Anche il silenzio rende complici

Visto che non mi sovviene nessun termine degno di figurare in questa galleria degli errori-orrori, ho
pensato di rimediare ricorrendo a una facezia, o proverbio che dir si voglia, in uso dalle mie parti e
che così recita: «Piove a dir-otto, proviamo a dir nove e a vedere se smette».
Il proverbio era particolarmente adatto perché, in quel momento proprio pioveva. A questo punto ho
pensato di metterlo alla prova. Ho tentato a dir nove, ma non ha funzionato e la pioggia ha seguitato
a cadere. Allora ho provato a dire dieci, undici, dodici. Niente.
A questo punto mi sono stufata ed ho piantato lì: che seguitasse a piovere col numero che voleva.
Io, io, io
Dice Berlusconi: Maroni fa quello che dico io e, riferendosi agli accordi stabiliti con la Libia in
ordine agli immigrati, prosegue: «Li ho gestiti io, li ho sottoscritti io» e la reiterazione di quel
presuntuoso ed arrogante «io» la dice lunga sulla psicologia del cavaliere.
La nobile gara
Desumo dal manifesto: «Contano più i malumori, le paure e i rancori dell'ultimo bar della Bassa
delle denunce del segretario generale delle Nazioni unite» e ancora «si accomodi, possiamo fornire
una lista dei principali think e tank della politica estera governativa. I peggiori bar della Bassa, anzi
le osterie, che è autarchico».
Bar infatti è un nuovo esotismo, osteria è più antico e vanta una nobile radice latina.
«Chi l'ha visto?»
Le donne senza permesso di soggiorno che partoriscono in Italia non possono iscrivere il proprio
figlio all'anagrafe. Così ha stupidamente stabilito la Camera. Questi poveri figli sono una sorta di
bambini invisibili. Da segnalare alla Federica Sciarelli che la sua trasmissione è «Chi l'ha visto?».
Indignazione
Famiglia Cristiana (il noto settimanale paolino) e don Luigi Ciotti (l'altrettanto noto fondatore di
Libera e del gruppo Abele) sono concordi, e chissà quanti altri con loro, nel deplorare e condannare
la politica governativa nei confronti degli immigrati.
Respingerli, ricorda Don Ciotti, «è contro la dichiarazione universale dei diritti umani». Ed ha così
proseguito: «Bisogna avere il coraggio della denuncia, non ci si può permettere di stare in silenzio:
anche il silenzio rende complici

Adriana Zarri       il manifesto 15 maggio 2009

 

 


«Medici e presidi obbligo di denuncia»
Il penalista: sono pubblici ufficiali e dunque tenuti a segnalare i clandestini. La norma è palesemente incostituzionale e dovrà essere abolita prima che sia tardi
Intervista a Guido Calvi di Massimo Solani

Le sigle sindacali dei medici, come anche quelle degli insegnanti, non credono alle rassicurazioni e alle alzate di spalle del ministro dell’Interno Maroni. Per loro la situazione è chiara: entrato in vigore il nuovo reato di clandestinità saranno obbligati a denunciare gli extracomunitari irregolari. Una analisi che è condivisa anche da Guido Calvi, penalista ed ex senatore diessino.
Presidi, insegnanti e medici ospedalieri temono di essere costretti a fare la spia. Cosa ne pensa?
«Che sono preoccupazioni fondate, codice penale alla mano. Prendiamo l’articolo 361 che recita: “il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516”. L’articolo 362 prevede la stessa cosa per “l’incaricato di pubblico servizio”».
E presidi e medici sono pubblici ufficiali?
«Certamente. Nell’esercizio delle proprie funzioni sono pubblici ufficiali. Non ci piove. Facciamo l’esempio di un medico ospedaliero: se è in servizio e accerta che il papà di un bambino è un clandestino è obbligato a farne denuncia, altrimenti commette una omissione penalmente rilevante. Anche se, secondo la mia opinione, si tratterebbe dell’omessa denuncia di un reato che non è configurabile».
Che cosa intende?
«Il reato di immigrazione clandestina può essere un reato costituzionalmente corretto? Per quanto mi riguarda, e per l’opinione piuttosto diffusa, non è così. Mi spiego: credo che la clandestinità sia un reato non configurabile in quanto attiene allo status e non ad una condotta. In questo caso non ci sono condotte penalmente rilevanti, perché non c’è qualcuno che compie un’azione vietata. È come se si dicesse se tu sei donna, se tu sei più alto di 2 metri o se sei una persona di colore commetti un reato e quindi sei imputabile ed io, in quanto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ho l’obbligo di denunciarti. Ma trattandosi di uno status, quello di immigrato, a mio avviso il reato non è configurabile e pertanto è incostituzionale. Quindi se il reato non può sussistere cade anche l’omessa denuncia a carico del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio».
Ma ammettiamo che il decreto sicurezza diventi legge e sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale. A quel punto se la norma, in questo aspetto, è o meno incostituzionale lo deve stabilire la Consulta una volta investita dell’eccezione da un tribunale o da un magistrato. Quindi passeranno mesi nel corso dei quali l’obbligo di denuncia degli immigrati clandestini esiste ed è in vigore. Sbaglio?
«No, affatto. È un rischio ben presente stando a quello che è previsto dal codice penale».

