A proposito di Resistenza e dei "poveri ragazzi di Salò" |
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Tutti i morti sono da rispettare ma le cause per cui si muore no |
Ero molto assonnata l'altra sera e ascoltavo per dovere Primo piano , ma mi sono risvegliata di botto ascoltando Mantovano: il sottosegretario giustificava il ministro La Russa (e lasciamo pur stare se fa parte di quelli che vogliono fare le scarpe a Fini: sono affari interni alla destra) - ma era sorprendente quel che sosteneva. «I poveri ragazzi di Salò, confusi, patriottici, vaghi». Ma noi? Loro erano tutti scemi e poveri ragazzi che non capivano nulla e noi che avevamo il manifesto di Marx del 1848 in una tasca e il "Che fare?" di Lenin nell'altra e capivamo tutto? Ma come si fa a costruire una "memoria condivisa" così, senza il minimo apparato informativo, su una frase di un candidato presidente della Camera in lista d'attesa per proporsi alla presidenza della Repubblica e in cerca di consensi? Chi ha proposto la "memoria condivisa" sapeva quel che diceva? Ma quale memoria è "condivisa"? Nemmeno quella della storia del calcio! Che cosa vuol dire? Passata la festa gabbato lo santo, volemose bbene ecc.?
A parte
qualsiasi altra considerazione, dove è il fondamento scientifico, quale appoggio
storiografico regge tale risibile proposta politica? La memoria è da ricostruire
criticamente e alla fine si compone un giudizio storico-critico, magari
provvisorio (la memoria della Resistenza deve essere arricchita ancora di molti
elementi, ad esempio di tutta la parte della partecipazione delle donne, dei
contadini, degli operai) e poi ci si riferisce ad essa sulla base del fatto che
gli errori e le colpe altrui non scusano le mie, cosa che già sapeva Socrate,
non occorre nemmeno essere postmoderni; e che tutti i morti sono da rispettare
fino a prova contraria, ma le cause per cui si muore no, non sono tutte da
rispettare.
Che cosa pensavamo noi che decidemmo di fare la Resistenza? Anche noi
eravamo confusi, anche perchè Badoglio non dette affatto ordini chiari e i
generali si comportarono in modi molto differenti e perchè i "liberatori" non
furono sempre tali. Ad esempio l'Udi li accusò di essere stati molto violenti
con le donne e tentò negli anni '50 di ottenere che alle donne stuprate dai
"Liberatori" (ricordate la Romana di Moravia e l'episodio della ragazza
siciliana in Paisà di Rossellini?) fosse riconosciuto lo stupro come danno di
guerra (riconoscimento ottenuto e mai seguito da un qualsiasi
risarcimento). Anche la nostra storia non è tutta lineare, quando mai? Fu uno
degli eventi più drammaticamente confusi, incerti, pieni di dubbi e di oscurità
di tutta la nostra tormentata storia. Ma riuscimmo a capire le cose profonde, i
fondamenti etici, e a comportarci secondo quel che avevamo capito e di ciò ci
sentiamo responsabili. Non è che da una parte ci fossero tutti i geni e i colti
della storia e dall'altra dei poveri stupidi abbacinati dalla patria, dalla
fedeltà e dall'"onore".
Era noto e del resto visibile a tutti che Mussolini non si oppose in alcun modo
alle azioni di Hitler contro gli altri popoli e questo ben prima di diventare,
a seguito di una congiura dei suoi, prigioniero e vittima a sua volta: infatti
quando Hitler annettè l'Austria, Mussolini che aveva un patto con Dollfuss per
la tutela dell'integrità austriaca, mandò per forma alcune divisioni al Brennero
e poi se le riprese e lasciò che Hitler si mangiasse l'Austria, arrivando
fino al Brennero, alla faccia della fedeltà e dell'onore!
Era così evidente la sottomissione di Mussolini ad Hitler che circolò in quei
giorni una battuta. Il giorno in cui Hitler decise di passare il confine e
prendersi l'Austria, si ricordò all'improvviso che non aveva detto nulla al
Duce, allora impugnò la penna e con stile laconico qual si addice ai veri
uomini, gli scrisse : «Caro Benito, annetto, tuo Adolf» e Mussolini ricevuto
cotanto messaggio replicò laconicamente da vero macho:«Caro Adolf, abbozzo, tuo
Benito».
Ognuno cercò di capire che cosa succedeva e molti e molte capirono e si
schierarono dalla parte che credevano giusta o conveniente: il giudizio storico
si confeziona su questi dati.
Citerò un fatto. A Novara dove vivevo, venne a morire non molto dopo l'8
settembre 1943 il vescovo ed eravamo in attesa di vedere se il Vaticano avrebbe
nominato un altro vescovo che giurasse fedeltà al governo o no. Il Vaticano
nominò un amministratore apostolico con tutti i poteri di vescovo che però non
doveva giurare non essendo vescovo e si capì che non giudicava la Repubblica di
Salò uno stato legittimo. Era un segno chiarissimo. Il vescovo agì contro le
violenze con grande coraggio e il prefetto fascista Vezzalini mise una taglia di
un milione sulla sua testa e fece bruciare la sua macchina,
prontamente restituitagli dagli industriali novaresi. Ma i nazi e i fascisti non
lo piegarono e la città lo compensò con un bel monumento nei giardini pubblici
col titolo di "Defensor civitatis". Le storie della Resistenza sono tante, non
condivise, ma sarebbe il caso di smetterla con le solite memorie riscaldate e
andare a vedere i fatti.
Lidia Menapace Liberazione 9/9/08