BENEDETTO XVI, UN DISCORSO ESCLUDENTE SULLA FAMIGLIA

L'impatto della tragedia della metro di Valencia, che è costato la vita a 42 persone, si è fatto sentire in maniera rilevante durante la visita di papa Benedetto XVI, riducendo la chiara intenzionalità politica con cui questa era stata programmata. Con tutto ciò si è registrata una serie di disfunzioni su cui intendo riflettere.
La prima è la doppia funzione che il papa esercita e la conseguente ambiguità che incarna. Da una parte, è il capo di Stato della piccola ma influente Città del Vaticano, le cui relazioni con i governanti sono relazioni di potere. Dall'altra, si presenta come leader religioso dei cattolici con un messaggio che molti gruppi all'interno della Chiesa non condividono, come rivelato dalla campagna "Yo no te espero" ("Io non ti aspetto"), a cui hanno partecipato numerosi gruppi cristiani. Per quanto le due funzioni siano state unite per molti secoli, sono difficilmente difendibili teologicamente e incompatibili evangelicamente. E nei viaggi papali si tende a confonderle.
La seconda disfunzione è data dal carattere spettacolare e di massa che si è dato alla visita. Risponde alla strategia degli organizzatori, che intendevano mostrare la forza della Chiesa cattolica per contrastare la crisi profonda che sta attraversando nel nostro Paese, e offrire un'immagine di unità attorno alla figura del papa di fronte alle sempre più profonde tensioni interne nella comunità cattolica, anche tra i vescovi. Questa è anche la strategia dei nuovi movimenti ecclesiali (Opus Dei, comunità neocatecumenali, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione, Focolarini, ecc.), che convocano i propri membri ad assistere massicciamente a questi raduni, anche senza i risultati attesi in questo viaggio. Negli eventi che riuniscono moltitudini non è facile vivere un'esperienza religiosa in profondità né è possibile ascoltare la voce di Dio e meno ancora il grido dei poveri, messo a tacere dagli "evviva" e dalle acclamazioni della gente. È altro, a mio giudizio, il cammino da seguire: favorire la creazione di comunità fraterne ed ugualitarie, presenti nei luoghi dell'emarginazione e impegnate nella liberazione degli esclusi, con responsabilità condivise e senza culto della personalità.
Fin dal principio gli organizzatori hanno voluto dare alla visita del papa un carattere di scontro politico con il governo spagnolo e di appoggio religioso ai settori politici conservatori. La visita è stata programmata come una specie di messa in scena della contrapposizione messa in atto dal Vaticano e dalla gerarchia ecclesiastica spagnola nei confronti dell'Esecutivo e del Legislativo da quando essi hanno iniziato ad operare, poco più di due anni fa. Come sta a dimostrare il fatto che la preparazione dell'Incontro è stata curata da alcuni dei settori più belligeranti del Vaticano come il cardinal Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, l'Opus Dei e il Partito Popolare valenciano. Si intendeva rinverdire la triplice alleanza PP-Opus Dei-Conferenza episcopale e identificare il cristianesimo con il conservatorismo.
Il papa, però, non è caduto nella trappola dello scontro. I suoi incontri con i dirigenti politici si sono svolti in un clima di rispetto. I suoi discorsi si sono mossi sul terreno dottrinale più ortodosso, ma senza gli atteggiamenti grossolani a cui ci hanno abituato i dirigenti ecclesiastici spagnoli e alcuni dei cardinali del Vaticano, come il già citato López Trujillo e il cardinale spagnolo Julián Herranz. Sullo scontro ha prevalso l'offerta di collaborazione. Falliva così, almeno durante la visita, la strategia dei vescovi spagnoli che andavano suriscaldando l'ambiente con messaggi catastrofisti e antidemocratici, come quello del presidente della Conferenza episcopale, mons. Blázquez, che ha definito la società spagnola "spenta, moribonda", e quello del suo vicepresidente Cañizares, che ha esortato a disobbedire alle "leggi ingiuste" approvate dal Parlamento.
Speriamo che i vescovi apprendano la lezione e che Benedetto XVI cambi l'orientamento delle nomine episcopali e curiali. Con vescovi spagnoli come quelli che ha nominato durante i suoi 15 mesi di pontificato, inclusa la nomina cardinalizia dell'arcivescovo di Toledo Cañizares, con cardinali come López Trujillo alla guida del Pontificio Consiglio per la Famiglia e con i nuovi incarichi in posti chiave della Curia come quelli della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Segreteria di Stato, il discorso sarà lo stesso o ancora più dogmatico e integralista.
L'idea centrale trasmessa dal papa durante la sua visita in maniera reiterata, monocorde e senza argomentazione è stata quella della famiglia basata sul matrimonio indissolubile tra l'uomo e la donna, come uno dei maggiori servizi che si possano prestare al bene comune e all'autentico sviluppo dell'"uomo" (linguaggio non inclusivo) e delle società. È stato per questo modello di famiglia che egli ha chiesto appoggio e aiuto ai poteri pubblici, dal momento che, a suo giudizio, si tratta dell'unico valido e del più conforme allo spirito cristiano. Io credo, piuttosto, che tale modello è una costruzione ideologica al servizio del patriarcato e della discriminazione di genere e che non appartiene al nucleo fondamentale del cristianesimo, il cui fondamento è la comunità egualitaria di uomini e donne, e non la famiglia.
La visione del papa e dei vescovi esclude altre forme di famiglia, come quella monoparentale, le unioni omosessuali, le coppie di fatto, riconosciute dalle leggi spagnole, e con la stessa legittimità della famiglia tradizionale. Questa visione escludente si inscrive nella tendenza a negare il pluralismo e ad accusare di relativismo i modelli e le forme di vita che non coincidono con i propri. Come può essere imposto un unico modello di famiglia in mezzo al pluralismo culturale e associativo che ha sempre caratterizzato l'umanità? Anche all'interno del cristianesimo si vive una pluralità di modelli familiari e un ampio pluralismo ideologico attorno al tema.
Contrariamente a quanto pensano alcuni settori politici e religiosi, le leggi recenti approvate sul matrimonio dal Parlamento spagnolo, sede della sovranità popolare, non attentano alla famiglia; tutto al contrario, l'appoggiano e la rafforzano. Quello che fanno è ampliare l'orizzonte dei diritti umani, difendere la libertà e l'uguaglianza ed eliminare gli ostacoli che obbligavano alcune persone a vivere nella clandestinità e con vergogna.


Juan José Tamayo     Adista Notizie n.55   2006

direttore della Cattedra di Teologia e Scienze delle Religioni, dell'Università Carlos III di Madrid, e autore del Nuovo Dizionario di Teologia (Trotta, Madrid, 2005)