Il caso Boffo e l’etica dell’immoralità. Berlusconi mediatore tra Vaticano e Cei
Oggi è l’anniversario
61° dei Patti Lateranensi. Oggi nella nunziatura vaticana in Italia vi sarà la
rituale orgia di commemorazione con gli sciali clerico-berlusconisti, sorrisi e
canzoni, tarallucci e vino, alla faccia del pudore e della dignità di una
gerarchia ormai degradata al «servo encomio» di un governo senza moralità
istituzionale. Sono salve però le forme diplomatiche e istituzionali, così care
al cardinale Bagnasco. Contenti loro, povera Italia!
Se appartenessi alla stirpe clericale che si annida nel Vaticano e anche in
parte della Cei, dovrei essere gongolante di gioia e pretendere le scuse
ufficiali sia da Bertone, che svolge la funzione di prima donna oltre i confini
di oltre Tevere, sia da Bagnasco che si sforza di essere uomo spirituale, ma
spesso deve rinunciarvi per interessi superiori sopraggiunti. Le scuse ufficiali
e magari una medaglia di poco costo, sarebbero così motivate: «Perché con
lungimiranza e senza interessi personali ha previsto in anticipo quello che
sarebbe successo e che puntualmente è accaduto, nella lotta tra bande nelle alte
(!?) sfere vaticane in guerra contro la Cei per blindare interessi immorali e
peccaminosi».
Il card. Bertone Tarcisio e il card. Angelo Bagnasco mi hanno scritto due
lettere pubbliche sul settimanale cattolico di Genova (16 e 18 ottobre 2009) e
da me pubblicate in internet (non hanno però pubblicato la mia di risposta,
nonostante l’avessi chiesto espressamente e come ne avevo diritto, a norma di
legge), indispettiti che avessi preso posizione sui rapporti immorali che essi
avevano e volevano ancora intrattenere con tale Silvio Berlusconi, presidente
del consiglio dei ministri, uomo indecente e amorale, concepito in provetta
nelle segrete stanze dello Ior vaticano in un miscuglio orgiastico
religiosamente ateo.
Oggi li sfido entrambi a prendere qualsiasi provvedimento su me, motivato da
argomenti teologici o se vogliono morali o se vogliono anche disciplinari: i tre
ambiti in cui avrebbero qualche competenza, se essi non avessero contravvenuto
«in piena avvertenza e deliberato consenso» a tutti e tre gli ambiti. A loro si
è aggiunto il cardinale compare Ruini Camillo, assetato di sangue e potere,
anche da pensionato. I fatti di questi giorni sono tragici e riportano la
Chiesa intera ai tempi dei Borgia, quando i veleni viaggiavano negli anelli
cardinalizi e non si avevano scrupoli anche ad uccidere. Tanto poi
con i gargarismi d’acqua benedetta purificavano tutto. L’èra Bertone in
segreteria di Stato vaticano è quanto di più osceno possa capitare e deve essere
annoverata nel rosario degli errori del pontificato di Benedetto XVI che pare
non imbroccarne una: il pontificato delle gaffes.
Il 7 agosto 2009 in un colloquio privato nel salotto del suo appartamento
privato misi in guardia il cardinale Bagnasco dalla tattica di Berlusconi: «la
nomina di Vittorio Feltri a “Il Giornale” di Berlusconi e di Maurizio Belpietro
a “Libero” era l’avvisaglia logica a tutti i suoi critici da parte di Berlusconi
di prepararsi alla “battaglia di autunno”». Aggiunsi che avrebbe sparso fango su
tutto e su tutti, negando logicamente, in base al principio che «tutti sporchi
nessuno è sporco». Il cardinale liquidò il mio avviso con una dichiarazione di
«impossibilità», dicendo che la «Chiesa si rapporta in modo istituzionale». S’è
visto il modo istituzionale!
