COSSIGA CHIAMA E RUINI RISPONDE

Subito dopo l’approvazione del disegno di legge sui DiCo da parte del governo il senatore a vita Francesco Cossiga ha “esternato” la sua richiesta alla Cei di una valutazione collegiale e di un’inequivocabile indicazione sulla condotta da seguire per i cattolici obbedienti. Ad essa il pio senatore ha dichiarato di volersi adeguare. Non si è fatta attendere la risposta del Presidente della Cei cardinale Camillo Ruini, che ha annunciato l’arrivo di “una parola meditata, una parola ufficiale, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti”.

Se si tratti solo di una coincidenza temporale o ci sia un nesso causale non è dato dirlo, anche perché fra i due personaggi non è corso sempre buon sangue. Non è però privo di significato che il senatore abbia dichiarato: “La notizia della improvvisa convocazione del Consiglio dei Ministri per approvare il disegno di legge sulle unioni di fatto mi era stata data questa mattina da un autorevole membro cattolico del Governo, il quale mi aveva aggiunto: ”Adesso noi dell’Unione siamo molto più tranquilli perché tra poco cambierà musica! È imminente, infatti, la sostituzione quale Presidente della Conferenza Episcopale Italiana del Card. Ruini con un noto ‘prodiano di ferro’, l’Arcivescovo di Taranto, che farà mutare registro sia al suo Segretario Generale, sia al quotidiano L’Avvenire...”.

Ce n’è abbastanza per introdurre qualche elemento in più nella valutazione dell’ossessiva e ostentata opposizione del partito di Dio contro ogni iniziativa legislativa volta a migliorare la qualità della vita delle coppie di fatto in Italia. Dall’esternazione di Cossiga emerge chiaramente che tale ostilità è da leggere all’interno della lotta in corso per la designazione del successore di Camillo Ruini alla Presidenza della stessa Cei. Attesa da oltre un anno, i tempi sono ormai maturi; il suo ritardo è dovuto alle pressioni e agli interventi dei diversi centri di potere all’interno e all’esterno della Chiesa, che si sovrappongono alle sollecitazioni emergenti dalla comunità ecclesiale per un significativo mutamento della gestione autoritaria e autoreferenziale della gestione Ruini.

Il rapporto fra gerarchia cattolica e gruppi di potere va ormai ben oltre quello, già complesso, tra istituzioni ecclesiastiche e statali, regolato, si fa per dire, dal regime concordatario. Si è tornati al torbido intreccio proprio della società feudale in cui il rapporto tra papato e impero, tra vescovi conti, grandi monasteri e feudatari a diverso livello, era parte integrante della conflittualità politica ed economica.

Sembra cancellata la conquista di due secoli fa della laicità nella cultura, con la rivendicazione dell’autonomia dell’umano, e nella politica, con l’avvento dello Stato moderno. Accettata già alla fine dell’ottocento dai cattolici europei e statunitensi, un secolo dopo, anche da quelli italiani, con il referendum sul divorzio, e, pur se ancora più tardi, dalla Curia romana con l’enciclica giovannea Pacem in terris e con la costituzione conciliare Gaudium et Spes, è stata messa in crisi dalla svolta craxiana. Nel rilanciare in peggio il regime concordatario, in coincidenza con il ripudio wojtyliano del Concilio Vaticano II, ha restituito alle gerarchie ecclesiastiche il carattere di soggetti politici istituzionalizzati, destinandole ad essere nuovamente coinvolte nelle lotte per il potere. La debolezza e l’ignavia dei politici italiani le rafforza e di conseguenza rende più temibile la loro avversione ed appetibile il loro consenso. Non c’è quindi da meravigliarsi della violenza dello scontro in atto su una materia così chiaramente riservata alle competenze dello Stato, ma c’è da trarre alcune conseguenze per chi vuole contrastare la deriva a cui sembra condannata la laicità. Bisogna, innanzi tutto, sottrarne il rilancio ai compromessi e agli inciuci contestando, senza se e senza ma, i politici pronti a genuflettersi agli omologhi ecclesiastici: è volutamente emblematico ogni riferimento all’immagine di Marazzo, Gasbarra, Veltroni, in occasione delle presentazione degli auguri d’inizio d’anno, attenti alle direttive papali per la gestione della regione Lazio, della provincia e del comune di Roma.

P.S.

Non è questa la sede per porre l’interrogativo, che però non può essere ignorato, sugli esiti devastanti sulla credibilità della Chiesa per questo ritorno al medioevo manifesto nel carattere ricattatorio del minacciato intervento della Presidenza della Conferenza Episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge sui "diritti delle convivenze”. C’è solo da augurarsi che questi sappiano ribellarsi al ricatto e che nella comunità ecclesiale italiana riprenda il cammino conciliare e trovi nuova forza la richiesta già avanzata dalle Comunità di base della fine del regime concordatario.

 

Marcello Vigli       da  www.italialaica.it