AL REFERENDUM SULLA
COSTITUZIONE, VOTARE "NO" È UN DOVERE MORALE
In Italia
siamo chiamati ad accogliere o respingere in blocco importanti modifiche alla
Costituzione della Repubblica. È una scelta grave, che richiede conoscenza della
Costituzione e delle molte modifiche da valutare. Purtroppo la grande
maggioranza degli italiani non conosce la Costituzione, e non sa neppure che
cosa sia una Costituzione: e questo vale anche per buon numero dei parlamentari.
Una Costituzione è l'atto con cui uno Stato si costituisce autonomamente di
fronte alla comunità internazionale, ed è la Carta fondamentale che definisce
l'identità di un popolo. Con la Costituzione vengono stabiliti:
- le finalità essenziali e irrinunciabili della convivenza (della Repubblica
Italiana);
- gli strumenti per perseguire tali finalità, e cioè i così detti ‘poteri dello
Stato'.
Le modifiche oggi sottoposte al referendum riguardano la seconda parte: i poteri
dello Stato, che sono sostanzialmente tre.
Il potere legislativo: fare leggi che attuino al meglio le finalità
costituzionali. Esse potranno variare al variare delle diverse situazioni
storiche in cui la Costituzione deve essere attuata: la Costituzione è la legge
per il legislatore, a cui impone direzioni e limiti. Il legislatore è solo il
parlamento.
Il potere esecutivo: fare osservare le leggi, stabilirne i regolamenti attuativi
e costituire le strutture punitive per i violatori, governare la finanza
pubblica con le finalità e i limiti stabiliti dalle leggi. Tale potere spetta al
governo.
Il potere giudiziario: giudicare se le leggi siano state violate, e punire i
trasgressori nei modi stabiliti dalla legge.
Vi è poi, in ogni Stato democratico moderno, una Corte suprema – da noi la Corte
Costituzionale – che deve giudicare inappellabilmente il rispetto delle
direttive e dei limiti imposti dalla Costituzione ai singoli poteri, ed
eventualmente dirimerne le controversie. Nei Paesi, come l'Italia, in cui alcuni
poteri siano esercitati dalle regioni, dovrà dirimere le controversie fra poteri
locali e poteri dello Stato.
Una netta separazione fra i tre poteri è oggi la migliore garanzia perché l'uomo
e il cittadino vedano rispettati i propri diritti stabiliti dalla Costituzione o
da organizzazioni internazionali a cui un Paese abbia aderito (tale limitazione
della sovranità è prevista dalla Costituzione italiana). La garanzia consiste in
questo: nessun potere può essere esercitato senza il consenso o il controllo di
un altro potere: in tal modo nessun uomo o gruppo politico può assumere tutto il
potere. Per evitare situazioni di paralisi reciproca fra i tre poteri, come era
successo fra le due guerre in alcuni Paesi europei, la Costituzione italiana
prevede la figura del Presidente della Repubblica (il Capo dello Stato) come
custode della Costituzione stessa e dell'unità dell'Italia, dandogli specifici
poteri di intervento. E su questo preciso punto il referendum ha particolare e
gravissima importanza.
Sul potere legislativo il Presidente può rifiutare la firma di una legge
approvata dal Parlamento, per motivi di incostituzionalità, e rinviarla alle
Camere con messaggio motivato. Se la legge venisse rivotata senza le modifiche
richieste, la legge è in vigore. Ma il Presidente ha un altro potere: il potere
di sciogliere le Camere, un potere che spetta a lui solo. Ciò può avvenire se
sia impossibile formare un governo che goda della fiducia del Parlamento, o
anche quando venga confermata una legge palesemente anticostituzionale. Il
Presidente non ha un suo potere legislativo, ma ha il potere di rimettere al
giudizio del popolo gravi situazioni conflittuali.
Sul potere esecutivo il Presidente ha il potere di incaricare un nuovo
presidente del Consiglio e di nominare (o rifiutare) i ministri da lui proposti.
Il governo così costituito dovrà poi avere la fiducia del Parlamento: anche in
questo caso non vi è potere esecutivo diretto, ma la scelta viene sottoposta al
giudizio delle Camere.
