Bus ateo scossa ai credenti


E ora, dopo i bus atei, ci saranno quelli della fede? La campagna pro-incredulità promossa a
Genova, che dal 4 febbraio vedrà due linee di autobus tappezzate da scritte che «di Dio si può fare a
meno», armerà i muscoli di quanti sono allergici agli slogan choc contro il sacro?
L’iniziativa che non ha precedenti nel nostro Paese è dell’Unione degli atei e dei razionalisti italiani
(Uaar), vogliosa di ristabilire la par condicio «comunicativa» sulle questioni religiose, spingendo i
mass media a dar risalto non solo ai messaggi della Chiesa ma anche alle posizioni dei «senza
religione».
Il vento dell’ateismo spira dunque ancor forte in Italia e attraverso questa iniziativa intende far
breccia soprattutto nel capoluogo ligure da qualche tempo diventato il simbolo di una contesa.
La contesa tra la pretesa della Chiesa cattolica di rappresentare i sentimenti più autentici degli italiani e un’area laica che rivendica la propria esistenza e presenza nella società pluralistica. È fin troppo evidente che questa campagna sull’inesistenza di Dio è una specie di sfida atea in casa del cardinal Bagnasco, vescovo della città e presidente della Cei, reo d’essersi dimostrato poco tenero
nei confronti di alcune minoranze culturali. In giugno la curia genovese ha fatto di tutto per
ostacolare lo svolgimento del Gay Pride in quella città, fissato nello stesso giorno del Corpus
Domini. Inoltre, il prelato ha più volte ribadito le posizioni della Chiesa sui temi cari ai cattolici
(famiglia, vita, bioetica, eterosessualità, scienza), sminuendo - questa l’accusa - quanti hanno
orientamenti diversi.

La campagna pubblicitaria s’iscrive quindi nel clima ad alta tensione che da
qualche tempo caratterizza i rapporti tra Chiesa e mondo laico, parte del quale reagisce con fastidio
a una Chiesa sempre più protagonista nel campo culturale ed etico, e che continua a identificare
l’Italia tout court con l’Italia cattolica.
Come ci dice il mercato editoriale, oggi il libro di argomento
religioso vende bene, ma a un doppio livello: non soltanto i testi di spiritualità o che parlano a
favore della fede, ma anche i pamphlet che denunciano le ingenuità di una religione ancora arcaica
e incantata e quelli che denunciano lo strapotere clericale nella società.
Genova e l’Italia, comunque, non detengono il primato della svolta antireligiosa e anticlericale. Da
tempo iniziative analoghe sono presenti in alcune metropoli del mondo, tra cui Londra, Washington
e varie città spagnole. Si tratta di rigurgiti o reazioni a gruppi religiosi che manifestano attivamente
nella società pluralistica le proprie convinzioni, che si mobilitano contro il divorzio e l’aborto,
portatori di quella cultura pro-life che tende a contrastare quella pro-choice. In Belgio, addirittura,
gruppi di atei hanno da tempo costituito una sorta di associazione para-religiosa a difesa dei propri
orientamenti e valori, rivendicando dallo Stato un finanziamento pubblico alla stessa stregua di
quello accordato alle diverse confessioni religiose. Anche l’ateismo può essere un oggetto di
propaganda, come le chiese promuovono i valori religiosi. Anche l’Italia, dunque, sembra
partecipare di tendenze presenti in ogni dove.

A ben guardare, la pubblicità pro-ateismo può anche servire alla causa della fede religiosa. Nel
senso che può scuotere dall’indifferenza molti credenti per caso o per tradizione, che si trascinano
nel tempo un vago orientamento di fede senza un’adeguata riflessione e approfondimento.
La
promozione dell’incredulità può anche spingere qualcuno a uscire da uno stallo sulla questione
religiosa che gli impedisce una più piena comprensione di sé e del mondo.
Forse è anche guardando
a questa opportunità che gli ambienti ecclesiali (sia genovesi che nazionali) non hanno troppo preso
sul serio l’iniziativa, per cui non è detto che essa dia il via a una catena di reazioni, che, nel caso
specifico, arricchirebbe le aziende di trasporto delle nostre città. I bus atei ci possono stare,
rientrano nella provocazione creativa, se dietro essi non si nasconde una crociata di cattiverie contro
la religione e la Chiesa.
 

Franco Garelli     La Stampa  15 gennaio 2009