BENEDETTO XVI  E  L’ANTISEMITISMO

Sui “rapporti complessi e dolorosi” tra ebrei e cristiani da Sant’Ambrogio alla visita di papa Ratzinger alla sinagoga di Colonia

 

La visita di Benedetto XVI del 19 agosto alla Sinagoga di Colonia è stato senz’altro il fatto più importante e significativo in quel panorama un po’ scontato “dell’apparire” di cui si nutrono le adunate delle Giornate Mondiali della Gioventù cattolica ideate da Giovanni Paolo II.

L’ingresso del papa tedesco nel tempio ebraico e la stretta di mano al rabbino capo Netanel Teitelbaum rimarranno nella Storia. Per analogia, l’evento, ci riporta alla memoria Wojtyla, quando che 1986 varcò la soglia della Sinagoga di Roma. A distanza di vent’anni dalla Dichiarazione conciliare Nostra Aetate di papa Roncalli del 1965, che aveva rimosso almeno parzialmente la strumentale accusa di popolo deicida (“quanto è stato commesso durante la passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo”), con cui il mondo cristiano aveva alimentato e giustificato nei secoli il proprio antisemitismo, un papa rendeva pubblico omaggio agli ebrei. Il gesto di Wojtyla era eloquente. Non aveva bisogno di mediazioni ed interpretazioni testuali dentro e fuori la Chiesa! Dopo secoli di antisemitismo cristiano, dopo le leggi razziali fasciste e quelle naziste, dopo lo sterminio di milioni di ebrei e i silenzi di Pio XII davanti a quello scempio, un papa tentava finalmente agli occhi delle masse di lenire le ferite. Avviava una riconciliazione. Altri gesti simbolici sono seguiti da parte del papa polacco (si pensi alla visita a Gerusalemme o alle richieste di perdono, seppure con centomila distinguo tra Chiesa infallibile e colpe dei cattolici). Ma l’immagine dell’abbraccio tra il rabbino Toaff e Wojtyla nella Sinagoga di Roma in quel 13 aprile del 1986 era stato il segnale di una svolta. La parola fine alle secolari posizioni antisemite della Chiesa era tutta in quel gesto.

Sì, perché, le responsabilità della Chiesa nell’alimentare e propagare l’antisemitismo vengono da lontano ed hanno tristemente segnato la Storia con gli incendi delle sinagoghe, i roghi dei testi sacri dell’ebraismo, ma anche degli stessi ebrei. Ed è una storia fatta di accuse arazionali e paradossali: dall’ebreo deicida, all’ebreo che mangia i bambini; dall’ebreo che propaga la peste, all’ebreo usuraio responsabile di tutte le ingiustizie sociali, …fino all’ebreo che complotta per il possesso del mondo. Il ghetto, il segno, il rogo purificatore non sono stati un’invenzione di Hitler, come ancora alcuni preferiscono credere, ma sono stati teorizzati, realizzati, addirittura esaltati da eminenti uomini di Chiesa. E fin dalle origini della Chiesa. Due esempi esplicativi: è il santo vescovo di Milano Ambrogio ad aver inaugurato i pogrom contro gli ebrei, quando nel 388 aveva incitato i cristiani ad incendiare la sinagoga di Kallinikon (oggi Raqqa) sull’Eufrate; è sant’Agostino, che tanta importanza ha avuto nella strutturazione dell’ideologia cristiana, a definire gli ebrei peccatori, assassini, immondizia rimestata.

Spiace, allora, che nella Sinagoga di Colonia, Benedetto XVI, il 19 agosto ultimo scorso, mentre condannava con forza l’antisemitismo, abbia glissato proprio sulle colpe della sua Chiesa nell’averlo teorizzato e fomentato. Ratzinger si è limitato a parlare di rapporti complessi e dolorosi tra ebrei e cristiani: “La storia dei rapporti tra comunità ebraica e comunità cristiana è complessa e spesso dolorosa. Ci sono stati periodi di buona convivenza, ma c’è stata anche la cacciata degli ebrei da Colonia nell’anno 1424”. Questo ha detto Ratzinger. Come se le espulsioni degli ebrei fossero un fatto accidentale e non giustificato e reiterato dai concili ecclesiastici. Come se le relazioni tra ebrei e cristiani fossero state sempre paritetiche. Come se si trattasse di incomprensioni e colpe reciproche. Come se lo scempio e il dolore pagato dagli ebrei sulla propria carne non fosse stato inflitto anche dal fanatismo cristiano. Forse, quando ha parlato di Shoah, Benedetto XVI avrebbe dovuto chiedersi: -ma senza secoli e secoli di antisemitismo cristiano quello sterminio sarebbe stato pensabile-? Ratzinger ha invece ribadito la tesi ufficiale della Chiesa, per la quale il nazismo è criminale non in quanto tale, ma perché ateo: “non si riconosceva più la santità di Dio, e per questo si calpestava anche la sacralità della vita umana”. Un’affermazione assai pericolosa, questa del papa, perché a volerne trarre le conseguenze si potrebbe intendere che solo chi crede in Dio rispetta la vita, dimenticando che le peggiori carneficine si sono compiute, nel passato e nel presente, proprio in nome di Dio. Per rimanere nell’ambito della Shoah, a cui Benedetto XVI ha fatto particolare riferimento, non bisognerebbe forse allora ricordare che nella Croazia fascista "preti, monaci e religiosi cattolici tenevano in una mano il pugnale ustascia e nell'altra i messali e i rosari” come scriveva l'8 febbraio 1942 un cattolico croato dissidente, Prvoslav Grizogono? E gli stessi nazisti col motto Good mit und non dicevano forse di avere Dio dalla loro?

