Come la Cei comanda, arrivano i fondi alle scuole cattoliche
Nessuna risposta agli studenti dell’Onda. Ma è bastato un alzare di ciglia Oltretevere che l’esecutivo ha messo mano alla borsa. Zanda (Pd): «A scuola, università e ricerca sottratti 10 miliardi».


È bastato che i vescovi minacciassero una manifestazione di piazza contro il governo a difesa della scuola «paritaria», rafforzato dal richiamo di Benedetto XVI al «diritto inalienabile alla libera educazione dei figli e quindi agli aiuti per l’educazione religiosa, perché prontamente l’inflessibile Tremonti trovasse risorse per le «private». Almeno così è parso. Assicurare le risorse alle scuole gestite da religiosi, in primo luogo le «materne», è diventato «un primario impegno politico» del governo e della maggioranza. Ripristinare quasi totalmente, con 120 milioni su circa 134 milioni, lo stanziamento per le scuole private nel 2009: questo prevedeva un emendamento al disegno di legge di bilancio del relatore Maurizio Saia (Pdl) concordato col governo. Solo una «coincidenza» assicura il relatore: nessuna risposta immediata alla richiesta della Cei. Lo contraddice il sottosegretario all’Economia, Giuseppe Vegas, che rivolto alla Cei assicura: «Con questo stanziamento possono dormire su quattro cuscini». Finanziamento assicurato? Forse, visto che quell’emendamento è stato ritirato e modificato in un particolare: è stata cassata la destinazione a favore delle paritarie per attribuirlo genericamente al bilancio del ministero. Sarà il ministro Gelmini a deciderne l’uso: scuola pubblica, paritarie o opere per la sicurezza degli istituti. Quello che pare assodato è che questi 120 milioni saranno «l’unico» stanziamento di Tremonti per la scuola. Una rassicurazione a metà, quindi, quella data dalla maggioranza, divisa al suo interno. «Tremonti fa il gioco delle tre carte e non si assume le responsabilità della destinazione dei fondi che comunque sono troppo esigui» commenta la Bastico (Pd) che chiede di ridurre fortemente i tagli alle scuole pubbliche.
Certo è che è stato efficace l’«uno due» della Cei. Primo colpo: in mattinata una dichiarazione dai tuni duri e ultimativi del responsabile scuola della Cei, monsignor Stenco. Chiama direttamente in causa il ministro dell’Economia, Tremonti rimproverandogli «di colpire di nuovo la scuola cattolica». «Guarda caso nel 2008 ripete la stessa manovra del 2004: taglia per tre anni consecutivi 130 milioni di euro alla scuola cattolica - afferma -. È un film già visto: si continua a colpire il sistema paritario». Il direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione rifà un po’ di conti. «Nel 2000 - spiega - la legge sulla parità scolastica ha previsto un contributo di 530 milioni di euro per tutto il sistema delle scuole paritarie, mentre la spesa per la scuola statale è di 50 miliardi. Il contributo, dello 0,1 per cento, è quindi già irrisorio». «Nel 2004, - prosegue - per tre anni consecutivi Tremonti ha tagliato 154 milioni sui 530 di contributo totale, cioè il 33 per cento». «La scuola cattolica ha taciuto - conclude - e li abbiamo recuperati anno per anno con emendamenti, con fatica e con ritardi. Ora, però, il ministro ripete la stessa manovra». Come dire: la misura è colma. «La Chiesa adesso - conclude minaccioso - deve tirare le sue conseguenze perché senza contributi le scuole dell’infanzia di certo rischiano di chiudere». Il secondo colpo, più morbido, arriva dal portavoce della Cei monsignor Pompili. «Siamo preoccupati, per il destino delle scuole pubbliche non statali. Tuttavia - ha aggiunto - pur consapevoli del momento economico e sociale del Paese, confidiamo negli impegni che il Governo ha assunto pubblicamente». La risposta non si fa attendere. Non sono necessarie Onde di protesta e migliaia di studenti e docenti in piazza. Il governo pare pronto ad accogliere le richieste della Chiesa. Una «sensibilità» attesa e a lungo contrattata Oltretevere. Quello che il governo offre è troppo poco: lo rimarca dall’opposizione la Garavaglia, il ministro «ombra» alla scuola. «Questo è solo un primo segnale» sottolinea, ricordando l’allarme lanciato a suo tempo dal Pd «sui tagli alle scuole paritarie» a cui l’esecutivo è rimasto sordo. «Ora - osserva - il governo di fronte alle legittime proteste provenienti da più parti, inclusi i vescovi, ci ha ripensato e ha cercato di rimediare al danno». Ma è che l’esecutivo guarda all’istruzione come a un costo da contenere. «I 120 milioni? Si tratta di un granello di sabbia rispetto ai circa 10 miliardi, tagliati a scuola, università e ricerca» afferma il senatore Luigi Zanda, invitando a rimediare ai colpi assestati alla scuola pubblica. «È bastato un semplice comunicato della Cei e il governo si mette sull’attenti e ritrova i fondi per le scuole private» afferma Claudio Fava di Sinistra democratica.