Il giorno 8 settembre 2009 in una lettera al cardinale Bagnasco, appena un mese
dopo, scrissi:
«Nel gioco al
massacro iniziato da Berlusconi e le sue truppe, si è inserito il cardinale
segretario di Stato, card. Bertone, il quale non ha esitato a servirsi del fango
per una operazione spregiudicata: mettere le mani sulla Cei e il suo organo di
informazione. L’intervista di Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano
al Corriere della Sera ne è stata un’avvisaglia, ma anche la presa di distanza
della segreteria di Stato dall’atteggiamento della Cei nei confronti
dell’immoralità del presidente del consiglio. Lei è venuto a trovarsi tra due
fuochi di finti amici che hanno interessi straordinari da salvaguardare e non
sarei affatto sorpreso dall’apprendere che vi sia stato un gioco delle parte a
palle incrociate tra Berlusconi e Bertone per risolvere le questioni alla
maniera del principe machiavelliano: il fine giustifica i mezzi con una solenne
buona notte ai principi di alta e bassa etica … Il direttore dell’Osservatore
Romano si vanta di non avere mai detto una parola sulle vicende «private» di
Berlusconi, come se lo spergiuro, le bugie e la ricattabilità del presidente del
consiglio fossero una questione privata … Strana doppia morale dal giornale del
papa …».
Nella stessa lettera infine concludevo:
«Sig. Cardinale, lei
sa bene che non sono né profeta né figlio di profeti, ma, con l’aiuto di Dio,
cerco di leggere gli eventi alla luce del Vangelo e di scrutare i segni i tempi.
In un prossimo futuro vedo un cambio di guardia alla Cei perché è evidente che
con le dimissioni di Boffo, lei è diventato più debole nel gioco politico
diplomatico che investe il «Vaticano Spa» e la «Cei srl». Lei ha dovuto
sacrificare Boffo sull’altare degli interessi superiori del Vaticano e questi ha
esigenza di mettere alla testa della Cei un prestanome, una semplice foglia di
fico. Lei avrà un posto e una carica di lustro (congregazione dei Vescovi?)
perché la legge dei preti non smentisce e non nega mai, ma promuove benignamente
per salvare la faccia, alla faccia dell’umiltà che pure predicate con tanta
dovizia. Per gli altri».
Oggi il papa sembra debba a chiedere conto del comportamento della segreteria di
Stato sulla «vera storia» della dimissioni di Boffo che sempre più vengono
accreditate come una manovra di Bertone, per mano del direttore dell’Osservatore
Romano contro la gestione della Cei, colpevole di essere «tiepida» nei confronti
di Berlusconi, ritenuto, evidentemente, non solo utile, ma necessario al
Vaticano. Al diavolo la retorica sulla morale che è una roba da parroci
di campagna e non di eminentissimi uomini di governo, i quali però dovrebbero
sapere che il diavoletto che predicano come spauracchio per i fessi sa solo fare
le pentole, ma mai i coperchi e senza coperchio il minestrone bolle, fuoriesce e
si riversa, sporcando tutta la cucina. Tutto si lega e tutto si tiene. Oggi 9
febbraio il Vaticano ha smentito, cioè ha confermato che la guerra tra bande è
più profonda di quanto non facciano apparire.
Ecco come sono andate le cose, a mio modesto avviso e come le ho descritte in
questi mesi passati. C’è un asse di ferro tra Vaticano, Cei e governo
Berlusconi: i preti sostengono anche col voto il governo e la sua maggioranza e
il governo fa la politica che chiedono i preti: scuola privata, leggi sulla
bioetica, copie di fatto, testamento biologico e altri ammennicoli di vario
genere (edilizia, rifiuti, ici, ecc.). Il cesaropapismo imperante.
Poi all’improvviso scoppia l’estate Berlusconi «gaia e irresponsabile»: la
moglie lo accusa di essere un malato psichico, di frequentare minorenni, di dare
cariche pubbliche e di governo a donnine in cambio di favori sessuali. Di fronte
a parole grosse come «ciarpame politico» saltano alcune candidature di alle
europee di alcune donne compiacenti. Inizia il finimondo perché il vaso di
pandora delle ignominie del capo di governo esplode: le sue ville, equiparate da
lui a residenze ufficiali di governo (imponendo il segreto di stato), sono
scenari aperti di prostituzione: si parla di tratta di donne «a carrettate», di
droga, di favori sessuali a pagamento. Gli sprovveduti vi hanno visto un «fatto
privato», ma così non è perché emerge la ricattabilità del capo del governo che
è stato ripreso sul letto di Putin, nudo, in accappatoio, attorniato da donne
armata di registratori e telefonini. Lo scandalo diventa mondiale. Tutta la
stampa libera mette nell’angolo Berlusconi che ormai è finito. Basterebbe una
parola del Vaticano o dei vescovi per farlo fuori.
