Sussiste una preoccupante disomogeneità
delle norme che regolano le esportazioni di armi da guerra e delle piccole armi
ad uso civile.
Il commercio delle armi leggere e di piccolo calibro (fucili, pistole, munizioni
ed esplosivi), le più diffuse nei conflitti in cui sono utilizzati bambini come
soldati, non rientra nell'ambito della disciplina della Legge 185/1990, che
contiene severe disposizioni procedurali per l'esportazione, l'importazione ed
il transito di armi ad uso bellico verso paesi terzi, ma è regolamentato dalla
Legge 110/1975 la quale, al contrario, non prevede limiti alle esportazioni
sulla base dello standard dei diritti umani del paese importatore e del
coinvolgimento del paese stesso in una guerra interna o internazionale. È quindi
ammesso e possibile che l'Italia venda armi leggere a soggetti privati o a
governi di paesi in cui persone con meno di 18 anni partecipano alle ostilità
come parte di eserciti o di gruppi armati. Nel gennaio 2008, il Segretario
Generale delle Nazioni Unite ha reso pubblico il Rapporto Annuale 2007,
destinato all'attenzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si conferma il
reclutamento e l'utilizzo di bambini soldato in diversi paesi già segnalati nel
2006, tra cui: Burundi, Ciad, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Nepal,
Filippine, Uganda e Afghanistan.
Da un'analisi dei dati disponibili si rileva che, tra il 2002 e il 2007,
l'Italia ha autorizzato l'esportazione di armi leggere e di piccolo calibro
verso soggetti privati o statali delle Filippine per € 7.169.863, in Afghanistan
per € 3.189.346, e in Colombia per € 1.027.196, nonché verso soggetti privati o
statali, nella Repubblica Democratica del Congo per € 179.582, in Nepal per €
18.321, in Uganda per € 10.088, in Burundi per € 9.017, e in Ciad per € 1.756.
Inoltre, nonostante gli elevati standard sui diritti umani contemplati dalla
Legge 185/1990, non sempre le autorizzazioni all'esportazione di armi hanno
effettivamente evitato che queste finissero a governi di paesi in cui i bambini
vengono utilizzati come soldati. L'Italia, tra il 2002 e il 2006, ha infatti
venduto armi alle forze armate delle Filippine per 1,6 milioni di euro e della
Colombia per 2,3 milioni di euro.
Tutto ciò avviene in aperto e palese contrasto con gli impegni assunti a livello
internazionale: in particolare, in occasione della candidatura italiana a
componente del nuovo Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani per il
triennio 2007-2010, il governo italiano si è impegnato a tutelare i diritti
dell'infanzia, specialmente dei minori coinvolti nei conflitti armati e a
settembre 2007 il ministero degli Affari esteri ha presentato uno speciale
"Minori soldato una sfida ancora aperta" in cui si evidenziava il ruolo
dell'Italia nel contrastare l'utilizzo dei bambini soldato.