Bocca: «È la fine della nostra storia, se dici che sei antifascista ti ridono in faccia»
Giorgio Bocca: «Roba da pazzi. Ma non mi stupisco più di nulla ormai, perché i fascisti oggi sono al governo»


«Roba da pazzi. Il sindaco Alemanno vuole dedicare una strada ad Almirante, uno che fucilava i partigiani. Anzi no, mi sbaglio: non sono matti. È una provocazione, la provocazione di chi si sente vincitore e può fare quello che vuole». Giorgio Bocca, partigiano e giornalista, è uno dei pochi intellettuali in giro che si oppone alla revisione fai-da-te della storia e che, nonostante l’aria che tira, ha ancora il coraggio di difendere la Resistenza, la Costituzione repubblicana basata sull’antifascismo. Purtroppo non si fa illusioni, «l’Italia e gli italiani sono così...».
Bocca, ci tocca vedere pure questa: una strada intitolata ad Almirante.
«Non c’è niente di strano. I fascisti sono al governo, hanno vinto e vogliono far vedere quello che sanno fare. L’altra sera, dopo il consiglio dei ministri a Napoli, ho letto che Berlusconi è andato a far festa con Gasparri. Capito? I fascisti si sono riciclati, adesso fanno i ministri, hanno il potere, sono tornati in forze e, come hanno detto, non si sentono più figli di un dio minore».
Ma Almirante...
«Almirante è sempre stato un fascista: un difensore della razza, un repubblichino di Salò che partecipava ai rastrellamenti di partigiani in val Sesia. Adesso lo celebrano, andiamo bene... Siamo a un’altra svolta. L’Italia è sempre la stessa: trionfano il conformismo e il trasformismo. Oggi c’è un altro cambio di stagione».
È la fine di una storia?
«Lo ha detto Fini, diventato presidente della Camera: “Con me finisce il dopoguerra”. Voleva dire che finisce anche l’antifascismo. E quindi possono dedicare le strade a chi vogliono»
Possibile che una notizia del genere non desti qualche reazione, magari una protesta della sinistra...
«La sinistra? Perchè, c’è ancora la sinistra? Ho l’impressione che pur di campare la sinistra, o quel che rimane, sia disposta a tutto. Bisogna mangiare nella greppia del potere per tirare avanti».
E l’antifascismo della Costituzione?
«Se oggi dici che sei antifascista rischi di trovare qualcuno che ti ride in faccia, i valori sono andati a farsi benedire. Ma con chi te la prendi? I fascisti sono diventati tutti filoisraeliani, parlano pure del 25 aprile come se fosse la loro festa. E tutto fila liscio, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Allora ci sta anche la strada per un fucilatore di partigiani».
Deluso?
«Molto di più. Sono appiattito, sotterrato, sono quasi morto. Dal punto di vista politico uno con la mia storia è finito. Non mi riconosco in questo paese, nei “valori” che esprime questa classe dirigente. La mia storia è scomparsa. Io sono uno di quelli che si è battuto per il ritorno dell’Italia alla democrazia, per la sconfitta della dittatura fascista, difendo la memoria della stagione partigiana che riscattò questo Paese. Ma oggi sono uno sconfitto, hanno vinto loro. Basta guardarli. Ormai si è stabilito che la democrazia è una parvenza, un’illusione. E, forse, è vero».
E quest’Italia assorbe tutto, senza mai destarsi?
«Gli italiani sono trasformisti, sempre gli stessi, stanno con chi vince. Magari una volta c’era qualche speranza, qualche principio per cui battersi. Forse anche noi partigiani ci eravamo illusi di cambiare il Paese. L’altro ieri Berlusconi ha detto alla Marcegaglia che le proposte di Confindustria sono il programma del suo governo. Ma ci rendiamo conto? Come fa il capo del governo a dire una cosa del genere? Quando mai nella nostra storia abbiamo pensato che la Confindustria fosse il Paese? E la Marcegaglia, la raccomando... Ha fatto un intervento per accusare tutti, senza un cenno autocritico, senza un rimorso su quanto sta accadendo. Questi capitalisti pensano di essere sempre nel giusto, di non aver nessun difetto».
E invece?
«Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo, ma non è scevro di gravi difetti. È un sistema in crisi, ci sta togliendo l’acqua, l’aria per vivere. Stiamo sulla stessa barca e stiamo affondando, tutti felici in questo globalismo catastrofico. Noi italiani facciamo finta di niente, ma stiamo precipitando. E ora è comparso il segno del precipizio».
Quale?
«La scelta di tornare al nucleare. Una follia. Ricadiamo nello stesso errore che avevamo evitato, per un colpo di fortuna, vent’anni fa. E il bello è che torniamo al nucleare con le stesse motivazioni di allora, “perchè ci serve”. Ci siamo dimenticati tutto. A questo punto ci meritiamo le centrali nucleari e anche la strada per Almirante».

 

Rinaldo Gianola        l’Unità 24.5.08