Bioetica. Cresce in
università il fronte anti-Cei. La rivolta dei filosofi cattolici
In principio fu l’abiura della «cristiana laica» Roberta De
Monticelli.
Poi venne lo strappo dell’accademico pontificio Vittorio Possenti.
Ma ora l’argine si è spezzato e i filosofi cattolici meno ortodossi hanno deciso
di rompere il fronte
del silenzio. Ieri, per dire, il Foglio anticipava «a tradimento» l’appello di
alcuni filosofi morali
contro la linea ufficiale della Cei sul testamento biologico e il teologo Vito
Mancuso chiedeva, su
Repubblica, un Concilio Vaticano III per una nuova teologia della natura. «Se
ai nostri giorni la
Chiesa sembra talora tornata a quella della Controriforma – scrive Mancuso –
questo lo si deve a
un’antiquata teologia della natura che ancora governa la dottrina, incapace di
assumere il principio
di laicità introdotto dal Vaticano II a proposito della storia ».
La De Monticelli non ama la definizione di filosofa cattolica.
Però è un fatto che sulla scia di un gruppo di pensatori credenti del San
Raffaele di Milano stia
sorgendo un nuovo fronte del dissenso.
Non è un caso. La facoltà di Filosofia di Cesano Maderno nacque sette anni fa,
grazie a un’idea di
don Luigi Verzé e Massimo Cacciari, proprio per fare i conti fino in fondo con
le frontiere della
modernità, che al San Raffaele significa soprattutto la ricerca biomedica.
Mancuso, per esempio, ha sviluppato una linea di dialogo tra teologia e biologia
sulla linea del
gesuita Teillhard de Chardin, con un’enfasi sul principio della libertà
individuale (e del libero
arbitrio) che ha ricadute dirompenti anche in teologia. E che oggi gli fa
scrivere che «La libertà è al
centro del pensiero anche della De Monticelli che ha rianimato la fenomenologia
riprendendo l’idea
scheleriana di persona e smarcandosi dal personalismo che, attraverso Maritain,
torna a San
Tommaso. Il personalismo kantiano di Roberto Mordacci e Massimo Reichlin fa i
conti addirittura
con un liberale illustre come John Rawlse e ricerca una terza via tra etica
laica ed etica cattolica.
Echi di un certo “personalismo neoliberale” si ritrovano anche tra i filosofi
cattolici del gruppo di
Padova (Enrico Berti, Antonio Da Re e Corrado Viafora), e nel pensiero di
Stefano Semplici e
Carmelo Vigna, docenti a Roma e Venezia, promotori dell’appello a monsignor
Bagnasco perché sul
tema del testamento biologico «la Chiesa possa esprimere una capacità di
inclusione più ampia».
Un appello («pubblicato a tradimento sul Foglio» dice Vigna) firmato anche dai
progressisti Virgilio
Melchiorre, Giuseppe Cantillo, Francesco Totaro, Ugo Pierone, Mario Signore,
Bernardo Razzotti,
Aurelio Rizzacasa.
«Questa nuovo personalismo liberale non si basa più su una fondazione ontologica
del concetto di
persona come creatura di Dio, che dividerebbe credenti e non credenti, ma
sulla teoria morale di
Kant secondo la quale le persone nascono libere ed eguali. – spiega
Mordacci – L’importante è non
confondere questa posizione con quella di certi libertaristi secondo i quali la
libertà è priva di leggi
interne».
Dal punto di vista speculativo il solco rispetto al tomismo ortodosso che si
insegna in Cattolica è
sempre più profondo.
«Oggi là l’impronta tomista si avverte molto più forte che in passato: è venuta
meno la componente
bontadinana che combinava San Tommaso con la fenomenologia di Husserl e ne è
rimasta solo una
certa interpretazione che risale alla Scolastica del ‘600».
Un altro ex illustre cervello della Cattolica, Giovanni Reale, oggi al San
Raffaele, ha preso
pubblicamente le distanze dalla posizione della Cei sul caso Englaro. Un caso,
anche politico, che
ha gonfiato l’onda del nuovo dissenso cattolico e che ha convinto anche un
conservatore come
Possenti a prendere in mano carta e penna.
«La gerarchia ecclesiastica si è troppo politicizzata, in parte anche
involontariamente, ma di fatto ha
passato il segno e si è schiacciata sulla destra. – spiega Vigna – Di
qui la rivolta dei cattolici più
colti, quelli che possono parlare sui giornali e farsi sentire. Il rapporto
personale con i colleghi che
insegnano in Cattolica è buono ma molti di loro hanno più difficoltà a parlare
liberamente, a venire
fuori, anche per ragioni “istituzionali”. Ormai là comandano Opus Dei e
Comunione e liberazione».
«Sui temi della bioetica c’è paura di esporsi in pubblico, – aggiunge Mordacci –
i cattolici non
allineati preferiscono non esporsi, non per banali ragioni di carriera
accademica, ma perché rischia
di essere messa in dubbio la loro appartenenza alla famiglia cattolica».
In effetti sorprese la violenza di certe reazioni all’articolo di Possenti, il
quale si limitava a ricordare
che «il principio della indisponibilità della vita sul piano razionale non è
fondato ma al limite
giustificabile per fede, e che quindi non possiamo considerarlo valido per
tutti». Ma per Mordacci il
punto è proprio questo. «Certe posizioni della Cei in fondo cavalcano
un’ondata di reazione alla
modernità alla quale oppongono il principio di autorità, in questo senso
spalleggiati dal nichilismo
di certe posizioni puramente libertarie». Sarebbe sbagliato
sottovalutarne la portata. «Non
rappresentano un segnale di debolezza, anzi sono in sintonia con un certo
spirito del tempo e alla
fine hanno anche trovato una sponda politica in parlamento».
Giovanni Cocconi in Europa del 26 febbraio 2009