INTEGRALISMI
Cari laici è ora di attaccare
FILIPPO GENTILONI

La religione in prima pagina. Nelle sue varie forme, dall'islam al cattolicesimo. Non lo si prevedeva un secolo fa, quando il dio di ciascuno sembrava sulla via del tramonto. Oggi gli stessi kamikaze dicono tragicamente la forza di Allah, mentre nei paesi come il nostro, anche i laici confessano che senza dio e i suoi preti la società è destinata allo sfascio. Che cosa è successo? Come mai questa crisi della laicità? Che cosa si può prevedere? Ai primi interrogativi la risposta è più facile. Più difficile, invece, la questione del futuro.

In realtà la cultura della laicità si è dimostrata piuttosto debole: forse troppo preoccupata di una polemica fatta di contrapposizioni, troppo poco di costruire una vera alternativa. Ci si è attestati quasi esclusivamente su posizioni negative, difficili da mantenersi di fronte al naturale bisogno di risposte profonde ai problemi della vita.

Le religioni, dal canto loro, si sono affrettate ad accantonare le posizioni «moderate» presenti al loro interno, cercando di cavalcare il rapporto stretto fra religione, etica, società, etnia. Anche politica, in maniera più diretta nell'islam, più indiretta nelle varie forme di cristianesimo. Anche nel cattolicesimo, dove l'onda lunga del concilio Vaticano II sembra esaurita. Anche là dove, per fortuna, non esistono kamikaze dominano i fondamentalismi, gli integralismi e così via. Così anche Bush: eppure il vasto mondo protestante poteva vantare la conquista di una democrazia sanamente laica. Il cristianesimo si avvia a essere sempre più decisamente una «religione civile».

In quanto ai nostri «laici» alcuni arrivano addirittura ad arruolarsi nelle schiere di Oriana Fallaci; mentre altri si contentano di ripetere che sono laici e non laicisti. Le voci come quella di Giulio Giorello («Di nessuna chiesa») sono sempre più rare e isolate. Sono considerate un residuo di tempi passati, quelli della contrapposizione laici-cattolici che oggi non esisterebbe più.

Un grave spostamento di accenti, sul quale influisce fortemente la situazione internazionale, con le sue crisi dall'Iraq, al Medio Oriente, ai terrorismi. Crisi politica o di civiltà? In Vaticano si affrettano a ripetere che la religione non c'entra, ma rischiano di contraddirsi. Da una parte ripetono l'importanza del fattore religioso nella vita dei popoli e degli stati, dall'altra dicono che la religione non ha niente a che vedere con i conflitti che stanno distruggendo l'umanità.

Il futuro, dunque, non promette niente di buono per i valori della laicità. Quelle distinzioni che nel passato hanno permesso a buona parte dei cristiani di accettare il mondo moderno, sembrano dimenticate. Da noi si ritorna a parlare non soltanto di aborto ma anche di Darwin e di condanna dell'evoluzionismo. E si torna a difendere, contro il relativo, ogni forma di assoluto. Per non parlare degli stati islamici nei quali quelle distinzioni non sono mai riuscite a entrare.

Forse ha ragione Giorello: «I laici tendono a difendersi, è tempo di attaccare». E non di accettare quei compromessi che alcuni propongono, come il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, sul Corriere della sera: in un eventuale «terreno comune» fra laici e cattolici la parte vincente sarebbe certamente quella più forte, ancora una volta quella religiosa.

 

Il manifesto 22/7/05