Possiamo oggi ancora essere tanto ingenui da credere davvero che la formazione cristiana dei nazisti e dei fascisti non abbia davvero niente a che fare con quel clima di razzismo e di odio antiebraico culminato nella Shoah? E poi, non ha forse la Chiesa salutato Mussolini ed Hitler come uomini della Provvidenza? Non ha forse firmato con quei regimi totalitari i Concordati? E non fu forse la Conferenza episcopale tedesca a lanciare un appello il 29 marzo del 1933 con cui si plaudiva ad Hitler “per aver dato pubbliche e solenni dichiarazioni che riconoscono l’inviolabilità degli insegnamenti della fede cattolica e gli immutabili compiti della Chiesa”? Si può davvero credere che il nazismo sia semplicisticamente prodotto di un neopaganesimo, come ha detto Ratzinger a Colonia?

Per onestà intellettuale, forse, è bene tener presente che il paganesimo (quello vero) che la Chiesa ha perseguitato oppure inglobato nei suoi rituali (si pensi solo all’Ostensorio: non è forse il residuo palese del pagano culto del sole?) ha sempre dimostrato tolleranza verso le diverse religioni. A Roma gli ebrei vivevano tranquillamente come tutti gli altri cittadini dell’Impero. Roma era la loro casa. E a Roma, è interessante ricordare, che non era imposta agli ebrei nessuna pratica in contrasto con le loro credenze. I battesimi coatti e i rapimenti dei bambini sarebbero arrivati col cattolicesimo e durati nel tempo: il caso di Edgardo Mortara, ne è la più famosa testimonianza nel secolo XIX, ma ci hanno lasciati basiti le Istruzioni di Pio XII che dopo la shoah invitavano a non restituire i bambini ebrei alle loro famiglie d’origine se nel frattempo qualcuno li avesse battezzati. Nel pagano impero romano tutti avevano diritto di cittadinanza senza discriminazioni di sorta. E poi, non fu forse il pagano Caracalla con il suo Editto del 212 a rafforzare il principio del “civis romanus sum”? E non fu invece l’imperatore cristiano Teodosio col suo Editto del 380, a fare del cattolicesimo la religione di Stato, perseguitando sistematicamente e legalmente diversità e dissenso quando sbabiliva: “…si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno stolti eretici, né le loro riunioni potranno essere considerate vere chiese; essi incorreranno nei castighi divini ed anche in quelle punizioni che noi riterremo di infliggere loro”? Eccola la legale radice cristiana dei massacri nel fanatismo della Croce.

Il fatto che papa Ratzinger abbia ribadito la volontà di migliorare i rapporti col mondo ebraico: “Voglio confermare anche in questa circostanza che intendo continuare il cammino verso il miglioramento dei rapporti e dell’amicizia con il popolo ebraico, in cui Papa Giovanni Paolo II ha fatto passi decisivi” è senza dubbio positivo. Ma è inevitabile chiedersi: -Se queste dichiarazioni hanno ancora tutto il carattere dell’EVENTO, quanto poco ha fatto la Chiesa in tal senso, almeno dal secondo dopoguerra ad oggi?-

Benedetto XVI ha parlato di dialogo nella Sinagoga di Colonia, ma come conciliare questo con la visione ecclesiale della superiorità del cattolicesimo su tutte le altre religioni della sua Dominus Jesus? Se la ricerca è sempre nell’alveo della Verità cattolica, come va ripetendo anche al milione di giovani radunati a Colonia, non possiamo che costatare che nella Chiesa i cambiamenti sono di là da venire.

Netanel, rabbino capo di Colonia, dal canto suo, ha ascoltato con grande fiducia Benedetto XVI: "La Vostra visita - ha detto il rabbino di Colonia - è un segno contro il nuovo antisemitismo e dimostra che i rapporti tra ebraismo e cristianesimo si stanno rinnovando". Ma al "mysterium iniquitatis” (imperscrutabilità del male - ndr.) del nazismo cui ha parlato Ratzinger, definendolo anche "folle ideologia razzista di matrice neopagana", Teitelbaum sembrerebbe preferire l’analisi storica chiara e schietta: il Vaticano renda finalmente pubblico il suo materiale documentario sulla II guerra mondiale. Insomma si forniscano le carte su Pio XII. Papa avvisato dialogo salvato.

 

Maria Mantello (*)   dal sito  www.italialalaica.it