Comunanza d'interessi

Bando alla depressione! I risultati elettorali possono farci rabbrividire di civica solitudine, ma l'abbraccio tra Joseph Ratzinger e George W. Bush ci riconcilia con la nostra posizione politica. Dopo il gelo sgorgato dalle urne, ecco da Washington un'effusione che ci scalda. Vedere quei due gongolanti sul prato della Casa Bianca ci rassicura: non avevamo tutti i torti a opporci sia al fautore della guerra preventiva, sia al flagellatore del relativismo.
Non siamo noi che faziosi accostiamo le loro due posizioni, sono proprio loro che ne suggellano l'alleanza di fronte a una torta di compleanno. Che poi la sagoma del dolce ricordasse la torre di Babele, cioè di una città (a suo tempo) distrutta in Iraq, e che i due la facessero a fette, aggiungeva solo un'involontaria dimensione simbolica all'evento.
Sulla stessa erbetta si sono incontrati infine i due fautori di quella «guerra di civiltà» che a parole negano ma che nei fatti non smettono di aizzare. Come è cambiata l'atmosfera da quando stizzito, come bimbo che pesta i piedi, Bush gettava nel cestino dello Studio Ovale i messaggi di Karol Wojtyla contro la guerra babilonese!
Sarà pure un pastore tedesco, ma l'attuale pontefice è molto più soffice nella sua opposizione alla guerra ed è assai più ostile nei confronti del Corano. Il disegno reazionario di Wojtyla vedeva un fronte comune delle religioni, persino dei fondamentalismi, contro «l'ateismo capitalista e consumista», mentre la restaurazione ratzingeriana ripropone un eurocentrismo religioso, consona al suo «tomismo heideggeriano».
In Bush, Ratzinger trova un alleato nella sua crociata contro l'aborto, il matrimonio dei gay, la ricerca sulle cellule staminali. In Ratzinger, Bush trova un compagno di strada nell'offensiva contro l'Islam. In un presidente Usa che si dichiara born again (cioè «rinato dall'incontro con Cristo»), il papa trova la conferma che i riti della democrazia moderna possono andare a braccetto con il fondamentalismo religioso. In un pontefice che scaglia anatemi contro il relativismo dei valori ma subisce quasi in silenzio l'assolutismo della finanza, Bush vede la conferma che professione di fede cristiana e pratica dello sfruttamento capitalista possono convivere in armonia.
Certo, queste effusioni sono un po' strumentali. Da un lato la Chiesa non è mai riuscita a fare i conti con la modernità (il concilio Vaticano II ci provò, ma fu rapidamente smantellato); e per di più, tutta l'educazione di Ratzinger lo maldispone verso ciò che è americano. Dall'altro lato, non solo la nascita stessa degli Stati uniti affonda nell'antipapismo, ma Bush ha legato le sue fortune politiche a quegli evangelici conservatori che il papa vedono come un demonio. Per l'evangelico texano però il voto ispanico alle prossime presidenziali vale bene un pic-nic alla Casa Bianca: infatti i repubblicani hanno un serio problema con la minoranza latina che pende per i democratici, e una benedizione da parte della guida religiosa dei latinos è una manna che cade proprio dal cielo.
Dal canto suo, il Vaticano ha bisogno assoluto di una moratoria nella campagna antipedofili che sta cancellando il cattolicesimo da quel continente. Per decenni il Vaticano ha sottovalutato la portata del problema, non capendo che ha assunto ormai le stesse dimensioni che ebbe la denuncia delle indulgenze per la Riforma Protestante in Germania. A rischiare di scomparire sono soprattutto le scuole cattoliche: chi mai manderebbe i propri figli a imparare da un insegnante dipinto da tutti come pedofilo? Non solo: lo scandalo della pedofilia clericale sta mandando in rovina le finanze vaticane che, almeno da dopo la seconda guerra mondiale, dipendono dalle donazioni provenienti dagli Stati uniti. Non solo dilapida il patrimonio in risarcimento danni, ma prosciuga le nuove donazioni.
È perciò una felice coincidenza che i bisogni strumentali dell'uno s'incontrino così bene con quelli dell'altro sul comune terreno della «guerra all'infedele». L'unico rimpianto riguarda l'assenza, dal prato della Casa bianca, di Cristiano Magdi Allam che avrebbe potuto unirsi all'abbraccio, come facevano i crociati prima d'immolarsi per la fede contro i feroci saladini.

 

Marco d'Eramo      Il manifesto 18/04/08