L'italia, Dio e la politica

  

L’Italia è un paese in cui per legiferare su alcune questioni riguardanti gli aspetti primari della vita e della morte e i legami familiari sembra necessario chiamare in causa Dio e la sua ineffabile volontà. Il Santo Benedetto non partecipa direttamente alle sessioni parlamentari, ma attraverso istituzioni religiose e uomini che sostengono di svolgere le loro attività politiche sempre ispirandosi a ciò che l'Onnipotente ha comandato attraverso la Rivelazione. Non ci sarebbero problemi se tutti gli uomini di una comunità nazionale considerassero tale Rivelazione una verità assiomatica come lo è per i credenti.

Le cose nel bene o nel male non stanno così. Vi sono uomini non credenti, atei, agnostici e dubitanti, per i quali i grandi libri, Bibbia, Vangelo e Corano sono degni di rispetto e della massima considerazione, ma sono solo libri sapienziali, non contengono verità assolute per tutti gli esseri umani. Ma vi sono anche credenti che pur ispirando la propria vita a principi di fede non ritengono di esprimere le loro scelte politiche sulla base di quei principi. Che fare allora per permettere a queste posizioni apparentemente inconciliabili di coesistere?

A mio parere non esiste altra possibilità che quella di basarsi sui valori condivisi e sulle leggi fondanti delle democrazie, sia a livello universale che a quello delle Costituzioni nazionali. Da molto tempo Dio non fa parte delle grandi Carte dei Diritti, ne delle Carte Costituzionali, se ne facesse parte i non credenti ne sarebbero esclusi come soggetti partecipanti, a meno di non fare propria raccomandazione del Pontefice Benedetto XVI che con animo accorato chiede a chi non crede di comportarsi egualmente come se Dio esistesse. Ma questo è un terreno scivoloso, perché la raccomandazione potrebbe essere ribaltata nel nome della reciprocità. In questi ambiti delicati della spiritualità è meglio che ciascuno percorra il proprio cammino senza intrusioni. Dunque, rimaniamo nell'ambito dalle leggi che fondano la democrazia. Uno dei capisaldi di questa legislazione è la libertà religiosa e in tale libertà è contemplato anche il pieno e sacrosanto diritto a non credere. In democrazia questo è un minimo comune denominatore Proviamo ora a scendere in una fattispecie, quella dei Pacs, per esempio. Per il credente cattolico, il vincolo matrimoniale ha un carattere sacrale ed è indissolubile, bene! E suo diritto a vederlo riconosciuto dalla legge nel quadro del diritto.pubblico, per il non credente invece l'unione di una coppia non riveste carattere sacrale e per tanto può assumere molteplici configurazioni anche nell'ambito del diritto pubblico. Non c'è alcuna ragione per la quale i diritti degli uni dovrebbero escludere i diritti degli altri. Né si vede in che modo i diritti degli uni, in un quadro di piena democrazia, possano minacciare i diritti degli altri, a fortiori quando essi non interferiscono in alcun modo sul piano giuridico e sociale. La cosa dunque vale in pieno anche per gli omosessuali. Essi sono una minoranza e la nostra costituzione tutela con forza i diritti delle minoranze. A me pare intollerabile e sconcio che le cosiddette maggioranze disquisiscano su ciò che gli omosessuali possono chiedere e in che forma debba essere loro concesso. In uno stato di diritto, le minoranze decidono i propri diritti e la loro configurazione in piena autonomia. Lo Stato laico e democratico deve dare a quei diritti sanzione di legge ponendo limiti solo e unicamente nel caso che essi confliggano con altri diritti legittimi. E’ inoltre assai pericoloso ricorrere al concetto di naturale per stabilire priorità e dare legittimità alle relazioni inter-umane, l'uso politico di quel concetto è stato fonte di infinite e sanguinose depravazioni. Da secoli è «naturale» che le ragioni del danaro e del potere sottomettano ed asserviscano la vita dell'uomo e di questi tempi è così naturale che ci si è assuefatti.

Per dirla cristianamente: è diventato naturale non che Cristo cacci i mercanti dal tempio, ma che i mercanti caccino Cristo dalla sua santità, a colpi di telepromozioni natalizie.

 

Moni Ovadia       L’Unità  30/12/2006