La legge sul testamento biologico verrà usata da Berlusconi e i
suoi profeti per l’Assoluzione definitiva, l’indulgenza plenaria.
Come un confessionale: da cui non si esce con dieci avemaria e 20
padre nostro. No, si esce con l’affossamento della laicità dello
Stato nel fare le sue leggi. Uno scambio indecente. Una
accelerazione improvvisa giunta quando tutto sembrava perduto, anche la
sponda ecclesiastica. Va riletta attentamente la dichiarazione del
ministro Sacconi del 23 giugno, come replica allo sconcerto di Famiglia
cristiana riguardo alle vicende «private» del premier. Dall’ex
socialista, neo convertito (Dio ci guardi), è partita una rancorosa
rampogna per il direttore del settimanale: «La Chiesa più di Don
Sciortino appare molto interessata all’etica pubblica - ha detto il
ministro - che deve caratterizzare i decisori tanto dal punto di vista
della loro affidabilità quando promettono, quanto sotto il profilo
dell’applicazione laica dei principi cristiani negli atti di governo, a
partire da quelli inerenti il valore della vita». Un’affermazione che
col tema non c’entrava nulla. Una zeppa, un segnale, una garanzia.
Sacconi, neocrociato, aveva già dato ampie prove di sé negli ultimi
giorni di Eluana Englaro. Trombettiere del decreto con il quale si
voleva fermare la battaglia del padre per la morte dignitosa della
figlia, in coma da 17 anni. Senza indugiare sulle frasi (basta e avanza
quella del premier che addirittura ipotizzava per Eluana l’eventualità
di dare al mondo un bambino), Sacconi fece fino in fondo la battaglia
parlamentare a sostegno di una legge ad personam (le precedenti
erano state fatte tutte per «tutelare» Silvio Berlusconi) contra
personam. La Chiesa apprezzò. E molto criticò, al contrario, la
fermezza di Napolitano. Tre giorni prima della morte di Eluana, il 6
febbraio scorso, il presidente del pontificio consiglio della Salute, il
cardinale Javier Lozano Barragan: «Il decreto era giusto». «Eluana è
viva, ha il diritto di vivere e la comunità politica deve sostenere la
sua vita con i mezzi che ci sono », si associò il presidente emerito
della pontificia accademia per la Vita, monsignor Elio Sgreccia.
Il grumo inossidabile. La leva che ha portato alla legge votata dal
Senato sul testamento biologico. La logica dello scambio è ben viva nel
Pdl. Sempre a Famiglia cristiana rispondeva Bondi il 28 giugno:
«Ha fatto più Berlusconi per la Chiesa di qualsiasi politico
democristiano». Il Vaticano ci sta. E osserva da lontano
l’emergere del puttanaio di circostanze che riguardano la vita privata
di Silvio Berlusconi. Settimane di silenzio, interrotto solo qualche
giorno fa con la misura finalmente colma e il sillabo di monsignor
Crociata contro lo «sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile»
non più rubricabile come semplice affare privato.
Il potere temporale ecclesiastico non chiede coerenza ai politici.
Guarda ai suoi obiettivi. Non ha avuto nulla da ridire sulla sfilata di
separati al Family day. Anche cerchiobottista, se serve. E così con il
ddl sicurezza stanno insieme le dure critiche di monsignor Agostino
Marchetto, segretario del pontificio consiglio dei migranti, e la
distanza di padre Federico Lombardi, portavoce della Santa sede: «Il
Vaticano come tale non ha detto niente sul decreto sicurezza». I
parrocchiani sono un po’ schifati dai racconti sulle tempeste ormonali
di Berlusconi.
Civiltà cattolica di questi giorni, in un saggio su «La coscienza morale
e il governo di sé», richiama il monito che Santa Caterina da Siena
rivolse ai politici del suo tempo: «Non si può essere buoni politici se
prima non si signoreggia se stessi, coloro che non si governano non
possono governare la città». La Chiesa millenaria si pone altri
traguardi e va oltre. Manda segnali, indubbiamente. Fa sapere che
l’udienza con il Papa, affannosamente richiesta da Letta e sherpa di
governo, per ora non si mette in agenda; sulle badanti solleva problemi
concreti e, in questo clima, riesce ad attenuare anche i furori
iconoclasti leghisti. Si tiene, quindi, anche Bondi quando di Berlusconi
dice che «sì, è un peccatore come tutti, naturalmente non più di altri,
ma sinceramente e profondamente credente», che «non ostenta la sua fede
cristiana, non indulge in sterili moralismi da bacchettone, ma va dritto
alla sostanza dello spirito».
Il problema, in fondo, non è il Vaticano, anche in questo momento. È
il venir meno dell’adagio liberale, libera Chiesa in libero Stato.
Non resta che vedere come andrà a finire in una lotta affidata ai freni
e contrappesi di maggioranza. Se vincerà Voldemort-Sacconi o Harry
Potter-Fini, che sul testamento biologico ha opinioni non integraliste.
La posta: lo Stato laico o l’indulgenza per il peccatore-premier.
Fabio Luppino
L'Unità 13/07/2009