Ci sono delle parole che, sebbene molto usate, andrebbero comunque bandite; ...più che le parole, la realtà che esprimono. La parola "DUMPING", per esempio. Una pratica cui si è fatto ricorso a più non posso da parte dei paesi sviluppati, per sostenere i propri prodotti e la propria economia, ma che nel momento in cui è stata o viene adottata dai pesi emergenti..., allora diventa una bestemmia! Ecco l'ottima esposizione di Romolo Menighetti.
DUMPING
Si tratta di una pratica commerciale per cui un paese riesce a vendere i propri prodotti sui mercati esteri ad un prezzo molto basso, al disotto del prezzo dello stesso bene prodotto localmente. Il dumping ha grosse conseguenze sulle economie che lo subiscono, perché mette in crisi i produttori locali che non possono competere con i bassi prezzi al consumo dei prodotti stranieri.
Finora erano solo le nazioni ricche dell’Occidente a praticarlo, specie con i prodotti agricoli, a danno dei paesi del Terzo mondo, e a metterlo sotto accusa da noi, erano unicamente alcune qualificate minoranze. Da quando però la Cina e le economie emergenti del Sudest asiatico riescono a far giungere sui nostri mercati prodotti a prezzi fortemente concorrenziali, il dumping è giudicato pratica perversa anche da parte di chi lo ha finora praticato con buona pace della propria coscienza e della propria borsa.
Più specificatamente, l’occidente pratica il dumping grazie ai sussidi pubblici alle esportazioni, formalmente conformi alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. In tal modo le nazioni esportatrici conquistano anche nuovi mercati.
I paesi occidentali possono realizzare costi sempre più bassi anche grazie alla migliore tecnologia in loro possesso, e alle manipolazioni genetiche, che permettono di creare in laboratorio succedanei di alcuni alimenti tropicali - cacao olio di palma, vaniglia, zucchero - basilari per l’economia di molti paesi del Sud del mondo, le cui entrate dipendono ancora prevalentemente dall’esportazione di questi prodotti.
Si ha ancora dumping da parte dell’occidente quando questo importa a basso prezzo le materie prime dai paesi poveri, li trasforma in prodotti finiti, e li esporta in quegli stessi paesi a prezzi che risultano essere più bassi dei costi di produzione dello stesso prodotto del paese che li importa.
In conseguenza del dumping i piccoli agricoltori dei paesi che lo patiscono, non essendo in grado di reggere la concorrenza, vengono esclusi dal mercato e sono costretti ad abbandonare le loro produzioni locali. Chiudendo le imprese del luogo, aumenta il grado di dipendenza dalle importazioni estere, con grave pregiudizio per l’autosufficienza alimentare di questi paesi, anche a causa della volatilità dei prezzi internazionali.
C’è anche una variante di dumping, di tipo «umanitario». Questa si innesca quando aiuti alimentari gratuiti sono inviati in aree di povertà colpite da catastrofi naturali, guerre, e simili. Naturalmente gli aiuti sono utili nella prima fase di emergenza. Però se vengono protratti nel tempo possono generare dipendenza da certi prodotti, e modificare le abitudini alimentari delle popolazioni beneficiarie. Gli aiuti gratuiti predispongono, infatti, alla dipendenza da alcune produzioni tipiche dell’Occidente. In tal modo i paesi donatori propiziano l’ampliarsi dei loro mercati, a scapito delle produzioni locali, che non ricevono così nessun impulso allo sviluppo. Il dumping cinese, invece, prende vigore dai bassi costi di produzione che i bassi salari e le scarsissime misure di prevenzione contro gli infortuni, nonché la poca attenzione all’ambiente, permettono di mantenere. La Cina, sfruttando sottocosto la propria forza lavoro, sta rendendo concorrenziali i suoi prodotti su quasi tutti i mercati mondiali, provocando in essi, i nostri compresi, gli squilibri che noi finora abbiamo determinato in quelli africani ed asiatici. Si tratta di una politica che comporta costi umanitari altissimi per la nazione che la pratica, che non potrà restare senza conseguenze a livello sociale e politico.
Il capolinea del dumping, sia Occidentale che Orientale, è dunque uno stravolgimento generale che alla lunga danneggerà tutti. Il crollo delle economie antagoniste si rivelerà un boomerang. Come, infatti, si potrà esportare se entreranno in crisi i paesi importatori? Misure antidumping da sole non sono sufficienti per impedire una prevedibile prossima crisi economica mondiale, perché si rimane ancora entro una cornice di competitività esasperata. Sarà necessario perciò assumere un nuovo paradigma fondamentale dell’economia e del commercio globale, basato sulla cooperazione, il compromesso e l’integrazione, perseguiti senza riserve mentali, cioè non al fine di perseguire esclusivamente gli interessi nazionali, ma come valori in sé.
Questo appare ormai come l’unico comportamento economicamente e commercialmente razionale.
Romolo Menighetti Rocca 18/05