Roberto Monteforte   l’Unità 6.12.08


 



Metà delle tredicimila scuole paritarie gestite da enti religiosi: che lo Stato aiuta con 280 milioni l´anno.
Seimila istituti e quarantamila prof la galassia dell´istruzione cattolica.
Un giro d´affari che supera ogni anno il miliardo. Mezzo milione di iscritti: solo alle materne quasi 300mila



Oltre 6 mila istituti, quasi mezzo milione di alunni, 40 mila insegnanti e 18 mila tra bidelli e personale di segreteria. Ecco i numeri della scuola cattolica italiana, attorno alla quale ruota ogni anno un giro d´affari superiore a un miliardo di euro. In Italia, quello delle scuole non statali è un mondo piuttosto complesso. Per comprenderlo basta dare uno sguardo a "La scuola italiana in cifre: anno 2007". La galassia delle scuole non statali è dapprima suddiviso in due grossi blocchi: quelle pubbliche e quelle private. Che a loro volta sono suddivise in altre due categorie: le paritarie e le non paritarie. Le prime partecipano alla spartizione di circa 537 milioni di euro che lo Stato assegna in base ad una legge del 2000. Le seconde devono cavarsela con mezzi propri.
Una scuola può essere pubblica ma non statale? Sì, basta che sia gestita da un ente locale o pubblico: Comune, Provincia o Regione. È il caso di molte scuole materne: su 10.709 non statali 1.690 sono gestite direttamente dai Comuni, 246 dalle Regioni (come in Sicilia), 3 dalle Province e 405 da altri enti pubblici. Per ottenere lo status di scuola paritaria il gestore (ente pubblico o soggetto privato) deve avanzare richiesta all´ufficio scolastico regionale di competenza e, soprattutto, rispettare i requisiti stabiliti dalla legge 62 del 2000. Su un totale di 14 mila e 600 istituti privati sparsi in tutte le regioni italiane quasi 13 mila (l´88 per cento) sono paritari: facenti, cioè, parte del "sistema nazionale di istruzione" ed equiparati alle scuole statali.
E le scuole cattoliche? Secondo una statistica dello stesso ministero, oltre metà delle 13 mila scuole paritarie che operano nel nostro territorio sono gestite da enti religiosi. La quota gestita da laici è pari ad un terzo del totale. Ma è nel settore dell´ex scuola materna (ora dell´infanzia) che la Chiesa può fare la voce grossa. Su 628 mila bambini italiani che ogni anno frequentano le scuole paritarie (il 38 per cento del totale), 280 mila sono iscritti in scuole religiose. Se queste ultime dovessero "fallire" sarebbe un dramma per migliaia di famiglie perché lo Stato non sarebbe in grado di provvedere: mancano locali e arredi. Anche nella scuola elementare e media non statale gli istituti confessionali prevalgono, con più del 70 per cento di iscritti.
In totale, 280 milioni di contributo statale annualmente vanno diritto nelle casse delle scuole paritarie cattoliche. Ecco perché il taglio di 134 milioni previsto dal ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, ha fatto storcere il naso ai vescovi e indotto il governo a fare marcia indietro.

Sandro Intravaia    Repubblica 6.12.08

 

 


