Chiesa cattolica 2005. Un anno di Controriforma

  

Un rapporto annuale sulla secolarizzazione in Italia contribuisce autorevolmente a diffondere la consapevolezza della complessità di quella realtà comunemente chiamata Chiesa cattolica evidenziandone le diverse  articolazioni e monitorandone sistematicamente le  dinamiche. Ne emergono sia  le logiche interne, spesso incoerenti e talvolta contraddittorie, e i nessi con le dinamiche sociali, locali e nazionali, nelle quali sono coinvolte e che le condizionano, sia l’insufficienza  di analisi fondate su stereotipi che oppongono una chiesa di base ad una chiesa di vertice, un’istituzione burocratizzata ad una comunità ecclesiale dinamica e vivace,   cattolici conservatori a cattolici progressisti, magari “rivoluzionari” nella società , ma indisponibili ad affrontare il problema dell’autoritarismo nella chiesa.

Esistono contrasti all’interno della Curia romana, tra questa e la Conferenza episcopale  italiana (Cei) e, all’interno di questa, tra la sua Presidenza e l’autonomia dei singoli vescovi, limitata ma pur reale. Ancora maggiori sono le  diversità interne al complesso delle congregazioni religiose, delle parrocchie, dell’associazionismo laicali. Non si coglie la realtà liquidando tutto ciò ricorrendo al facile slogan delle piazze piene in contrasto con le chiese vuote, né tanto meno limitandosi alle immagini veicolate dal circuito mediatico, in cui diversità e distinzioni, scompaiono o sono enfatizzate consentendo, a chi ne ha interesse, di costruirsi o di promuovere un’immagine di chiesa funzionale ai rapporti, che s’intendono stabilire con essa.

Quest’anno la complessità è apparsa particolarmente evidente per l’eccezionalità degli eventi che hanno attraversato la Chiesa cattolica italiana a tutti livelli, a partire dalla morte del papa Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI.

Di questi eventi si rilevano in genere sia l’uso, da parte delle gerarchie ecclesiastiche, della spettacolarizzazione come strumento d’indottrinamento rivolto all’emotività, sia il valore del riconoscimento della loro funzione offerto dalla presenza sul sagrato della basilica di San Pietro intorno al feretro del papa dei rappresentanti di quasi tutti i governi del pianeta. Meglio misurare l’effetto che i bagni di folla e l’ossequio dei grandi del mondo continuano a produrre all’interno delle gerarchie stesse. Rafforzano al loro interno quei gruppi che leggono il generico ritorno al religioso, seguito alla crisi dei grandi modelli di palingenesi egemoni nel ventesimo secolo, come invito alla Chiesa cattolica a riassumere a livello mondiale la funzione di riferimento per gli orfani di tutte le ideologie e dei programmi di autogoverno del pianeta. Si sentono chiamate a non tradire questa domanda di senso, convinte che ad essa non sono in grado di rispondere quelli che ieri avevano proclamato la morte di dio e ridotto ai margini la sua chiesa, costringendola a venire a patti, con il Concilio Vaticano II, con quella modernità rifiutata  e condannata per oltre due secoli. La fine del comunismo sovietico, la crisi delle socialdemocrazie europee, la riduzione del liberalismo a copertura di un esasperato liberismo e la debolezza dello stesso modello di democrazia occidentale sono motivo di rivincita per quanti avevano considerato un errore il Concilio e i suoi documenti. Di qui la scelta, di papa Wojtyla, ripresa dal suo successore, di procedere al rafforzamento dell’identità cattolica per offrire la mondo l’immagine di una chiesa forte ed unita, adatta cioè al ruolo che i potenti della terra, ma non solo, intendono restituirle. Il papa ha bisogno di avere alle spalle una chiesa compatta, per essere riconosciuto nel ruolo di cappellano dell’impero d’occidente contro l’avanzata dell’Islam. Condizione prima è la liquidazione dell’eredità del Concilio dal riconoscimento della libertà di coscienza alle aperture all’ecumenismo.