La Cei disorientata tace per mesi, ma poi spinta dalla ribellione del popolo
cristiano, comincia a timidamente a balbettare qualcosa di critico sul suo
giornale Avvenire.
L’«affaire» è gestito direttamente dal direttore, Dino Boffo, che non agisce da
solo, ma in concertazione con la presidenza della Cei (Angelo Bagnasco e mons.
Mariano Crociata). Apriti cielo e squarciati, terra! Il Vaticano di Bertone
annusa il pericolo e corre ai ripari: manda avanti il direttore dell’Osservatore
Romano, Gian Maria Vian, prete mancato, a vantarsi pubblicamente che l’organo
della santa Sede non ha mai accennato minimamente alle «vicende personali del
premier Berlusconi». Il segnale è forte e chiaro e Berlusconi lo coglie in tutta
la sua portata e si rende disponibile a servire gli interessi di Bertone che
vuole mettere le mani su
Avvenire,
ma anche sulla tv
Sat-2000 e tutti gli
altri network, di cui Boffo, per conto della Cei, è direttore. Il 26 settembre
viene montato su una finta casualità per fare incontrare Berlusconi e il papa a
Ciampino, facendo finta che mentre uno (papa) sta partendo per Praga, l’altro
stia arrivando e, guarda caso, si incontrano a metà della pista e non possono
non salutarsi. Purtroppo, le telecamere hanno ripreso non solo le immagini, m
anche le parole del papa che si rivolge al pesce lesso con le parole: «Che gioia
incontrarla, caro presidente» e questi gongolando si prostra indecorosamente in
baciamano degne della migliore mafia.
Segue la guerra d’autunno. Berlusconi ordina a Vittorio Feltri di mettersi a
disposizione della Segreteria di Stato e di pubblicare tutto quello che il
convento passa. Si tratta ora di trovare il modo di seppellire gli scandali
sessuali, le minorenni, la legge contro gli immigrati, la politica contro il
«bene comune», gli attacchi sistematici alla giustizia, in una parola di
riportare di nuovo Berlusconi agli onori degli altari. L’accordo deve essere
celebrato in pubblico, altrimenti non c’è gusto. Bisogna creare una occasione
ad hoc
che viene individuata nella «perdonanza di Celestino V» a L’Aquila dove il
segretario di Stato va apposta per incontrare Berlusconi e invitarlo a cena
davanti alle telecamere con doppia consacrazione: i successi della (finta)
ricostruzione e la cena della riabilitazione. Berlusconi è salvo e la
morale è uccisa. Meglio di così! Troppo zelo stroppia.
Feltri incurante o inconsapevole degli interessi in gioco, pubblica un falso
documento, cucinato nelle ex segrete del sant’uffizio, con cui si accusa Boffo
di essere omosessuale, un’accusa che in Vaticano, dove notoriamente molti sono
omosessuali segreti, fa breccia e scandalo. Berlusconi sproloquia da logorroico
da par suo e si dissocia dal suo giornale di famiglia, come a dire che si
dissocia da se stesso; Feltri conferma la «veridicità» della notizia perché è
sicuro che gliel’ha passata il Vaticano su ordine del suo padrone; lo scandalo
gonfia come un soufflè al forno e tutti accusano tutti. Bertone cade
dalla nuvole. Bagnasco è disorientato.
Nel puro stile clericale, la solidarietà a Boffo si spreca. Si scomoda anche il
papa a rinnovare la stima e l’apprezzamento che, come sempre in ecclesiastichese,
sono l’avviso del licenziamento. Così fu e così avvenne. Boffo si dimette in
meno di quarantottore. La cena all’Aquila salta di fronte all’ira dei credenti,
la Cei entra in letargo e l’asse d’acciaio Berlusconi-Bertone è rafforzata tanto
che si pensa immediatamente ad una nuova occasione: la mostra esposta a palazzo
Venezia (nomen omen)
sul tema «Il potere e la Grazia». Si concorda che l’inaugurazione verrà fatta
dalla coppia B&B: Berlusconi-Bertone, ormai coppia di fatto e di diritto sullo
scenario politico nazionale.
