Adriano Prosperi: «La storia cristiana è anche più violenta»

Il massimo storico italiano dell'età della Riforma avverte sull'uso politico della religione: «Le conversioni spettacolari aumentano i conflitti»

Adriano Prosperi è ordinario di Storia dell'età della Riforma e della Controriforma alla Scuola Normale di Pisa. E' il massimo studioso italiano dell'Inquisizione romana e il suo ultimo libro per Einaudi («Dare l'anima. Storia di un infanticidio») affronta, tra l'altro, proprio il problema del battesimo.


Professor Prosperi, ci sono precedenti di un papa che battezza un musulmano a san Pietro?
All'inizio del '500, in piena riforma protestante, Leone X battezza un musulmano marocchino che da lui prende il nome di Leone Africano. E' un episodio importante per la storia della cultura europea e all'epoca fu molto noto, Africano diventò subito un personaggio pubblico molto conosciuto. Ma il processo di conversione è comunque caratterizzato da una sua spettacolarità, perché il convertito è portatore di una testimonianza importante. La storia del cristianesimo è segnata fin dall'inizio dalle conversioni. I «modelli» principali sono due, quella di Pietro, lunga e tormentata, e quella fulminea di Paolo. A volte le conversioni sono state decisive per la storia stessa della Chiesa: quella di Costantino cambia completamente la posizione dei cristiani nell'impero romano, perché da quel momento il cristianesimo si presenta come religione ufficiale.

Di recente sono tanti i convertiti «celebri». Prima di Natale lo ha fatto Tony Blair. Perché la religione torna ad avere questa funzione pubblica e politica così rilevante?
Nel Medio Evo se si convertiva il sovrano si convertiva il popolo: cuius regio eius religio. La conversione di Clodoveo dà inizio alla storia cristiana della Francia. Oggi il carattere clamoroso di una conversione discende solo dalla notorietà pubblica e dalla visibilità del personaggio. Quello di Allam è dunque un gesto che riaccende una tradizione che si era sopita. Dal '700 in poi eravamo stati abituati a considerare quello che accade nell'anima di una persona come un suo fatto spirituale, da rispettare senza invadere la sua coscienza. Anche perché insistere su un aspetto così spettacolare della conversione in passato è stato strumento di conflitti.


Crede che la Chiesa abbia intenzione di riprendere una politica di conversione a danno delle altre fedi?
Di fatto sì. Questi due atti: la preghiera per la conversione agli ebrei e il risalto alla conversione di un musulmano denotano la decisione di manifestare con forza la carica di verità del cattolicesimo. Certamente si sta aprendo un confronto sulla vera religione. Non che i cattolici abbiano iniziato, ma una violenza religiosa che sembrava sopita rischia ora di riaccendersi.


Non è imbarazzante per la Chiesa che sul principale giornale italiano il convertito definisca tutto l'Islam «fisiologicamente violento e storicamente conflittuale»?
Su questo si può discutere. Sarebbe come dire che si condanna il cristianesimo come violento perché nel '500 durante la strage di san Bartolomeo le campane di Roma suonarono a festa. Allora la religione cristiana era fortemente violenta, e la violenza era quasi essenziale alla conversione, si teorizzava che la soluzione per cancellare la differenza fosse uccidere il diverso. Anche per i sovrani: Enrico III ed Enrico IV furono uccisi da fanatici religiosi. Allo stesso modo l'Islam non è sempre stato aggressivo. Durante la lunghissima storia dell'impero turco la religione islamica era tollerante. E' accaduto di frequente che cristiani con convinzioni poco ortodosse fuggissero a Costantinopoli. E lo stesso accadde, dal 1492, con gli ebrei che rifiutarono il battesimo forzato in Spagna. Oggi sembra ovvio il contrario ma in passato il mondo musulmano rispettava gli ebrei. Quel conflitto è frutto soprattutto del XX secolo, fino ad allora gli ebrei in Palestina godevano di condizioni di tolleranza migliori rispetto agli stati cristiani d'Europa. Come vede, davanti all'assolutezza della teologia la storia dimostra che le varie posizioni si modificano nel tempo. Generalizzazioni di quel tipo su cristiani o musulmani violenti vanno semplicemente respinte.


Alcuni commentatori, soprattutto di cultura araba e fede musulmana, parlano di una «seconda Ratisbona».
Bisognerà vedere se accentuerà la conflittualità oppure, come le beatificazioni, sarà vista come un fatto celebrativo, la vittoria di alcuni seguaci religiosi su altri. Certo, la conversione è un atto pacifico, tipico del proselitismo ma è un fenomeno da non sottovalutare. Proporla come atto pubblico può accentuare il carattere religioso di un conflitto Islam-Occidente che finora è stato soprattutto politico. E' in atto in tutto il mondo un uso politico della religione di cui siamo testimoni e vittime. Il terrorismo cosiddetto islamico è un uso sistematicamente politico della religione. Ma senza scomodare Machiavelli lo stesso accade anche da noi. La religione è una forza da cui si può ricavare potere.

Matteo Bartocci      Il manifesto 26/3/08