A quarant’anni dalla sua conclusione Benedetto XVI, il 22 dicembre 2005 parlando alla Curia romana, ne ha dettato l’interpretazione autentica, dichiarandolo in continuità con il passato della chiesa e condannando con forza ogni tentativo di assumerlo come occasione di  radicale discontinuità. Il Concilio vaticano II, con la nuova definizione del rapporto fra la fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche , ma in questa apparente discontinuità e la ragione ha invece mantenuto ed approfondito la sua intima natura e la sua vera identità”. Si possono così rilanciare parole d’ordine precise e ben individuabili come segni d’identificazione, che non consentono ambiguità o incertezze: la centralità del papato, fino a rasentare la papolatria, il devozionismo con l’inflazione di nuovi santi, la pratica delle indulgenze,  la negazione del sacerdozio alle donne e ai gay per compensare quell’indifferibile  riconoscimento delle loro dignità. Nella stessa direzione vanno la condanna di ogni relativismo, il trasferimento all’embrione dei diritti rivendicati per la persona umana, l’opposizione ai Pacs con la stessa violenza riservata, fino a ieri, al matrimonio civile oggi riconosciuto come forma di famiglia naturale, la diffidenza verso la ricerca scientifica accomunata con le possibili manipolazioni speculative. Come al tempo della Controriforma si serrano le file e si salda la cultura cattolica ad una teologia ben definita, che rende possibile anche gesti di distensione da un lato verso Hans Kung e, dall’altro, verso i seguaci di mons. Lefebvre. Al tempo stesso consente la disponibilità al dialogo da posizioni di forza  con quegli intellettuali, in crisi d’identità, disposti a dar credito ad un cattolicesimo “blindato” a difesa dell’ordine costituito. A tale dialogo è funzionale l’invenzione di una “vera” laicità. Declinata da papa Benedetto XVI in risposta al richiamo alla laicità dello stato, pur non aggressivo ma puntuale, del Presidente Ciampi in occasione della visita al Quirinale, è stata meglio precisata nella sua adesione al convegno dell’associazione “Magna Charta”  del Presidente Pera del 15 ottobre  a Norcia comunicata con una lettera, - in verità non pubblicata dal bollettino della sala stampa vaticana né dall’Osservatore romano – nella  quale si legge : “Quindi appare legittima una sana laicità dello Stato, in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo norme loro proprie, alle quali appartengono anche le istanze etiche che trovano fondamento nell’essenza stessa dell’uomo. Tra queste istanze, primaria rilevanza ha sicuramente quel ‘senso religioso’ in cui si esprime l’apertura dell’’essere umano alla Trascendenza” .  

E’ certo una formula meno rozza della condanna brutale del laicismo, ma ne rappresenta solo un aggiornamento funzionale al dialogo con quanti, cattolici e non, considerano necessario mantenere buoni rapporti con la gerarchie cattoliche, siano i nuovi atei devoti come Ferdinando Adornato, Giuliano Ferrara, lo stesso Marcello Pera, siano l’ex allievo dei gesuiti Piero Fassino o lo spirito  tormentato.di Fausto Bertinotti.

In  piena sintonia  con questo orientamento “controriformistico” si è mosso, nell’anno appena trascorso, il Presidente della Cei cardinale Camillo Ruini,  - non a caso lasciato alla sua guida per oltre vent’anni dalla fiducia di Giovanni Paolo II, prima come segretario e poi come presidente -

trovando consensi  nella comunità ecclesiale italiana; più espliciti nell’ l’Opus dei, grande sponsor nell’elezione del cardinale Ratzinger, e nei movimenti carismatici, ma anche nella quasi totalità dell’episcopato e in tanti preti e laici convinti anch’essi di dover partecipare delle responsabilità, che oggi gravano sulla chiesa. Diffusa è infatti anche tra i vescovi la convinzione che sia necessario sciogliere ogni ambiguità e incertezza nella dottrina, come rivelano l’impegno della Cei nel promuovere “l’iniziazione cristiana”, utilizzando il nuovo Compendio del Catechismo pubblicato quest’anno nella versione italiana, e la ricca produzione di documenti delle sue  Commissioni episcopali responsabili della Dottrina e della fede, del laicato, delle questioni sociali. Gli esiti di tale azione di compattamento si sono visti nell’impegno profuso nel trasformare il referendum del 12-13 giugno sulla legge  40/2004 sulla procreazione assistita, in scontro aperto che evidenziasse i reali rapporti di forza nel nostro paese. Si può discutere se l’invito all’astensione, dettato dal timore di veder prevalere la conferma della legge, sia stato una manifestazione di debolezza o un’abile manovra per rendere impraticabile la disobbedienza.. In ogni caso ha costituito una rivincita nei confronti della sconfitta dei referendum sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza, e un’inequivoca conferma della volontà e capacità della Cei di proporsi come soggetto politico autorevole e spregiudicato nella società italiana, che non teme di trovarsi a fianco di alleati scomodi come la Lega e la stragrande maggioranza di Alleanza Nazionale. Ha rivelato il pieno controllo dell’associazionismo cattolico coinvolto al completo nella promozione dell’astensione con il coinvolgimento nel Comitato “Scienza e vita”. Ne sono restati fuori solo l’Agesci e vecchi dirigenti delle Acli e dell’Azione cattolica, già lasciati ai margini del processo di normalizzazione che, avviato nell’autunno del 2004 con la pace tra Comunione e liberazione “siglata” nel meeting di Rimini dello stesso anno, si è concluso con il cambio della guardia alla Presidenza dell’Azione cattolica nel congresso dell’aprile 2005.