Sul potere giudiziario il Presidente presiede il Consiglio superiore della
magistratura: non può deciderne le deliberazioni, ma può autorevolmente
consigliare e indirizzare.
Il Presidente è inoltre il capo delle forze armate e presiede il Consiglio
superiore di difesa. Ha il potere di nomina di alcuni membri della Corte
costituzionale e di alcuni senatori a vita.
Riforma come un cavallo di Troia
Le modifiche sottoposte a referendum sono spesso indicate come modifiche al
sistema regionale: questo è vero. Ma è anche vero che in modo meno reclamizzato
la riforma modifica radicalmente alcuni cardini essenziali della Costituzione
riguardanti i poteri dello Stato e le garanzie dei cittadini. Vediamone alcuni
elementi fondamentali.
- Il Presidente della Repubblica non nomina i ministri: li nomina il presidente
del Consiglio, che ora dovrebbe cambiare nome in ‘Primo Ministro'. Modifica
indicatrice di un profondo cambiamento. Salvo casi eccezionali, il Presidente
della Repubblica non ha più il potere di sciogliere le Camere: anche questo
passa al Primo Ministro.
- Il Primo Ministro, in base alle recenti leggi elettorali, è automaticamente
quello indicato dai collegamenti delle liste elettorali. A lui spetta ora il
potere di sciogliere le camere, di nominare e di cambiare i ministri.
Con questi due soli cambiamenti cade la severa separazione dei poteri
legislativo ed esecutivo. Infatti il governo è completamente dominato dal Primo
Ministro, che impone i ministri e li può cacciare quando non siano d'accordo con
lui. Ma il Primo Ministro, con la legge elettorale vigente, è collegato
automaticamente alla maggioranza del potere legislativo. Saranno così ben rari i
casi di sfiducia al governo da parte del Parlamento, e inoltre vi è la clausola
della ‘sfiducia costruttiva', che prevede la costituzione di un nuovo governo
all'interno della stessa maggioranza che ha sfiduciato il precedente. In casi
estremi irrimediabili, il Primo Ministro può sciogliere le camere di sua
insindacabile iniziativa. Legislativo ed esecutivo sono entrambi – salvo casi
veramente eccezionali – nelle mani del Primo Ministro.
Né miglior sorte tocca al potere giudiziario, anche se per via indiretta.
Infatti:
- la rigida separazione fra procuratori e giudici, con promozioni per concorso,
potrebbe aprire la porta in modo indolore a controlli da parte dell'esecutivo.
Si sa come vanno in Italia i concorsi. Il timore di apparire non graditi
all'esecutivo induce spesso una ‘autocensura' nell'animo dei magistrati
aspiranti. Con la riforma prospettata dell'ordina-mento giudiziario, l'intromisione
diretta o velata da parte degli altri poteri è certo da attendersi;
-Nell'ordinamento costituzionale ora vigente, solo 5 membri su 15 sono eletti
dal Parlamento (cioè dalla maggioranza al potere). Con la riforma proposta
sarebbero 7 su 15: sarebbe sufficiente un solo voto fra gli altri 8 per
deliberare. Il rischio di controllo del potere legislativo è grande, proprio là
dove deve esser controllata la costituzionalità di un atto del potere
legislativo stesso.
Il referendum viene presentato come attuazione della devolution, ma al suo
interno, come in un cavallo di Troia, viene introdotto un vero sconvolgimento
dei principii stessi della nostra Costituzione.
La Chiesa non può tirarsi fuori
Quanto alla devolution, accenniamo appena a tre punti che ci sembra sconvolgano
l'intero sistema.
1 - Col Senato federale scompare il sistema bicamerale, salvo casi particolari
di conflitto fra Camera e Senato federale, di soluzione complessa (e confusa), e
con l'ultima parola riservata al Primo Ministro, e cioè al capo dell'esecu-tivo.
