Concordati silenziosi
Stiamo assistendo a un nuovo
protagonismo della chiesa cattolica italiana. Non di tutta: forse sarebbe meglio
parlare della gerarchia. È proprio la gerarchia infatti - il cardinale Ruini in
prima fila - che è uscita vincente dal referendum sulla procreazione assistita e
che, sull'onda di quella vittoria, sta cercando un ruolo di primo piano nella
vita sociale e politica del paese, ben diverso da quello degli ultimi decenni.
Al tempo della Democrazia Cristiana, infatti, la gerarchia poteva mantenersi in
disparte: i suoi interessi erano ben difesi dalla Dc. Negli anni seguenti, un
certo silenzio: la gerarchia stentava a trovarsi un nuovo ruolo, quello che
sembra aver trovato ai giorni nostri, soprattutto dopo il referendum. Oggi,
infatti, mentre non sembra che la gerarchia cattolica voglia fare ritorno a un
partito «a ispirazione cristiana», stiamo assistendo a ben precise prese di
posizione che hanno spesso l'aspetto di vere battaglie. Basti pensare alla
vicenda dei Pacs, e a quella della pillola del giorno dopo. Si riprende
addirittura la critica all'evoluzionismo, mentre sullo sfondo non è difficile
intravedere una possibile ripresa del dibattito sull'aborto. Questo protagonismo
è anche appoggiato da una parte consistente delle forze politiche: più o meno
tutto il centrodestra, mentre il centrosinistra si divide, dimostrando, a dir
poco, una certa confusione e un discreto imbarazzo. Una situazione politica che
inevitabilmente rafforza le richieste cattoliche. Le quali, comunque, non
possono avere vita facile nell'ambito del cattolicesimo, per parecchi motivi su
cui vale la pena di riflettere.
I temi del contendere e del pretendere, prima di
tutto, non sembrano tali da giustificare una forte ripresa. Si tratta di temi
piuttosto «vecchi» (ricordiamo i referendum su divorzio e aborto) e anche di
basso profilo, che non sembrano destinati a mobilitare più di tanto il mondo
cattolico italiano. Mancano all'appello temi più urgenti e anche più
«evangelici», come quelli legati all'immigrazione e al bisogno della casa e, in
genere, al divario sempre crescente fra i ricchi e i poveri. Su questi temi
decisamente scottanti la voce della gerarchia cattolica appare debole, scontata,
rituale.
Né sembra convincente la pretesa di influire non
solo sui fedeli cattolici ma su tutto il paese, come se la gerarchia pretendesse
un ruolo da super Corte Costituzionale. La religione sostenuta dalla gerarchia
cattolica assomiglia sempre più a una forma di «religione civile»: un sostegno
allo stato, che lo stato ricambia con favori alla chiesa. Una specie di
«concordato» che non giova né all'autentica laicità dello stato né all'autentico
messaggio della chiesa.
FILIPPO GENTILONI Il manifesto 25/9/05