Anche il papa ha benedetto la strategia della Cei partecipando personalmente al convegno su “Famiglia e comunità cristiana” organizzato dalla diocesi di Roma, una settimana prima della scadenza referendaria.

Inserita nel più generale impegno di difesa della famiglia, la vittoria referendaria è diventata l’occasione per rilanciare con forza la campagna contro l’aborto in nome dei diritti dell’embrione, rivendicati con dovizia di argomentazioni pseudo scientifiche durante la battaglia elettorale. Non si è giunti alla richiesta di abrogazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, ma, con il sostegno del governo e della maggioranza parlamentare, sostenuta da esponenti della Margherita, si è ottenuta la costituzione di una Commissione parlamentare per verificarne la piena applicazione nel campo della prevenzione. L’approssimarsi della fine della legislatura rende l’iniziativa poco più che simbolica nel quadro di ben più concreti benefici concessi dalla Casa delle Libertà alla Cei.con le diverse forme di finanziamento delle scuole cattoliche, l’immissione in ruolo di migliaia di insegnanti di religione cattolica nelle scuole statali, l’immissione di cappellani pagati dalla regione negli ospedali pubblici della Lombardia, l’estensione dell’esenzione dal pagamento dell’Ici, che il Nuovo Concordato riservava agli enti ecclesiastici con finalità di culto, anche a quelli con fini di lucro. Ne esce rafforzato il regime di finanziamento pubblico della Chiesa cattolica già in atto attraverso il versamento annuale alla Cei della quota dell’otto per mille del gettito Irpef,  in base alle scelte dei contribuenti e alla ripartizione delle scelte non espresse, cioè della quota dell’otto per mille su cui nessuno ha esercitato un’opzione. Vige, infatti, ancora questo meccanismo iniquo per il quale tale quota è i ridistribuita tra i destinatari, chiese o stato, in percentuale delle opzioni esercitate a loro favor e che impedisce l’astensione da ogni scelta a chi non condivide il sistema. E’ stato, anzi, rafforzato dal consenso governativo alla richiesta della Tavola valdese di avvalersene. Anche chi non intende finanziare le chiese e né affidare al governo risorse finanziarie da usare a sua discrezione - questa, già ampia e difficilmente controllabile, è stata recentemente aumentata estendendola dall’assistenza, la cultura e l’ambiente al sostegno alle “azioni umanitarie” – è coinvolto nel meccanismo.

Oltre all’aperta violazione della laicità dello stato, questo finanziamento, che ammonta attualmente circa mille milioni di euro e che,  per la formula scelta di rapportarlo al gettito dell’Irpef, è destinato ad aumentare nel tempo, costituisce una solida base del potere che la Cei esercita all’interno della comunità ecclesiale attraverso le diverse commissioni, consulte, comitati e altri organismi con cui la sua Presidenza interviene nei diversi settori della vita ecclesiale e sociale. Solo poco più di un terzo di esso infatti è impegnato nel “sostentamento” del clero, al quale contribuiscono anche gli stipendi riscossi dai sacerdoti impegnati, in vario modo, in strutture pubbliche: docenti di religione cattolica nelle, cappellani nelle forze armate e di polizia, nelle carceri e in strutture assistenziali. Altrettanto viene destinato alle esigenze di culto, ne resta abbastanza per condizionare e orientare  gli spazi di libera iniziativa delle comunità locali.

