Il cattivo paradosso


E’ grottesca la motivazione con cui il Vaticano si oppone alla proposta di depenalizzazione
dell’omosessualità che sarà presentata all’Onu dalla Francia a nome dei 25 Paesi della Unione
europea. Il Vaticano infatti è preoccupato che «nuove categorie protette dalla discriminazione
creeranno nuove e implacabili discriminazioni». Siamo al cattivo paradosso che per proteggere le
persone omosessuali, queste dovrebbero essere mantenute sotto la minaccia di reato perseguibile
per legge.
Il Vaticano non si impegna affinché gli Stati che praticano contro gli omosessuali sanzioni, torture e
persino pene capitali (in dieci Paesi islamici), modifichino il loro atteggiamento, muovendosi
appunto nella linea recentemente enunciata dalla Chiesa stessa che invita ad evitare «ogni marchio
di ingiusta discriminazione». No. La preoccupazione vaticana è che «gli Stati che non riconoscono
l’unione tra persone dello stesso sesso come “matrimonio” vengano messi alla gogna e fatti oggetto
di pressioni».
Il problema che sta a cuore alla Chiesa non è l’abbattimento effettivo della discriminazione tramite
la legge, ma l’imbarazzo («la gogna») in cui si troverebbero gli Stati che praticano leggi punitive
contro l’omosessualità. O gli Stati che, pur tollerando benevolmente le persone omosessuali, non
riconoscono loro la pienezza dei diritti.
È evidente che qui il Vaticano pensa a possibili effetti a catena a favore delle unioni omosessuali,
legalmente riconosciute, là dove non esiste ancora alcuna legislazione in proposito (come Italia).
Non credo che abbia a cuore le difficoltà in cui si troverebbero gli Stati islamici, che ovviamente si
opporranno frontalmente alla proposta europea. L’alleanza tra Stati islamici e Vaticano su questo
punto è garantita. Con buona pace degli alti discorsi della «razionalità della fede» cristiano-cattolica
rispetto alla dottrina religiosa islamica. Quando si tratta di sesso e di famiglia le differenze
teologiche tacciono.
Rinunciamo in questa sede ad esporre ancora una volta le posizioni di principio di una visione laica
in tema di responsabilità etica dell’individuo, di concezione non mitica, ma critica e riflessiva di
«natura umana», di concezione delle unioni familiari, di separazione tra «reato» e «peccato» ecc.
Sono anni che ci confrontiamo su questi temi. Invano. Non si dialoga più. Si contrappongono
posizioni sempre più intransigenti. Ciò che conta è la loro potenzialità mediatica, che nel nostro
Paese è saldamente in mano alla linea vaticana.

Rimanendo a livello di strategia comunicativa, viene spontanea un’ultima riflessione.
Contrapponendosi all’iniziativa dell’Unione Europea, il Vaticano ribadisce ancora una volta la sua
contrarietà all’orientamento laico dell’Europa, ovviamente diffamato come laicista (relativista,
immoralista e via via elencando tutte le nefandezze della ragione illuministica).
Non è chiaro dove
porterà questa strategia. Nel caso della depenalizzazione dell’omosessualità la linea vaticana
smentisce esperienze drammatiche e ben meditate interne allo stesso mondo cattolico.
Verosimilmente non interpreta neppure i convincimenti di milioni e milioni di sinceri credenti.
Perché si adotti oggi questa strategia non è chiaro. Evidentemente il sesso e una certa idea di
famiglia contano di più delle riflessioni della fede.
Ma qui il laico tace.


Gian Enrico Rusconi      La Stampa  2 dicembre 2008