Il battesimo della lobby vaticana


Santa sede. Dall'Azione cattolica alle Acli. Dai Focolarini alla Comunità di Sant'Egidio. E' nata ''Rete in Opera'', per mettere in pratica tutte le indicazioni politiche del cardinale Ruini
 


Il "partito di Dio", lo chiama con una sintesi efficace il vaticanista di "Repubblica" Marco Politi. Il laicato cattolico conservatore, con la benedizione di Ruini e del Papa stesso, rilancia la sua sfida alla politica e alla società italiana, risponde indirettamente alle critiche su un "silenzio" del laico, oppresso dal peso mastodontico della gerarchia curiale, e si associa, di fatto, in un'unica, influente, tentacolare entità politica.
E' un fenomeno nato da pochi anni, ed esploso nel 2005, l'anno del referendum, l'anno in cui sono cadute le barriere e gli indugi. C'è anzitutto il coordinamento "Rete in Opera", nato all'inizio di quest'anno, che comprende l'Acli, la Compagnia delle Opere, l'Azione Cattolica, i Focolarini, Sant'Egidio, settori della Cisl, della Coldiretti, e via dicendo. Sotto l'eloquente slogan di "prendiamo il largo", titolo del manifesto costitutivo, la Rete si presenta come "un laboratorio di riflessione e formazione, di convergenza attorno a specifici progetti ed obiettivi, di ricerca di posizioni comuni relativamente a questioni pubbliche di grande rilevanza e di promozione di conseguenti iniziative dell'associazionismo cattolico" (art. 3 dello Statuto). In pratica, un grande "Think tank", e insieme movimento di pressione (una lobby, direbbero senza pruderie gli americani), e poi un utile strumento per dettare la linea da seguire alle centinaia di migliaia di iscritti laici delle diverse associazioni che aderiscono.
Nei suoi documenti, abbondano le riflessioni sulla democrazia: citazioni di Maritain, il primo teologo che tentò di coniugare democrazia e cattolicesimo, ma anche distinguo: con la sola forza dei numeri, si chiede in uno dei seminari preparatori Padre Francesco Compagnoni, Rettore della Pontificia Università S. Tommaso, si possono accettare anche il matrimonio gay? O la ricerca sulle cellule staminali? Occorre, sottolinea il prelato, dare indicazioni ai fedeli su questi temi "perché anche i cristiani - eccome - assorbono i trends sociali relativisti, e quindi nel dialogo non sanno orientarsi fino in fondo". Un'ideologia ambigua, confermata in qualche modo dalla compresenza nella Rete di associazioni giudicate "conservatrici" (come l'Azione Cattolica) e altre ritenute "progressiste" (basti pensare a Sant'Egidio). Democrazia sì, in pratica, ma cedimento sui valori no. Al punto di lanciarsi, a mo' di falange armata dell'episcopato italiano, in battaglie politiche senza esclusione di colpi, in grado di sfruttare tutti i trucchi del parlamentarismo più vetusto, a partire dall'astensione.
Per questo il 7 dicembre scorso Ruini ha rimesso in piedi la sua creatura prediletta, quella "Scienza e Vita" che aveva contribuito, con i 300 comitati messi in piedi i tutta Italia, alla vittoria nel referendum sulla fecondazione assistita (ottenuta, come tutti sanno, grazie all'astensione). Si era sciolto dopo quella vittoria, ora ritorna più bellicoso che mai: nello Statuto si legge che l'obiettivo principale è "promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia". In pratica, l'agenda politica è già scritta: volontari nei consultori, monitoraggio sulla legge 40, battaglia senza quartiere alla pillola ru480, all'eutanasia, alla ricerca con le staminali. Con la compiacenza di una classe politica di destra quasi tutta aggrappata come un naufrago alla scialuppa vaticana, ultima speranza prima del prevedibile uragano di aprile. "Rete in Opera" e "Scienza e Vita": il nuovo "vento di sintonia cooperativa" che soffia sul laicato cattolico, come lo ha definito il presidente di Azione Cattolica Luigi Alici durante la presentazione di una mostra (ironia della sorte) sul Concilio, soffia più forte che mai, per indicare la via, i principi cardine da cui è impossibile discostarsi.
Il prossimo gennaio a Napoli Rete in Opera presenterà il suo programma, un'"Agenda sociale" stilata da tutte le associazioni aderenti. Ma dietro a queste grandi manovre si cela una verità anche amara per il mondo del laicato cattolico: questa sbandierata autonomia è pura finzione. Non c'è un solo punto all'ordine del giorno del "Partito di Dio" che non sia indicato dal Vaticano, non sia avallato dalla gerarchia ecclesiastica, e non costituisca precisamente l'obiettivo strategico della Chiesa di Roma. Il grande movimento laicale sorto durante e dopo il Concilio, soprattutto a Firenze, a Bologna, a Venezia, non aveva niente a che vedere con la situazione attuale. Si confrontava apertamente, promuoveva seminari sul Vangelo, sull'applicabilità della Parola nel mondo di oggi, sulle istanze sociali, culturali, anche sessuali, del XX secolo. Oggi, nel XXI, non c'è più traccia di tutto questo. La scuola di studi storici di Bologna, nata proprio per perpetuare e divulgare gli insegnamenti conciliari, è stata completamente emarginata, e la monumentale "Storia del Concilio" promossa dal suo fondatore Giuseppe Alberigo dichiarata superata e antiquata da Ruini stesso, che ha favorito una versione storica più compiacente (e certamente più riduttiva rispetto allo scontro che divampò tra la vecchia chiesa tridentina e le nuove istanze roncalliane e montiniane, che ebbero la meglio) di quell'evento decisivo e dimenticato. Perché "quei" laici, quarant'anni fa, sostenevano con forza che il Cristianesimo non è una dottrina, ma una fede. Non una battaglia politica, ma una testimonianza anzitutto personale. E la Chiesa, la comunità degli uguali che mangiano insieme e si lavano i piedi a vicenda, non poteva certo essere una monarchia.
Ma oggi è il tempo del nuovo laicato, quello integrista, moralizzatore, obbediente. Più Fazio che La Pira. E certo più utile a questa gerarchia vaticana di milioni di preti coraggiosi.

 

Paolo Giorgi       AprileOnLine n.70   del 16/12/2005