Cei: cambia il vertice, non la politica

Angelo Bagnasco si insedia nel regno di Ruini per proseguire nella politica interventista dell'agguerrito cardinale. Esultano le frange più conservatrici del mondo cattolico: da Cl all'Opus Dei, fino ai politici di centrodestra. Unica novità del cambio di guardia sta nel fatto che il ruolo di vicario di Roma (che resta a Ruini) viene distinto da quello di segretario della Conferenza episcopale. La "monarchia assoluta" alla guida dei vescovi italiani sarà sostituita da un modello meno accentratore

Continuità magisteriale e pastorale. Potrebbe essere questo il motto con cui Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova, si insedia nella scomoda poltrona di presidente della Cei, dopo oltre 15 anni di regno di Camillo Ruini. A detta di tutti infatti, il 64enne Bagnasco è stato scelto da papa Raztinger (si dice con l'avallo decisivo del Segretario di Stato Bertone) proprio per proseguire nella politica interventista dell'agguerrito cardinale, che in questi lunghi anni ha lasciato un solco profondo nella Chiesa italiana in nome della "riscossa culturale" cattolica, allo scopo di fronteggiare i marosi del relativismo e della modernità.

La Cei ruiniana è balzata con prepotenza al centro del dibattito politico (quello sui Dico è solo l'ultima di una serie infinita di ingerenze), diventando un organo compatto, organico, fortemente politicizzato, quasi una "superlobby" cattolica italiana che troppo spesso ha finito per trascurare gli aspetto più spirituali e la collegialità episcopale che era la ragione fondante della Cei stessa, dopo il Concilio. E Bagnasco di suo è un ultraconservatore, già "discepolo" del reazionario cardinal Siri, il più grande oppositore del Concilio.
Non per niente le frange più conservatrici del mondo cattolico esultano: da Cl all'Opus Dei, dai numerosi siti e associazioni cattoliche reazionarie (basta farsi un giro su internet, dove c'è persino chi nell'elencare i predecessori di Bagnasco a Genova omette volutamente il nome di Tettamanzi, ritenuto troppo progressista) ai politici di centrodestra.
Il Forum delle Famiglie parla, appunto, di "continuità magisteriale e pastorale" con Ruini, confidando "in una paterna attenzione ed in una vigile e cordiale guida da parte del nuovo presidente della Cei" e ringraziando lo stesso Ruini "per aver voluto e fatto crescere questo strumento così importante per la difesa della famiglia nella società italiana". Esulta anche l'ateo devoto Marcello Pera: "Personalmente - ha scritto a Bagnasco l'ex presidente del Senato - condivido con Lei la convinzione che, in un momento nel quale la nostra tradizione e la nostra identità religiosa sono minacciate e messe a rischio, il confronto autentico e la collaborazione rispettosa fra laici e credenti, che molto si deve all`opera del Suo illustre predecessore, siano un fattore di crescita spirituale, morale e culturale del nostro Paese". E di continuità con Ruini ha parlato anche la Binetti, accanita "teo-dem" nonché numeraria dell'Opus Dei. Mentre lo stesso Bagnasco, nel suo commosso annuncio nel palazzo dell'Arcidiocesi genovese di aver ricevuto l'incarico dal Papa, non ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano di eventuali differenze tra lui e il predecessore, lasciando capire che Ruini è tutt'altro che fuori gioco, essendo ancora il vicario di Roma.

Se le differenze dottrinali tra i due sembrano davvero minime (per formazione e per trascorsi Bagnasco sembrerebbe addirittura più reazionario del suo predecessore) giocheranno un ruolo probabilmente i diversi caratteri ("aggressivo" e interventista Ruini, più riflessivo e discreto Bagnasco), ma soprattutto l'unica vera novità di questo cambio della guardia: il ruolo di vicario di Roma, che resta a Ruini, viene dopo 22 anni distinto da quello di segretario della Cei, che invece resterà nella sua diocesi genovese. Di sicuro la "monarchia assoluta" ruiniana alla guida dei vescovi italiani sarà sostituita da un modello meno accentratore, che si spera aprirà finalmente anche a una reale collegialità decisionale di un ceto episcopale fortemente in sofferenza dopo decenni di silenzi forzati. Certo, guardando il curriculum di Bagnasco e di chi lo ha scelto per quel ruolo, non c'è molto da sperare su eventuali aperture della Chiesa italiana. Anche perché a fianco (o a tutela) del nuovo capo della Cei resta il numero due di Ruini, Giuseppe Betori, garanzia più sicura e determinata di continuità.

Paolo Giorgi       Aprile online 7/3/2007