Basta con le menzogne! Industria militare e varie banche italiane fanno affari con l'export di armi e il Governo vuole zittire i cittadini
È prossimo il voto in Commissione parlamentare Esteri e Difesa sulla Relazione 2005 della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armi italiane. Pur valutando positivamente il fatto che per per la prima volta in 15 anni, la Relazione annuale della Presidenza del Consiglio prevista dalla legge 185/90 sull'esportazione delle armi italiane è stata quest'anno oggetto di discussione nelle Commissioni Esteri e Difesa della Camera, come promotori della Campagna di pressione alle "banche armate" manifestiamo forti preoccupazioni per il reiterato tentativo da parte del Governo di modificare e riscrivere la legge 185 e, soprattutto, per il tentativo di eludere la trasparenza in merito a operazioni svolte dagli Istituti di credito in appoggio al commercio delle armi italiane.
La suddetta Relazione 2005, infatti, svolgendo considerazioni non supportate dagli stessi dati forniti dal Ministero, definisce come «problematica di alta rilevanza», tanto da essere stata trattata a livello interministeriale, «quella relativa all'atteggiamento assunto da buona parte degli istituti bancari nazionali nell'ambito della loro politica di "responsabilità sociale d'impresa"». «Tali istituti, infatti - prosegue la Relazione - pur di non essere catalogati fra le cosiddette "banche armate", hanno deciso di non effettuare più, o quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento". La Relazione annuncia quindi che «il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha recentemente prospettato una possibile soluzione che sarà quanto prima esaminata a livello interministeriale». Soluzione di cui, nonostante le interpellanze parlamentari, non si sa niente, ma non sembra nella direzione di una maggior trasparenza del settore. Sta di fatto che "difficoltà operative" tali da richiedere modifiche alla legge non ve ne sono. Come riportano le tabelle del Ministero dell'Economia e delle Finanze, infatti, le banche italiane, coi gruppi Capitalia e San Paolo Imi in testa, ricoprono tuttora più dell'85% delle operazioni di appoggio all'esportazione di armi italiane, che va ricordato, in un solo anno sono quasi raddoppiate passando dai 722 milioni di euro del 2003 agli oltre 1317 milioni di euro del 2004. In parole semplici, le banche italiane rappresentano tuttora l'intermediario privilegiato per l'industria armiera nazionale che quest'anno ha accresciuto il proprio portafoglio d'ordini di oltre il 16% e, nell'ultimo quadriennio, di ben oltre il 72%. Se importanti Istituti di credito privati hanno deciso, nella loro politica di "responsabilità sociale d'impresa", di rispondere all'appello promosso dalla nostra Campagna e alle stesse richieste dei loro correntisti, decidendo di dotarsi di normative precise e pubbliche per quanto riguarda l'appoggio al commercio delle armi italiane, il Ministero ne dovrebbe essere ben fiero: tutto ciò, infatti, non solo va a favore della trasparenza, ma anche di quella "eticità" che da più parti si chiede al mondo finanziario. Come direttori di riviste missionarie avvertiamo la responsabilità di intervenire sul tema del commercio delle armi, in quanto ha una pesante ricaduta sulla vita dei poveri di molti paesi del sud del mondo. Il fatto è che alla potente lobby armiera e a una parte del mondo finanziario dà fastidio che i cittadini sappiano con chi le nostre industrie armiere fanno affari. La Campagna di pressione alle "banche armate” in questi 6 anni di attività ha, invece, puntualmente divulgato le informazioni del Ministero rendendo noto a tutti ciò che molti vorrebbero tenere riservato agli "addetti ai lavori". Non solo. Presentando in qualità di Relatore nella IV Commissione Difesa la Relazione 2005, l'on. Giuseppe Cossiga (Forza Italia) nel suo intervento, sottolineando come «eccessiva l'enfasi con la quale la relazione dà conto dell'ammontare complessivo delle operazioni finanziate dagli istituti di credito», ha affermato che «in mancanza di ulteriori informazioni sull'oggetto delle operazioni finanziate, si forniscono dati che risultano non solo fuorvianti, ma suscettibili di alimentare campagne di informazione del tutto prive di fondamento, come nel caso della campagna banche armate». Riteniamo gravi e infondate le affermazioni dell'on. Giuseppe Cossiga. E siamo da tempo in attesa di conoscere lui quali sarebbero le «informazione del tutto prive di fondamento» fornite dalla Campagna. Come già detto, proprio grazie all'attendibilità dei dati forniti dal Governo, la Campagna di pressione da noi promossa non solo non ha mai trovato smentite da parte degli Istituti di credito italiani, ma ha anzi creato le condizioni che hanno indotto importanti gruppi bancari a smettere di fornire, totalmente o in parte, i propri servizi in appoggio al commercio delle armi. Pertanto chiediamo a tutti i gruppi parlamentari di: 1. Rendere noto per tempo e con chiarezza il voto che esprimeranno in Commissione parlamentare sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi. 2. Essere compatti e presenti per esprimere voto di parere contrario sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi.
p.
Carmine Curci (Nigrizia),
PS: Cogliamo questa occasione per informare che stiamo organizzando per dicembre/gennaio un convegno che intende essere un confronto aperto, chiaro e proficuo sia col mondo bancario, sia con i rappresentanti del Governo, delle Istituzioni, degli Enti locali e delle tante associazioni che in Italia e in Europa sono da tempo attente ai temi del commercio delle armi e del ruolo della finanza.
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