Benedetto XVI, un papa nostalgico di una Chiesa che non ha futuro

Il pontefice vuole riaffermare l'idea di chiesa come istituzione gerarchica costruita intorno ai pochi depositari del potere consacrato Il Vaticano è cosciente di aver perso la battaglia contro la Teologia della liberazione. Essa è viva ed è forte in Brasile e in molte parti del mondo

Leonardo Boff

teologo brasiliano della Liberazione

 

Come vede il pontificato di Benedetto XVI?
Questo pontificato non ha mostrato finora alcun tratto distintivo che lo differenzi da quello di Giovanni Paolo II. Si ha la chiara sensazione che Benedetto XVI si senta un papa di transizione. Per questo ha lo stesso progetto di chiesa che lui stesso, come principale consigliere di Giovanni Paolo II, ha contribuito a formulare. Questo progetto è: un grande processo di restaurazione della chiesa nei parametri tradizionali, ciò che implica l'abbandono o la reinterpretazione delle novità introdotte dal Concilio Vaticano II. La strategia di Giovanni Paolo II e dell'attuale papa è costruire una chiesa chiusa su se stessa, distanziata dal mondo in cui vede prima di tutto rischi di relativismo, di materialismo e di modernismo. In questo modo si abbandona coscientemente il concetto di chiesa-popolo di Dio e si riafferma la chiesa come istituzione gerarchica costruita intorno ai pochi depositari del potere consacrato che sono i preti, i vescovi e il papa. In una parola direi che il papa attuale più che un conservatore è un nostalgico di un tipo di chiesa ostaggio del passato e con poche chanches per il futuro.

Qual è il senso della visita del papa in Brasile?
L'assemblea generale dei vescovi latino-americani (Celam), che si tiene ogni dieci anni, era programmata a Quito, in Ecuador. Ma il papa consapevole del fatto che nell'ultimo ventennio la chiesa cattolica ha perso l''1% dei fedeli ogni anno verso le chiese evangeliche, ha deciso di fare l'incontro in Brasile e di venire personalmente ad aprirlo. I dati sono significativi: nel 1950 il 93.7% dei brasiliani erano cattolici e 50 anni dopo, nel 2000, erano il 73.8% e oggi sono ancora meno. 125 milioni su 185 milioni di abitanti. Probabilmente il suo obiettivo è di rafforzare la chiesa come istituzione, i preti e i vescovi perché frenino questo dissanguamento. Forse il papa cadrà nell'equivoco di cercare capri espiatori, che sono poi quelli classici: l'enfasi eccessiva che la Congerenza episcopale brasiliana pone nelle questioni sociali, i teologi della liberazione che parlano più di politica che di spiritualità, e via discorrendo. Quest'operazione non aiuta per nulla la chiesa, che dovrebbe fare un minimo di autocritica. La verità è che la chiesa vive una crisi istituzionale disastrosa, di cui non parla quasi mai poiché toccherebbe una ferita aperta da lei stessa.

Molti pensano che il papa ripeterà la condanna della Teologia della liberazione e il segnale sarebbe il castigo imposto al padre Jon Sobrino...
Non credo. Credo che invece che il Vaticano sia cosciente di aver perso la battaglia contro la Teologia della liberazione. Essa è viva ed è forte in Brasile e in molte parti del mondo, al contrario di quanto afferma il disinformato arcivescovo di San Paolo, dom Odilio Scherer. Ovunque si può constatare come questa teologia sia radicata nelle chiese che si confrontano con i problemo della povertà e della ingiustizia sociale. Non fare propria questa missione significa essere cinici e distanziarsi dall'eredità di Gesù che non è morto vecchio nel suo letto ma giovane e sulla croce per effetto che la sua pratica aveva provocato.

E' ancora il marxismo il pomo della discordia fra Roma e la Teologia della liberazione?
La Teologia della liberazione non ha mai avuto Marx fra i suoi padri o padrini. Le posizioni dottrinarie del Vaticano, ai tempi del cardinale Ratzinger, hanno fatto proprie la versione calunniosa delle nostre élites conservatrici e anti-marxiste e di alcuni vescovi latino-americani che videro nell'opposizione frontale alla Teologia della liberazione un modo di fare carriera dentro la chiesa. Penso in particolare ai due vescovi colombiani Alfonso Lopez Trujillo e Dario Castrillon Hoyos , che per questo furono presto fatti cardinali. Non ho mai visto alcun teologo della liberazione iscriversi al partito comunista.

Com' è oggi la Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), un tempo considerata molto progressista: è diventata conservatrice?
Per Roma, di fatto, l'unico vescovo è il papa e gli altri vescovi scompaiono nella sua ombra. E i profeti sono stati messi a tacere o sono morti. Questa politica ha colpito anche la Cnbb che ha perso molto del suo slancio. Ma che conserva ancora una riserva di progressismo, specie nelle questioni sociali come si vede dalle pastorali per per la terra, la casa, la salute e per la postorali degli indigeni, dei neri e delle donne marginalizzate. La Cnbb ha le orecchie troppo rivolte verso Roma e meno verso il popolo crocifisso, ma non sono mai mancati vescovi progressisti e legati alla liberazione.

Come vede l'avanzata delle chiese evangeliche in Brasile?
Non lo considero una tragedia. Nessuno può pretendere di essere il solo e unico erede legittimo di Gesù. La chiesa cattolica avanza una pretesa fondamentalista di esserlo. Ma è una illusione. Il fatto è che le chiese evangeliche popolari attendono i settori più marginalizzati della popolazione, quelli a cui nessuno dà valore e che sono considerati degli zeri economici. Queste chiese hanno scoperto un linguaggio, che possiamo criticare e discutere, per parlare nel profondo a queste persone, per ridare loro l'auto-stima e il senso di appartenenza. Mi piacerebbe che introducessero anche i temi del lavoro comunitario, della dignità umana e dei diritti di cittadinanza. Sono ancora molto «miracoliste» e troppo annunciatrici del vangelo della prosperità per i derelitti.

Che si aspetta dalla Conferenza dei vescovi latino-americani?
Non molto. Anche perché non c'è molto da inventare per la chiesa in America latina. L'importante sarebbe la riconferma delle conquiste fatte dai vescovi nelle assemblee di Medellin, Puebla e Santo Domingo. Dove si identificò sempre la causa principale, anche se non esclusiva, della nostra miseria nel sistema economico, politico e culturale installato fin dai tempi della colonia e che per dirla con chiarezza si chiama capitalismo nella sua versione odierna di neo-liberismo. Spero che quella lucidità di giudizio si mantenga.

 

 

Il  manifesto 8/5/2007