Queste, in verità, costituiscono l’altro volto della chiesa, spesso ignorato o considerato privo di un’autonoma capacità di vivace presenza nel quotidiano della vita sociale e politica. Uno spaccato di tale realtà è stato recentemente presentato da Marco Politi, vaticanista della Repubblica in un volume di 450  pagine intitolato.”Il ritorno di Dio”. Non si tratta della massa dei cattolici anonimi molti dei quali, secondo una recente indagine Eurispes, hanno idee diverse da quelli ufficiali in merito alla morale sessuale all’organizzazione familiare. Si tratta di cattolici organizzati autonomamente, o inseriti nelle  strutture istituzionali locali, le parrocchie, o contigui alle congregazioni religiose. Animano periferie cittadine o paesi svolgendo attività assistenziali o formative, promuovendo attività culturali o gruppi d’informazione, gestendo centri di accoglienza per immigrati, tossici, alcolisti  o botteghe del “commercio equo e solidale”. Le organizzazioni nazionali, nelle quali molti di tali centri d’iniziativa sono inseriti, sono spesso Onlus, talvolta Ong, e costituiscono la parte preponderante del cosiddetto Terzo settore No profit fruendo di facilitazioni e sovvenzioni da parte degli Enti locali con i quali hanno spesso convenzioni per la prestazione di particolari servizi. Tra di esse caratteristiche proprie hanno la Compagnia delle Opere, che fa riferimento a Comunione Liberazione e il Coordinamento nazionale delle Comunità di accoglienza, CNCA, che collega i gruppi e le associazioni di volontariato più gelose della loro autonomia. Insieme a decine di altre strutture nazionali, organizzano gli oltre trentamila gruppi di volontariato in accelerata fase di trasformazione e di crisi come testimonia, fra l’altro la chiusura nei primi mesi dell’anno della Fondazione italiana per il volontariato, FIVOL, seguita alla morte del suo fondatore Luciano Tavazza e al disimpegno della  Cassa di risparmio di Roma. Una sua specificità mantiene la Comunità di Sant’Egidio per le sue iniziative a livello internazionale sotto l’egida della segreteria di Stato vaticana.

La principale organizzazione, di riferimento per l’attività assistenziale dentro e fuori la comunità ecclesiale resta, però la Caritas direttamente dipendente dalla Cei che, con le sue strutture centrale, diocesane e parrocchiali, copre l’intero territorio nazionale

Altrettanto numerosi sono gruppi e associazioni con finalità immediatamente religiose o di assistenza spirituale, autonome o collegate con Ordini e Congregazioni religiose, maschili o femminili, che con i loro conventi e monasteri, mantengono una, seppur limitata, libertà d’azione nei confronti delle gerarchie vaticane e italiane. In questo ambito, significativa è l’esperienza di Radio Maria, nata da una costola della famiglia francescana, è seconda solo alla Rai per numero di contatti pur se attinge ad un bacino di ascolto limitato al cattolicesimo integralista. Pur inserita nel Coordinamento radiotelevisioni libere locali, CORALLO, attraverso cui la Cei finanzia e controlla l’emittenza cattolica, ne resta ai margini, per la spregiudicatezza di certe forme di proselitismo devozionista e il rifiuto a integrarsi nel Progetto Culturale attraverso cui da anni il cardinale Ruini cerca di coordinare le diverse forme di presenza cattolica nell’ambito della produzione culturale. I convegni che organizza sono un momento di confronto tra i diversi orientamenti prevalenti tra gli intellettuali cattolici allineati sulle posizioni ufficiali. Ne restano ai margini quelli che intendono non essere pienamente allineati, senza però assumere posizioni di critica severa o di aperto dissenso, come denuncia Giusepe De Rita. Discriminante tra questi e i veri dissenzienti, che pure non mancano, è l’adesione esplicita o implicita alla strategia controriformistica di cui si è detto e l’orientamento incerto espresso nel dibattito sulla laicità, esploso nel paese come reazione all’interventismo politico della gerarchia cattolica. Ne è un esempio l’intervento di Pietro Scoppola ai margini di un convegno, svoltosi il 21 ottobre  organizzato dalla sinistra Ds sulla “Laicità bene non negoziabili”; richiamandosi ad una riserva di Norberto Bobbio nei confronti del Manifesto laico del 1998 mette in guardia nei confronti di certo “laicismo gridato”, pur senza allinearsi con la tesi della “sana laicità”

Questo “nicodemismo” ha avuto modo di manifestarsi in occasione della battaglia referendaria, per la quale non si è riprodotta la mobilitazione dl 1974 dei “cattolici per il NO”. L’aperta disobbedienza all’imposizione di Ruini si è manifestata solo nel coraggioso appello per andare  a votare, promosso dall’agenzia Adista nel  maggio e firmato da oltre mille suore, preti e laici, in  quello di un gruppo di docenti universitari e nella adesione di alcuni intellettuali e politici cattolici a fianco di non cattolici al documento, promosso da Stefano Ceccanti e da Claudia Mancina. La mancanza di libertà di espressione nella Comunità ecclesiale è forse più evidente nella lettera che Romano Prodi è stato costretto a scrivere su la Repubblica per giustificare la sua dichiarazione di non voler aderire alla campagna astensionista.

