Colloquio con Gino Strada: «In Afghanistan è vera guerra.
Dobbiamo ritirarci subito»
Il fondatore di Emergency: per il
nostro contingente militare spendiamo ogni giorno 3 milioni di euro. Con quei
soldi laggiù si potevano costruire 600 ospedali e 10mila scuole
La missione. «Basta ipocrisie, non si può usare la parola pace
Dobbiamo chiederci cosa ci stiamo a fare»
Per Gino Strada il sangue non ha un colore diverso a seconda della
bandiera e il dispiacere è lo stesso per i soldati italiani uccisi ieri
e per tutte le altre vittime della guerra. Non riesce neppure a capire perchè
la Fnsi abbia rinunciato alla manifestazione di sabato per la libertà di
informazione. «Con decine di morti ogni giorno...donne, bambini...non so,
dev’essere per il clima di guerra. Stiamo vivendo da anni in un clima di guerra
senza dircelo, anche se solo ultimamente è passata l’ipocrisia di chiamarla
“missione di pace”. Un clima che sta avvelenando la coscienza civile, creando
intolleranza, criminalità verso il diverso, lo straniero, l’altro da sè. È
anche questo, la guerra».
Il lascito di una casta, lo chiama. «I politici di 30 anni fa non lo avrebbero
fatto in spregio della Costituzione». Il 7 novembre del 2001: «l’entrata in
guerra dell’Italia decisa dal 92 percento del Parlamento italiano, il voto più
bipartisan della storia della Repubblica», per puro «servilismo verso gli
Stati Uniti». «Che cosa ci avevano fatto i talebani? Niente. E poi cosa
avevano fatto anche agli americani?». Forse non è troppo semplice, recentemente
anche negli Usa gli analisti cominciano a porsi la stessa domanda: perchè
siamo lì, cosa ci stiamo a fare?. Non c’erano afghani nel commando dei
terroristi delle Torri gemelle. Ma la rappresaglia di Bush scattò lì, con
Enduring Freedom, il 7 ottobre. Per colpire le basi di Bin Laden, si disse.
Otto anni dopo più del l’80 percento dell’Afghanistan è tornato sotto il
controllo dei talebani, di Bin Laden non c’è traccia, sono morti 1.403 militari
stranieri, spesi centinaia di milioni di euro e il Paese è più povero e più
criminale, produce il 90 percento dell’oppio del mondo.
Dopo otto
anni l’unico centro di rianimazione è quello di Emergency a Kabul, sei letti di
terapia intensiva per 25 milioni di persone. Spendiamo 3 milioni di euro al
giorno per la guerra. Sai cosa avremmo potuto con questi soldi in Italia per i
poveri, gli emarginati, chi ha bisogno. In moneta afghana invece avremmo potuto
aprire 600 ospedali e 10 mila scuole». A Khost gli americani hanno costruito una
strada, a Kajaki una diga, la Banca Mondiale lo scorso giugno ha stanziato altri
600 milioni di dollari di aiuti per la popolazione afghana...«Se si devono
costruire dighe e ponti si mandino commando di ingegneri, non aerei
telecomandati e bombe. Non tremila baionette, o fucili, per sostenere il
dittatorello di turno». Quanto ai soldi della cooperazione internazionale, «noi
non abbiamo ricevuto una lira quindi non so dice il fondatore di Emergency
ma gli afghani che si lamentano, anche ora alle presidenziali, dicono che i
soldi sono serviti soprattutto a ingrassare funzionari ministeriali e signorotti
della guerra».
Lasciare il Paese, allora, andarsene unilateralmente o tutti insieme, e lasciare
ai fanatici mujaeddin partita vinta? Non una bella prospettiva anche fosse
realizzabile. «Finchè c’è l’occupazione militare ci sarà la guerra.
Emergency lavora in Afghanistan da 10 anni, da tempi non sospetti. Abbiamo
curato 2 milioni e 200 mila afghani, il 10 percento della popolazione. In
pratica una famiglia su due, sono famiglie con centinaia di persone, ha ricevuto
nostre cure. Per questo a Laskhargah non è mai stato torto un capello al nostro
personale internazionale. Tutti dovrebbero porre fine a questa guerra e
lasciare che gli afghani trovino la loro soluzione attraverso il dialogo, che
per la verità non si è mai interrotto, tra le varie fazioni di talebani,
mujaeddin e questo governo. Qual è l’obbiettivo di questa guerra?».
Domanda che torna. «Le ultime due guerre internazionali è la spiegazione di
Strada sono legate ai giacimenti di gas e petrolio. In Iraq perchè ci sono,
l’Afghanistan invece è sulla via di transito dal Kazakistan e dalle altre ex
repubbliche sovietiche». Pipeline di sangue.
La nuova strategia McChrystal o la conferenza sull’Afghanistan, inutile parlarne
con un chirurgo. Ad inquietarlo è che dei 35 feriti civili dell’attentato
all’ospedale di Emergency a Kabul ne sono arrivati solo tre. Gli altri sono
stati dirottati all’ospedale militare detto “dei 400 letti”, «struttura del
tutto inadeguata, ma lì possono essere interrogati senza paroline dolci».
Rachele Gonnelli l’Unità 18.9.09