L’11 settembre 2009 scrissi una lettera, poi resa pubblica, a Bertone,
scongiurandolo di non andare alla mostra insieme a Berlusconi perché davanti al
popolo scandalizzato avrebbe significato l’approvazione a tutti i comportamenti
immorali di Berlusconi. Non avendo avuto risposta, in data 8 ottobre, ad
inaugurazione avvenuto, scrivo una seconda lettera a Bertone in cui stigmatizzo
il suo comportamento ignobile perché è andato ad inaugurare la mostra nonostante
nelle stesse ore la Corte costituzionale avesse dichiarato illegittimo il «lodo
Alfano» rimandando Berlusconi davanti al giudice per corruzione di testimoni e
di giudici, reati gravi che intaccano la credibilità delle istituzioni stesse.
Quanto meno la prudenza avrebbe voluto che si soprassedesse. Invece no, Bertone
aveva la fregola di farsi vedere con Berlusconi. Nella lettera ripudiavo Bertone
come vescovo, così come a giugno con un’altra lettera avevo ripudiato
Berlusconi. Le due lettere ebbero una grande eco in internet. Questa volta
infatti la risposta arrivò con due lettere (una di Bertone, 16 ottobre 2009) e
una di Bagnasco (18 ottobre 2009) pubblicate ambedue sul settimanale cattolico
di Genova. Ad esse rispondo con una terza mia lettera (21 ottobre 2009) in cui
faccio le pulci al buonismo di plastica di Bertone e al falso bordone di
Bagnasco e contesto con dati alla mano le affermazioni di Bertone, il quale a
questo punto tace e non risponde più.
Poi il silenzio ufficiale, ma le trame sottobanco continuano perché il
maligno non va mai a riposo. Berlusconi ha bisogno dell’appoggio
incondizionato della gerarchia ed è disposto a tutto, specialmente da quando
Casini ha deciso di andare per conto suo in vista delle regionali del 2010. Nel
frattempo scoppiano due scandali di natura sessuale: il presidente della Regione
Lazio, Marrazzo frequenta trans e paga laute mance per non essere ricattato.
Berlusconi è informato di tutto dai servizi segreti e comunica a Marrazzo che
esiste un film su di lui e lo consiglia di mettersi d’accordo con il
ricattatore, invece di mandarlo alla polizia: un capo di Governo!!!
Infine Bologna, il cattolico Del Bono, sindaco della scuola di Prodi, è accusato
dalla sua amante e segretaria di storie sozze e malversazioni ai danni del
Comune. Apriti cielo! La questione morale invade il Paese: come si permettono di
accusare Berlusconi, questi che fanno queste cose? Tutti uguali non
davanti alla Legge, ma davanti alle porcate. Se tutti sono porci e il
Paese è un porcile, un porco ha il diritto a governare il Paese, qualunque
porcata faccia, perché il Paese equiparato ad una porcilaia, lo «vuole così».
Teorema di Pitagora. Il Pd sembra non perdere mai un’occasione per tirare
fuori Berlusconi dai guai e ci riesce magistralmente: tanto è bravo
nell’autodistruggersi quanto lo è nel salvare Berlusconi. Viene il
sospetto che questi paghi sottobanco come è suo costume. D’Alema poi è
esilarante.
Per scongiurare la candidatura di Emma Bonino, nota diavola di professione,
entra in guerra Camillo Ruini, che come novello Cincinnato viene richiamato a
servizio della Patria-Chiesa. Egli invita Berlusconi a colazione al Seminario
Romano, dove alloggia, e ha il compito di ripresentare Berlusconi come
interlocutore privilegiato della gerarchia cattolica. A questo scopo tenta una
mediazione a favore di Casini su cui il Vaticano sembra riporre ignobili
speranze. Berlusconi a questo punto capisce di essere il più forte e di avere il
coltello per il manico. Non solo abbandona Casini al suo destino, ma impone le
sue regole e le sue condizioni, ricatta e obbliga il Vaticano a mettere la
mordacchia alla Cei e di chiudere ogni pendenza sui suoi trascorsi e di firmare
un contratto di ferro.
Scoppia la verità sul caso Boffo emersa durante una irrituale colazione tra il
killer-Feltri e l’agnello-Boffo, il quale è stato avvelenato dalla Segreteria di
Stato vaticana di Bertone per indebolire la Cei. La notizia è data da Feltri
direttamente a Boffo durante la colazione «pubblica» a Milano. La logica dice
che Feltri non si muove senza l’autorizzazione del suo padrone, per cui ne
deriva che Berlusconi è l’autore della notizia che accusa il Vaticano di avere
tramato contro la Cei nella persona di Boffo.