L'attuale doppia lettura e votazione di una stessa legge è strumento importante
di democrazia per due motivi. I tempi di passaggio fra le due assemblee
consentono un dibattito pubblico (giornali, tv e altro) importante: spesso le
correzioni fatte nella seconda lettura hanno consentito in passato miglioramenti
notevoli. Ma è anche importante la differenza di età degli elettori: gli
elettori della Camera – 18 anni – hanno cose nuove da dire, ma votano più per
giovanile impulso che per riflessione sul bene del Paese, mentre gli elettori
del Senato – 25 anni – sono già meno aperti alle novità, ma hanno anche maggiore
maturità; e ad essi si aggiungono i senatori a vita scelti per lunga esperienza
e per prestigio internazionale nei vari campi del sapere e del-l'impegno
sociale. La fine del sistema bicamerale è la fine di questa possibilità
dialettica di vita democratica.
2 - Le regioni hanno potestà legislativa esclusiva su assistenza e
organizzazione sanitaria e su organizzazione e programmi scolastici: sanità e
scuola sono due diritti essenziali per ogni cittadino (e per ogni essere umano
qui residente) che devono essere garantiti e regolati per tutti nello stesso
modo e nella stessa misura. Cade il principio degli ‘inderogabili doveri di
solidarietà' di ciascun cittadino verso tutti: tali doveri sarebbero attuati in
maniera diversa da regione a regione.
3 - La potestà legislativa di Stato e regioni deve oggi rispettare la
Costituzione, ma anche gli obblighi internazionali: quest'ultimo vincolo
sparisce dalla nuova proposta. Vi sono qui nascoste due cose. La prima cosa è lo
spirito antieuropeo e xenofobo e la velata chiusura all'altro: fra tali obblighi
vi è la percentuale del Pil per i Paesi poverissimi e l'impegno contro
l'inquinamento (Kyoto). La seconda cosa è che fra gli obblighi internazionali vi
è anche il trattato e il concordato con la Santa Sede, che in base a questa
modifica dell'art. 117 potrebbero essere violati anche da singole regioni. E
questa insana modifica potrebbe avere ben più gravi conseguenze.
È certo che la Costituzione va rivista, soprattutto per snellire varie procedure
e dare più spazio al sistema regionale. Ma i fondamenti della convivenza e i
principi ispiratori non possono essere toccati. L'unità del Paese non può essere
frantumata in una federazione di Regioni con ampia autonomia anche rispetto alle
esigenze del bene comune: e vi è chi auspica, anche esplicitamente, una specie
di secessione. Le supreme garanzie di libertà e di solidarietà per tutti i
cittadini e i residenti, assicurate dalla separazione dei poteri e dalla
funzione attiva del Presidente della Repubblica, non possono essere in alcun
modo toccate. Si ricordi che negli Usa – uno Stato federale – molti singoli
stati federati hanno e applicano la pena di morte mentre altri la rifiutano.
Si noti infine che questo referendum deve esser votato in blocco: non si può
votare solo perché ci piace un punto o una parte. È strettamente doveroso
considerarlo nel suo insieme: approvare le modifiche proposte vuol dire
approvarle tutte.
Ed è seria opinione di chi scrive questi brevi cenni che la Chiesa italiana non
possa dichiararsi ‘neutrale' di fronte allo scardinamento sistematico di una
Costituzione che tutela gli inalienabili diritti di libertà e gli inderogabili
doveri di solidarietà di ciascuno verso tutti. Queste nostre righe potranno
aiutare, si spera, a comprendere meglio quale sia la posta in gioco, ben al di
sopra di divisioni fra partiti o gruppi o maggioranze e minoranze varie.
È anche seria opinione di chi scrive che votare contro le modifiche
costituzionali sul tappeto sia un grave dovere morale per ogni uomo di buona
volontà: ricordiamo che Mussolini e Hitler andarono al potere per vie
costituzionali simili a quelle ora proposte, senza alcuna rivoluzione, e in
breve tempo assunsero nella propria persona tutti i poteri. Né vacanze o gite o
incomodi vari possono passare avanti a questo dovere. È in gioco l'unità e la
democrazia del nostro Paese, il futuro di noi tutti.
Enrico Chiavacci, teologo morale Adista Documenti n.46 2006