CORRUZIONE E DEVOZIONE
A metterli uno appresso all’altro, i crimini italiani, più che fascicoli giudiziari sembrano grani di rosario.
Più che una giurisprudenza compongono una confraternita. Dalla corruzione nello Stato alla mafia, dallo sfruttamento della prostituzione alle scalate dei banchieri devoti, in Italia sembra esserci, tra Cristo e Barabba, lo stretto rapporto che c'è tra asole e bottoni. Questo legame, inquietante per tutti ma offensivo soprattutto per chi davvero ha Fede, è diventato persino grottesco nella terribile inchiesta sulla Protezione civile. Al punto che «la cricca», oltre che agli avvocati, dovrebbe essere affidata ad una squadra di teologi. E proviamo a fare il riassunto senza faziosità laica o, per essere alla moda, laicista: pone Domine custodiam ori meo, poni o Signore una custodia alla mia bocca.
Dov'erano nascosti i fondi neri, il bottino, dell'imprenditore Anemone? In casa del prete, del suo direttore di coscienza don Evaldo Biasini, dietro un quadro sacro. E qual è l' altissima onorificenza del superfunzionario corrotto Angelo Balducci? Gentiluomo di Sua Santità. Dove cantava il giovane nigeriano Chinedu Thomas Eihem, prostituto e procacciatore di prostituti? Nel coro di San Pietro. Dove arriva la telefonata per concordare le prestazioni del cubano, dei due neri, del tedesco, del calciatore e del ballerino? Nel palazzo barocco, realizzato dal Borromini, della Propaganda Fide, e più precisamente nella residenza privata di Sua Eminenza il cardinale...
Cosa risponde il pio Balducci quando gli propongono un incontro bollente? «No. Alle 5 devo vedere Monsignor Paglia». Ma subito ci ripensa: «Possiamo anticipare. Io prima passerei da te e poi vado da Monsignor Paglia. Mezz'ora sola». Monsignor Paglia, certamente ignaro di tutto, è un vescovo molto stimato, presidente della Commissione episcopale sull'ecumenismo: vicina sunt vitia virtutibus, i vizi sono vicini alle virtù.
E dove lo raggiunge il prostituto per consumare? «In seminario». E da dove parte? «Dal Pontificio collegio Pio Brasiliano» che è la celebrata scuola per sacerdoti gesuiti. Perché è staccato il telefono del bel calabrese? «Gli ho mandato anche un messaggio. Ma non risponde. Forse è a Messa». Come fa il lenone a illustrare la qualità della “merce”? «Ci avrà 15 centimetri, occhi azzurri, è un Cristo di due metri».
Ad inquietarci qui non è la solita antica e spesso presunta scostumatezza vaticana né i sentori di una segreta vita debosciata nel cuore della Curia romana. Questa insomma non è letteratura, non è la versione aggiornata dei Sotterranei di Gide, delle scelleratezze dei Borgia, degli eccessi denunziati dalla poesia di Dante Alighieri. Qui c'è qualcosa di diverso e forse di irreversibile. E' la devozione altissima dei banchieri Fiorani e Fazio, divisi tra il latinorum degli studi su san Tommaso e i furbetti der quartierino; sono gli altarini nei covi dei mafiosi, le madonne di Totò Rina e Bernardo Provenzano; sono i camorristi che pregano e uccidono, i calabresi che a Duisburg baciano il crocifisso e sparano, i finanzieri d'assalto che studiano le Sacre Scritture ed evocano Sodoma e Gomorra.
E' don Livolsi appunto, economo, come ha raccontato ieri Francesco Viviano, della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Gesù, gente che porta soldi in Africa e certamente subordina l'etica del danaro al cattolicesimo dei valori, sentendosi probabilmente irreprensibile dal punto di vista della propria morale: vita spartana e custodia delle tangenti, adorazione del Sangue di Cristo e bancomat della corruzione, «dimmi quanto ti serve e li vado a prendere»; riti, evangelizzazione, una coroncina con i grani rossi, le attese dei poveri, le lacrime dei sofferenti, le speranze dei popoli e... il riciclaggio del danaro sporco. Don Livolsi secondo i Pm è il fornitore dei 50mila euro che Balducci avrebbe voluto dare a Bertolaso «senti don Evà, scusa se ti scoccio...». Evidentemente pensa, questo giovane missionario, che Dio sia Italiano, che ami soprattutto i peccatori e, molto più che sulla virtù, punti, per salvare le anime, sul pentimento...
E' difficile trovare un criminale italiano che non esibisca timor di Dio, che non scriva lettere di perdono, che non frequenti i ministri del culto. Non ho alcuna spiegazione da fornire, non ho intenzioni di lanciarmi in una trattazione storica e teologica, né di citare Manzoni o magari Padre Pio, il Risorgimento e il Concordato o il tempo nel quale si tappavano le vergogne alla Venere del Botticelli. Di sicuro la cronaca non registra criminali che esibiscono con la stessa sfacciataggine una militanza nella morale laica, quella del rigore per le regole collettive e della tolleranza generosa ma severa, la dolorosa libertà di scegliere l'aborto, l'amore tra i gay, il sesso come espressione di un sentimento non eterno, la possibilità di sciogliere una pessima famiglia e ritentare, il difficile rapporto privato con Dio che è tipico di tutti i poveri diavoli del mondo.. .
Alla fine dunque vorrei solo far riflettere sull'incontestabile rapporto che c'è in Italia tra Cristo e Barabba, e sulla coscienza, che immagino disperata in prigione, del gentiluomo di Sua Santità a capo di una associazione a delinquere, abituato a commettere delitti di ogni genere e a invocare il divino perdono nei vestiboli, nei sacrari, nei refettori, nei sentieri tra le celle di un Paese dove la rispettabilità cattolica è garantita dall'ipocrisia.
Come quella della Federcalcio che coltiva lo sport più violento e incivile (e corrotto) del mondo ma squalifica il bestemmiatore sui campi, e ha persino inventato la nuova professione del cacciatore di bestemmie, ispettore autorizzato, apostolico indulto per concessione pontificia, a leggere le labbra, a interpretare le labiali, e dunque a sospendere l'allenatore del Chievo Domenico Di Carlo ma ad assolvere due calciatori che non avrebbero imprecato contro Dio ma contro Dìaz e contro Zio perché sapiens verbis innotescit paucis, l'uomo savio si fa riconoscere da poche parole, come è scritto nella regola benedettina, cara ad ogni Gentiluomo di Sua Santità.
Francesco Merlo La Repubblica 6 marzo 2010