Entra in ballo il papa che per avere la verità a chi si rivolge? Naturalmente
alla segreteria di Stato, cioè a Bertone, che così, da accusato diventa
difensore di se stesso e da falso e bugiardo è chiamato a dire la verità che
sarà bugiarda e falsa. Fa pena un papa che fa finta di scandalizzarsi delle
trame diaboliche che si tessono alla sua ombra e poi viene a dire che il demonio
è entrato nella Chiesa per colpa del Vaticano II. Se c’è un anticristo,
egli si annida proprio tra di loro, tra questi uomini falliti che vivono il
potere come sacralità e contrabbandano il nome di Dio, in cui non credono, come
merce di scambio di bassa lega. Bestemmiatori di professione, sono indegni di
ciò che rappresentano e lo prova il fatto che cercano accordi, costi quello che
costi, con uomini e figuri come Berlusconi, uomo indegno e politico corrotto.
Epilogo. Di fronte alle accuse al Vaticano di avere ordito una guerra contro la
Cei e davanti al papa che cerca di fare chiarezza, senza rendersi conto
che è stato lui a mettere quegli individui ai posti che occupano, ecco
l’unto bisunto, di nome Berlusconi Silvio, che si propone di fare da mediatore
tra Segreteria di Stato e Cei. Egli offre la cessazione della guerra,
l’annullamento dei dossier, la pacificazione totale e definitiva (fino
alla prossima convenienza), in cambio di un seppellimento totale del suo
trascorso di pederasta e puttaniere, in cambio di una cessazione di qualsiasi
attacco al suo governo da parte di singoli rappresentanti di uffici vaticani; in
cambio di una solidarietà politica a tutta prova. In una parola: Berlusconi
regnerà incontrastato fino al 2013, quando raggiungerà la presidenza della
Repubblica senza colpo ferire. Nel frattempo modifica lo Stato su sua misura e
la gerarchia cattolica approva, o se ne sta zitta e si gira dall’altra parte,
beninteso, dopo avere chiesto tutto quello che vuole in termini economici e
legislativi: in fondo, cambiare lo Stato su misura di Berlusconi e l’ordinamento
etico su misura del Vaticano sono cose che camminano insieme. Talebanismo puro!
Resta da vedere come porre fine alla battaglia, iniziata da Berlusconi,
continuata da Berlusconi, finita da Berlusconi e vinta da Berlusconi. Una guerra
a cui ha partecipato la gerarchia cattolica, portando le salmerie e
sopportandone il peso della distruzione della credibilità della Chiesa e della
figura del papa. Un bel successo, non c’è che dire. Ora Bagnasco riceverà, a
tempo e luogo, un premio: sarà promosso a qualche carica di dicastero e il
direttore dell’Osservatore Romano verrà sacrificato come capro espiatorio, ma
dopo qualche tempo.
Resta un fatto: in tutta questa vicenda, la gerarchia cattolica dell’era Bertone
ha fatto la figura dei cioccolatai e ancora una volta ha perso l’occasione per
essere quella che dovrebbe essere: il segno sulla terra della Verità e del
disinteresse. Si possono scrivere encicliche sulla Verità, ma se poi ci
si comporta da bugiardi e si frequentano capi di governo bugiardi che vivono
sulla falsità e sulla bugia, è meglio per loro che si leghino una macina da
mulino al collo e si gettino in mare da soli. Se lo fanno loro infatti, non lo
farà il popolo di Dio che li ha già abbandonati al loro destino e alla loro
condanna: tra Berlusconi e Bertone e il Vangelo e la Dignità, noi preferiamo
senza dubbio e senza tentennamenti la Dignità del Vangelo e dichiariamo che il
Vaticano nulla ha da spartire con la Chiesa di Cristo, perché quello è uno Stato
pagano, questa è un «mistero di salvezza e anticipo del Regno». Paolo VI nella
Populorum Progressio
parlava di «collera
dei poveri» che sale nel popolo di Dio che può arrivare, in casi estremi, anche
al regicidio perché quando la misura è colma, tutto può succedere.
PS. Mi pare che Qualcuno, qualche millennio fa, avesse detto: «Amatevi come
fratelli», mentre questi da vigliacchi quali sono spargono fango di nascosto e
nel più bieco anonimato clericale. Meno male che Gesù era Figlio Unico!
Paolo Farinella, prete Micromega online 11 febbraio 2010