Altro motivo di distinzione tra quanti sono ai margini della cattolicità ufficiale si ritrova nel contrasto tra il relativo silenzio sulle violazioni dei diritti e della libertà di parola all’interno della comunità ecclesiale e l’aperta disponibilità a prendere posizioni progressiste sul piano politico e sociale, fino alla partecipazione di gruppi e associazioni movimento No global  su posizioni Terzomondialiste, all’impegno per la pace, alla lotta contro la mafia e a difesa della Costituzione. Dalla partecipazione attiva alle manifestazioni per la pace, alla marcia Perugia Assisi e alla cogestione della Tavola della pace, che ne è la responsabile, sono molti i gruppi, le associazioni e i singoli coinvolti. Ne sono un esempio la variegata Rete Lilliput ispirata da Alex Zanotelli, l’Associazione Pax Christi  recentemente ridimensionata nella sua autonomia e censurata nella scelta di relatori scomodi per una sua manifestazione La stessa sorte hanno subito i francescani di Assisi per la loro partecipazione diretta alle attività del Tavolo della pace. Sono in prima fila nella lotta alla mafia don Luigi Ciotti e il suo Gruppo Abele, impegnati anche nella utilizzazione dei beni confiscati alle cosche, non mancano preti e laici che operano nella stessa direzione nel promuovere la cultura della legalità nei quartieri degradati delle città siciliane e calabresi; esemplare il recente intervento del vescovo di Locri mons. Giancarlo Maria Bregantini. In alternativa a queste forme di partecipazione sociale, si è costituita una struttura, Retinopera, coordinata dall’ex dell’Azione cattolica Bignardi che raccoglie quasi tutte le Associazioni tradizionali dall’Azione cattolica alle Acli, dall’AGESCI alla Comunità di S. Egidio, al CSI, al Movimento dei Focolari, per una presenza cattolica nella vita sociale politica. Più immediatamente politici sono l’impegno a difesa della Costituzione contro la riforma voluta dalla Casa delle Libertà, che accomuna giornali diocesani, il gesuita Bartolomeo Sorge, e Luigi Scalfaro, e la partecipazione diretta da parte di realtà cattoliche locali a manifestazioni di piazza contro i Centri si permanenza temporanei (CPT) o la resistenza della Val di Susa.

Impegnati, invece, anche nella promozione della libertà di parola nella comunità ecclesiale sono Beati i costruttori di Pace, Noi Siamo Chiesa e i .....12 intellettuali che apertamente si sono opposti alla campagna mediatica, che chiede l’immediata beatificazione di Giovanni Paolo II. Ancora più radicale è la proposta di “chiesa altra” avanzata dalle Comunità cristiane di base. Di questa realtà non conformista poco si parla, mentre ne ha offerto un quadro il n. 6/2005 di Micromega sul tema “Un’altra chiesa è possibile”. Sulla strada della sua realizzazione, oltre all’indifferenza dei media e aàla diffidenza delle forze democratiche, resta forte l’impegno di papa Ratzinger ad operare per il ritorno al regime di cristianità in cui gli sia  consentito di rivolgersi, senza incontrare opposizione, ai tre responsabili degli enti locali di Roma e del Lazio Gasbarra, Marazzo e Veltroni in occasione della presentazione degli auguri d’inizio d’anno, per diffidarli dall’appoggiare l’introduzione di norme a favore dei Pacs, per di più alla vigilia delle due manifestazioni a Roma e Milano proprio per sostenere una proposta di legge sulle coppie di fatto e in difesa della 194.

Il nuovo anno non si apre con la speranza che qualcosa cambi nella strategia della gerarchia cattolica neppure in vista della certa sostituzione del cardinale Ruini alla presidenza della Cei!.

 

 Marcello Vigli        Critica liberale n.123-124