Cari atei, tenetevi
il dubbio
Non ho nessun dubbio sulla legittimità della propaganda ateista nei luoghi
pubblici. Abbiamo, e
vorremmo reggesse, una Costituzione che in certe cose è meglio dell'oracolo di
Delfi. Non è da
trascurare il lavoretto di roditore sapiente che fa la commissione episcopale
per farla, alla lunga,
cadere fradicia, ma nei suoi fondamenti il citatissimo, inviso,
bistrattato documento è l'unica
sentinella autorizzata che può segnalare e contrastare i ritorni di barbarie.
Se fuori delle chiese e
dappertutto possono apparire dei «Dio ti vede», va benissimo che qualcuno gli
opponga che
«Dio non ti vede».
Sappiamo qualcosa? Per niente. Si capisce, chi voglia battere le vie del
pensiero (homo cogitat) non
si fa persuadere da cartelli sugli autobus o sui treni, della metropolitana.
Hyde Park c'è per tutti sul continente democratico: chiunque è libero, deve
esserlo, di mettere su un
pulpito a Villa Borghese come al parco Sempione, ai giardini Hanbury come alla
fiera di Sant'Orso.
Anche un vescovo. Tuttavia un frate Savonarola andrebbe fuori Costituzione, e un
predicatore
anarchico della Spagna repubblicana ugualmente, perché farebbero irrompere la
violenza.
Mi scandalizza la facilità, l'opinione che cerca di farsi strada come
certezza, la dissacrazione di tutto
o il farneticare sull'embrione-persona. Quando il Giovanni dalle Bande
Nere delle milizie atee,
Piergiorgio Odifreddi, dice (mi pare abbia detto) che il Dio di Spinoza a lui va
come un guanto,
cessa di essere ateo. Spinoza è, grida la Fama, l'Intossicato di Dio. Lo amava
talmente, così
integralmente, scriveva Leone Šestov, da farsene l'assassino ispirato, e ne era
così geloso da volerlo
tutto per sé, nascosto in un folle gabbione geometrico, da strapparlo perfino
alla sinagoga di cui
sarebbe certamente diventato un celebrato, nei secoli, rabbino. Preferì farsene
maledire, per amore
del suo Dio-Tutto. Rifiutò la cattedra di Heidelberg. Rischiò di essere
pugnalato da un fanatico. Di
essere ritenuto ateo dagli ignoranti e dai papisti lo faceva atrocemente
soffrire. Quando Ernest
Renan inaugurò il monumento a Spinoza che è all'Aja disse una parola definitiva:
«E da questo
luogo che Dio è stato visto più da vicino». Chi vuol essere ateo assoluto non si
avvicini all'Ethica
spinoziana, non è per lui. Ma l'ateismo assoluto è pieno di buchi come un
groviera svizzero. Forse
un rozzo cartello di dubbio - «Sono ateo? Sarà vero che Dio non mi vede?» -
avrebbe già potuto
appenderlo all'entrata della caverna dove conviveva con l'orso il
sapiens-sapiens coperto di peli che
neppure sapeva di essere darwiniano. Su tutta la faccenda può planare un
sorriso, la risposta al
quesito che diede Luis Bunuel: «Sono ateo, grazie a Dio».
L'Unione degli atei razionalisti spunta nel XXI secolo come un fiore disseccato
che verdeggiava nel
XIX, epoca Seconda Internazionale, Claude Bernard, Emile Zola, Kulturkampf,
Feuerbach, sinistra
hegeliana, Antonio Labriola, Bakunin, e aveva il suo cuore battente specialmente
in Francia, ma tra
le correnti di pensiero e i cartelli nei tram a cavalli con esortazioni pie a
non fidarsi del Dio positivo
manca il punto di arrivo. Possiamo mettere l'ultimo traguardo verso il 1970,
quando nell'Urss si
processavano e chiudevano in manicomio i credenti ostinati. Il periodico «Russia
cristiana»
riportava, dando notizia delle persecuzioni comuniste al tramonto, questa
battuta di una psichiatra di
San Pietroburgo: «Chi crede in Dio è un pazzo e bisogna metterlo in manicomio».
Nella Russia di
Putin è permesso almeno credere in Dio. I musei sovietici dell'Ateismo Assoluto
di Mosca e San
Pietroburgo sono da un pezzo spariti.
Guido Ceronetti Il Sole-24 Ore 15 febbraio