l’Unità 15.5.09
 

 

 



L’immigrazione e il mito del ventre molle

La discussione sulla scelta del governo di respingere le imbarcazioni di immigrati intercettate nel canale di Sicilia ha finora trascurato un dato che dovrebbe indurre a esprimere valutazioni meno affrettate. Nonostante la diffusa tendenza a dipingere il Mediterraneo come il “ventre molle” dell’Europa, il quadro che risulta dai dati disponibili è infatti assai differente. Come ricorda Ferruccio Pastore (uno dei massimi esperti in materia) in un recente rapporto di Italianieuropei e dalla Feps (la Fondazione del Pse), in Italia la quota degli immigrati irregolari provenienti dal mare sul totale dei cosiddetti “clandestini” è appena del 13%, mentre a livello europeo questa percentuale scende addirittura sotto il 10%. Anche nel nostro Paese dunque, come nel resto dell’Ue, gli immigrati irregolari sono in larghissima parte persone entrate con un regolare visto e poi trattenutesi dopo la sua scadenza (nel 2006 il 64% del totale), mentre la frontiera di gran lunga più permeabile dell'Europa è quella orientale e non il Mediterraneo.
Siamo quindi di fronte a un vero e proprio mito, alimentato artificiosamente (non solo in Italia ma in tutt’Europa) da gran parte dei media, e sul quale si innestano l’allarmismo e la retorica del centrodestra. Un mito che favorisce la diffusione nell’opinione pubblica di una visione impropria dell’immigrazione irregolare delle sue rotte, e che è strettamente collegato a un atteggiamento asimmetrico dell’Europa verso i suoi due principali confini. Il poderoso investimento economico e politico che in questi anni ha portato ad erigere un vero e proprio “muro” nei confronti del continente africano (che si è tradotto anche nel drammatico aumento del numero dei morti nel canale di Sicilia: dai 200 nel 2004 ai 642 nel 2008, fino ai 339 nei primi 4 mesi del 2009) è infatti innanzitutto il riflesso della scelta europea di privilegiare la direttrice orientale rispetto a quella mediterranea. Per questo, la decisione del governo di contravvenire al diritto internazionale in materia di asilo e alla regola del “più vicino porto sicuro” va contrastata non solo perché è illegittima ed esprime una concezione inaccettabile e assai poco liberale dei diritti individuali (che per Berlusconi sarebbero sacrificabili in nome del fatto che “statisticamente” nelle navi respinte coloro i quali possono chiedere asilo sono solo una minoranza). Ma anche perché essa è il frutto di un'idea di Europa miope e subalterna, che non comprende come la costruzione di una vera partnership euro-mediterranea, fondata sul dialogo e sull’apertura e non sull’erezione di barriere politiche e culturali, sia essenziale per il futuro del nostro continente e per gli interessi dell’Italia.

Roberto Gualtier      l’Unità 14.5.09

vicedirettore Istituto Gramsci