Ha 76 anni, è docente di diritto canonico, è prete (carmelitano) da cinquant'anni,
vescovo da trenta e arcivescovo di Recife dal 1985. Nella sua diocesi vivono 3 milioni e mezzo di
persone, di cui 3 milioni e 300mila cattolici - e 230 sacerdoti, uno ogni 14mila abitanti. A Recife è
stato il successore di monsignor Helder Camara, uno dei padri della teologia della liberazione,
quello che «quando do da mangiare a un povero tutti mi chiamano santo, ma quando chiedo perché i
poveri non hanno cibo allora tutti mi chiamano comunista». Lo aveva nominato Paolo VI. Wojtyla
lo sostituì con monsignor Cardoso Sobrinho, di tutt'altra pasta.
Proprio i fulmini di monsignore hanno fatto dilagare il caso, in Brasile e fuori. Dopo l'aborto la
bambina - che non è stata scomunicata - e la madre sono state ricoverate in una struttura apposita e
esterna all'ospedale, per recuperare con relativa tranquillità. Passo vietato al patrigno: prima di
essere arrestato e accusato di stupro, Jailton José Da Silva ha grottescamente dichiarato ai giornali
che «è stata lei a prendere l'iniziativa». L'inflessibile monsignor Cardoso Sobrinho ha tenuto a
precisare che lo stupratore pedofilo non è stato scomunicato: «Il suo peccato è abominevole ma non
è compreso nella scomunica. Esistono tanti altri peccati gravi ma il più grave è l'aborto,
l'eliminazione di una vita innocente». La verità è che il patrigno era contrario all'aborto, la madre
invece a favore. Uno è in galera ma in piena comunione con la chiesa, l'altra è vicino alla sua
bambina e scomunicata.
Ieri ha battuto un colpo anche il governo. Prima il ministro della sanità José Gomez Temporao e poi
lo stesso presidente Lula hanno preso la parola schierandosi con la madre e con i medici. «Come
cristiano e come cattolico - ha detto Lula - mi rammarico profondamente che un vescovo della
Chiesa cattolica abbia avuto tale comportamento conservatore. La medicina è su questo punto più
corretta della chiesa, e ha fatto ciò che doveva fare: salvare la bambina». In Brasile più di un
milione di donne abortiscono ogni anno (quasi quattro milioni dell'interno subcontinente), e il
dibattito sull'aborto «non è un tema di fede - ha detto il ministro - ma di salute pubblica». In Brasile
il 70% dei 180 milioni di abitanti è cattolico, ma non molto apostolico e romano, e il 96% dei
giovani ritiene che usare il preservativo non sia peccato.
Chiesa e governo sono spesso in conflitto. La Conferenza episcopale brasiliana ha organizzato
un'attiva campagna contro l'aborto, fino a creare un fronte parlamentare in appoggio a un progetto
di legge contro l'aborto anche in caso di stupro, e il presidente della Commissione diritti umani della
camera - un prete cattolico, Luiz Couto - è stato ferocemente criticato la settimana scorsa per aver
giustificato il fatto che le donne che hanno abortito dopo uno stupro ricevano assistenza medica
pubblica e gratuita.
Il «Centro Integrado de salud Amaury De Medeiros» (Cisam), l'ospedale che ha fatto abortire la
bambina, intanto si difende come può. Sono arrivati circa 500 messaggi di solidarietà, e la direttrice
dell'istituto, Fatima Maia, è sbottata: «Grazie a dio - ha detto - sono nel gruppo degli scomunicati.
Odio la violenza sessuale, e rifarei tutto un'altra volta».

Roberto Zanini    il manifesto  7 marzo 2009