CHIESA SENZA POTERE E POTERE SENZA CHIESA

Dopo le speranze e gli entusiasmi suscitati dal Concilio Vaticano II, a prima vista la chiesa cattolica pare aver riconfermato una prassi verticistica al proprio interno: la figura del papa giganteggia sul resto della comunità, il laicato continua a rimanere in una condizione di "minorità ", per non parlare della donna,tanto lodata a parole quanto relegata a ruoli marginali nei fatti.
Le scelte "politiche" dell'attuale pontefice e della Conferenza episcopale italiana sono schiacciate su posizioni complessivamente conservatrici. Il cardinale Ruini, presidente della Cei, ha spesso lasciato trasparire la sua propensione per le politiche della Casa delle Libertà, soprattutto quelle favorevoli alla scuola privata, mentre non ha mai fatto cenno alle nefaste conseguenze sulla vita di milioni di italiani delle politiche neoliberiste di Berlusconi. Al tempo stesso le campagne per una revisione dell'attuale legge sull'aborto o contro una legislazione favorevole alle coppie di fatto sembrano essere diventate il centro delle iniziative ecclesiali di Benedetto XVI e di gran parte dei vescovi italiani, sostenuti da quasi tutto lo schieramento di centro-destra e da alcune frange di quello di centro-sinistra.
Anche la decisa posizione contro la guerra espressa con determinazione da papa Wojtyla sembra essersi alquanto annacquata con l'attuale pontefice, mente al tempo stesso il dialogo interreligioso, attraverso le parole di Benedetto XVI, assume talvolta i connotati di una moderna santa alleanza contro la "deriva laicista " della società contemporanea.
Al di là di questa facciata gerarchica e conservatrice, tuttavia, si avverte nella Chiesa un movimento diffuso, il più spesso sotterraneo ma talvolta anche emergente, che sembra operare in modo del tutto autonomo.
Numerose associazioni laicali del volontariato e della solidarietà, gruppi parrocchiali operanti sul territorio su progetti di promozione umana e sociale, le Caritas e i centri missionari diocesani (per citare solo alcuni esempi) rappresentano larghi settori di una Chiesa che continua a vivere e a rinnovare le ricchezze ereditate dal Concilio; e in modo ancora più decisivo il grande movimento delle comunità ecclesiali di base, che si sono radicate in molti Paesi del Terzo Mondo sulla spinta della Teologia della liberazione nata in America Latina, continua a dare i suoi frutti in direzione di una Chiesa incarnata nella storia, che spinge alla realizzazione di un mondo più giusto, più coerente con l'"utopia" del messaggio di Gesù.
Di qui una realtà di Chiesa a due strati paralleli: quella dell'ufficialità e dei suoi dogmi, le sue rigidità, i suoi tentativi di autoaffermazione, che giudica dall'alto; e quella di chi opera nel concreto della società, spesso a fianco dei settori più umili e diseredati e non si pone a modello un Cristo trionfante, ma si sforza di realizzare un Vangelo di liberazione, privilegiando i temi della giustizia e della solidarietà.
In presenza di queste divergenze che caratterizzano oggi la realtà ecclesiale alcuni parlano di "scisma silenzioso" all'interno della Chiesa.
A differenza di quanto accadeva negli anni della contestazione, quando le comunità di base in Italia e in Europa si contrapponevano in modo esplicito alle gerarchie cattoliche sia a livello delle opzioni politiche (rottura del vecchio collateralismo Chiesa-democrazia cristiana), sia sul piano teologico (lettura dell'Antico e del Nuovo Testamento a partire da un progetto di liberazione degli oppressi ), oggi nel seno della comunità ecclesiale la resistenza alle direttive gerarchiche avviene in forme più nascoste e sotterranee. Si tratta di un sentire diverso in merito a questioni etiche e religiose che può portare a scelte di vita giudicate non conformi alla morale cattolica da parte dell'ufficialità della Chiesa: si pensi ai rapporti sessuali prematrimoniali, ritenuti ormai la norma da gran parte dei cattolici italiani; si pensi all'accettazione del divorzio: sembra giusto infatti che tutti coloro la cui precedente unione è decisamente fallita abbiano la possibilità di farsi una nuova famiglia; si pensi alla questione della maternità e paternità responsabile e pertanto all'uso degli anticoncezionali il cui impiego, soprattutto nei casi a rischio (pericolo di Aids…) viene da tutti giudicato necessario, mentre assurdo e crudele viene considerato l'invito alla castità; si pensi alla questione del celibato ecclesiastico, che può essere un valore se dettato da una scelta (la quale tuttavia non può mai darsi come definitiva), e che comunque non dovrebbe essere obbligatorio; si pensi all'ordinazione sacerdotale delle donne.
Altrettanto forti sono le differenze che si possono ravvisare all'interno della comunità ecclesiale relativamente al rapporto Chiesa-Stato-società civile.
Per contrastare quella che viene definita una " deriva laicista della società " secondo la quale l'opzione di fede è ridotta a semplice fatto privato, le scelte delle gerarchie cattoliche si sono orientate in questi ultimi anni con sempre maggiore determinazione sul versante opposto. Riconoscendo realisticamente che il mondo cattolico non è più maggioritario in Italia, le gerarchie perseguono una politica di lobby dentro lo Stato e dentro la società del nostro Paese. Di qui il tentativo, in gran parte riuscito anche perché non adeguatamente contrastato dalle forze politiche e culturali di ispirazione laica, di occupare spazi sempre più ampi all'interno della società: rafforzamento della scuola privata cattolica a spese dello Stato, campagne per introdurre leggi atte a sostenere una visione etica secondo la morale cattolica ufficiale…
Tutto ciò viene giudicato negativamente da gran parte dei cattolici italiani. Per molti, probabilmente per i più, semplicemente perché hanno fatto proprio il principio della separazione della Chiesa dallo stato per cui una politica troppo interventista da parte della Chiesa viene giudicata un'indebita ingerenza di quest'ultima nella vita pubblica dei cittadini. Per una parte certo minoritaria ma non insignificante di cattolici la questione assume una valenza ben più forte. Si tratta per costoro di recuperare la dimensione autenticamente cristiana della testimonianza. Di qui il rifiuto di una Chiesa potente, sia che pretenda di contrapporsi al mondo ergendosi contro lo stato e la società civile,sia che voglia emergere e trionfare accordandosi con la società stessa.
Questa parte del mondo cattolico sa bene che non è possibile salvare il mondo mediante un proselitismo vecchia maniera, ma attraverso una conversione permanente al progetto evangelico che coinvolga in primo luogo gli stessi cristiani. Tale percorso non implica in realtà una visione nuova di Chiesa rispetto a quella prospettata dalla comunità cristiana delle origini, ma il recupero di valori che sembravano essersi eclissati in un lungo arco di secoli. E, in primo luogo, la scelta di una Chiesa testimone e profetica, di una Chiesa senza potere.

 

Bruno D'Avanzo      Adista Notizie n. 81  2006

 Studioso di Storia del Cristianesimo, collabora a periodici e riviste. Dirige il Centro America Latina di Firenze, dove è membro del Centro Missionario Diocesano