La Costituzione dimenticata


Giulio Tremonti era noto fino ad oggi come il più rigoroso, persino spietato ministro dell´Economia, tanto da essere soprannominato "signor no". Qualcuno, non solo dell´opposizione ma anche della maggioranza, gli chiedeva di allargare i cordoni della borsa a vantaggio dei pensionati, o dei licenziati, o dei precari? No, non si possono purtroppo sforare le cifre del bilancio, rispondeva il nostro ministro. La riposta fino a ieri era sempre la stessa: no. «Tagliare, tagliare le spese» era il suo mantra. Crolla il soffitto di una scuola a Rivoli e si scopre che molte altre scuole sono a rischio? Occorrono fondi per mettere le nostre scuole a norma? No, la risposta è sempre no. Il bilancio dello Stato non lo consente.
Eppure ieri, finalmente il ministro Tremonti ha detto sì. Nel giro di un paio d´ore ha trovato i soldi per soddisfare la richiesta che gli è venuta dal Vaticano di aumentare lo stanziamento già fissato in bilancio per le scuole cattoliche. Contro il taglio originario di circa 130 milioni di euro aveva tuonato monsignor Stenco, direttore dell´Ufficio Nazionale della Cei per l´educazione, minacciando una mobilitazione nazionale delle scuole cattoliche contro il governo Berlusconi e il suo ministro delle Finanze.
La minaccia ha avuto ragione delle preoccupazioni del ministro. Nel giro di poche ore il sottosegretario all´economia Giuseppe Vegas, a margine dei lavori della Commissione Bilancio del Senato sulla Finanziaria, rassicurava il rappresentante delle scuole cattoliche. «Abbiamo presentato un emendamento che ripristina il livello originario di finanziamento. Potete stare tranquilli. Dormire non su due ma su quattro cuscini?» .
Dunque il taglio previsto in finanziaria non ci sarà. E non ci sarà la minacciata mobilitazione delle scuole cattoliche contro Berlusconi e Tremonti. Soddisfatti, ma solo per ora, i vescovi italiani. Soddisfatto, per ora, il Pontefice che però alza il prezzo e chiede nuove misure «a favore dei genitori per aiutarli nel loro diritto inalienabile di educare i figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose». In parole più semplici, c´è qui la richiesta rivolta allo Stato italiano di smantellare il nostro sistema scolastico a favore della adozione del principio del "bonus" da assegnare ad ogni famiglia, da spendere, a seconda delle preferenze, nella scuola pubblica o nella scuola privata.
Naturalmente nessuno contesta il diritto «inalienabile» delle famiglie di educare i figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose. E non ci risulta che nella nostra scuola pubblica si faccia professione di ateismo. E l´insegnamento della religione non è affidato a docenti scelti dai rispettivi Vescovi? Cosa si vuole dunque di più?
Anche a costo di essere indicati come "laicisti" vale la pena di ricordare che l´articolo 33 della nostra Costituzione, ancora in vigore, afferma che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato». E che nel lontano 1964 un governo presieduto da Aldo Moro, venne battuto alla Camera e messo in crisi proprio per aver proposto un modesto finanziamento alle scuole materne private. Bisognerà dunque aspettare quasi quarant´anni perché un governo e una maggioranza parlamentare prendano in esame la questione delle scuole private e della loro possibile regolamentazione e finanziamento. E saranno il governo D´Alema e il suo ministro dell´Istruzione Luigi Berlinguer a volere, e far approvare, una legge sulla parità scolastica che prevede, ma a precise condizioni, un finanziamento non a tutte le scuole private ma a quelle che verranno riconosciute come «paritarie». Tutta la materia in realtà, nonostante alcuni provvedimenti presi nel frattempo, è ancora da regolare (non tutte le scuole private, ad esempio, possono essere riconosciute come «paritarie»).
Anche per questo, per una certa incertezza della materia, ho trovato per lo meno singolare l´intervento di due autorevoli esponenti del Partito Democratico, a sostegno della richiesta delle gerarchie. Maria Pia Garavaglia, ministro dell´istruzione del governo ombra del Pd, e Antonio Rusconi, capogruppo del Pd in Commissione Istruzione al Senato hanno subito e con calore dichiarato di apprezzare le rassicurazioni fornite, a nome di Tremonti, dal sottosegretario Vegas. Ma non ne sono ancora soddisfatti. Chiedono di più. Sempre per le private. Chiedono cioè che vengano garantiti «pari diritti agli studenti e alle famiglie» È, quasi con le stesse parole, la rivendicazione già avanzata dalle gerarchie.
Ma è davvero questa, in materia scolastica, la posizione alla quale è giunto il Pd? E se sì, in quale sede è stata presa questa decisione? È giusto chiederselo, è indispensabile saperlo. Anche perché ha ragione chi, come don Macrì, presidente della Federazione che riunisce la scuole cattoliche, lamenta che la strada che porta al bonus trova un ostacolo «nell´articolo 33 della Costituzione che sancisce che le scuole private possono esistere senza oneri per lo Stato».
E allora, che facciamo? Per rispondere alle esigenze delle scuole cattoliche butteremo alle ortiche l´articolo 33 della Costituzione?

Miriam Mafai     Repubblica 6.12.08