Il pensiero collettivo (che non è la somma di pensieri individuali
interagenti, ma un pensiero che assorbe e investe la società nel suo
complesso) si sviluppa nel campo della comunicazione. In effetti, da qui
vengono le immagini, le informazioni e le opinioni, ed è attraverso
meccanismi comunicazionali che l'esperienza è diffusa e trasmessa a
livello collettivo.
Ciò si applica a maggior ragione nelle nostre società, attraversate da
reti di comunicazione ad ogni livello, dal globale al locale e dal
locale al globale. Di conseguenza, le relazioni con il potere
dominante, elemento costituente di ogni società e che ne
determina le evoluzioni, sono sempre più elaborate
nella sfera della comunicazione.
Nella società contemporanea, la politica acquisisce immediatamente una
dimensione mediatica. Il sistema politico, e persino le decisioni che ne
derivano, rappresentano un palcoscenico per i media, che cercano di
ottenere il consenso dei cittadini o, almeno, di attenuarne l'ostilità.
Ciò non significa che il potere si trovi incondizionatamente in mano ai
media, né che il pubblico si orienti in base ai loro suggerimenti.
Le ricerche nel campo della comunicazione da tempo hanno dimostrato
quanto il pubblico sia attivo e non passivo.
D'altronde, i media possiedono sistemi interni di controllo della loro
capacità di influenzare il pubblico. Essi sono innanzitutto aziende
sottomesse a obblighi di redditività, e devono fare
audience o espandere la loro diffusione. In generale, sono
diversificati e competitivi, e devono rimanere credibili quanto
i concorrenti. Sovente, essi s'impongono ulteriori vincoli, sul piano
dell'etica professionale o giornalistica (mediatori, comitati etici
ecc.). I media non sono dunque semplicemente dedicati alla distorsione o
alla manipolazione dell'informazione. Dobbiamo tuttavia concentrare la
nostra attenzione su due tendenze.
Da un lato, il giornalismo militante, impegnato, i
media come strumento ideologico. A lungo ciò fu considerato un handicap
che sottraeva «oggettività», e dunque acquirenti, al mezzo di
informazione. Perciò, i giornali che si presentano come «organi di
partito» sono praticamente tutti scomparsi o attraversano gravi crisi di
vendite. Ma le cose sembrano essere cambiate; la militanza o
l'impegno ideologico possono rivelarsi molto redditizi. Per
esempio, Fox News, uno dei principali canali televisivi statunitensi
(una filiale di News Corp, di proprietà di Rupert Murdoch), ha
conquistato una parte importante del pubblico americano conservatore
appoggiando, senza il minimo scrupolo di oggettività, le tesi dei
neoconservatori favorevoli all'invasione dell'Iraq nel 2003.
La facoltà di occultare
La seconda tendenza che si
osserva oggi consiste nella
perdita d'autonomia dei giornalisti
professionisti rispetto ai loro datori di lavoro.
Vi si gioca una gran parte del complesso sistema della manipolazione
mediatica. Uno studio ha tentato di spiegare che, a metà del 2004,
il 40% degli americani
(1) credeva ancora che
Saddam Hussein e al Qaeda collaborassero e che vi
fossero armi di distruzione di massa in Iraq. E questo un anno dopo che
tutte le prove contrarie fossero emerse nei minimi dettagli. Questo
studio ha messo in luce le relazioni fra la macchina propagandistica
dell'amministrazione Bush e le produzioni del sistema mediatico. E ha
dimostrato che certe manipolazioni avvengono senza che vi sia stata
censura o un ordine diretto di falsificazione.
Tutto questo rappresenta dunque solo la parte visibile dell'iceberg,
poiché l'influenza più importante esercitata dai media non
dipende da ciò che viene pubblicato, ma da ciò che non lo è. Da
ciò che viene occultato, passato sotto silenzio. L'attività mediatica si
fonda su una dicotomia: nella mente del pubblico esiste solo quello che
esiste attraverso i media. La loro potenza fondamentale sta
dunque nella facoltà di occultare, di mascherare, di condannare
alla pubblica inesistenza.
La necessità di esistere mediaticamente per esistere politicamente
induce una relazione organica con il linguaggio mediatico che si ritrova
in televisione come in radio, sulla stampa o su Internet.
I media utilizzano una «lingua franca» specifica, certo non un dialetto
autonomo, ma qualcosa di simile.
Il messaggio mediatico più semplice e più potente è l'immagine.
E il messaggio visivo più semplice resta il volto. C'è un legame
organico fra la mediatizzazione della politica, la personalizzazione dei
media e quella della politica. Quando si scivola in una vita politica
basata sulle dispute tra persone e immagini e sulle manipolazioni
mediatiche, i programmi politici perdono la loro importanza poiché
nessuno vi fa riferimento e i cittadini non prestano loro alcuna
attenzione (probabilmente a ragione, d'altronde).
Il trionfo della politica «personalizzata» implica che
la forma più persuasiva di guerra ideologica sia l'attacco contro la
persona che incarna un certo messaggio. La diffamazione e il rumore
divengono l'arte dominante in politica: un messaggio negativo è
cinque volte più efficace di un messaggio positivo. Tutti i
partiti imboccano questa strada, manipolano o fabbricano le
informazioni. E ciò senza alcuna iniziativa da parte dei media.
Piuttosto, è questione di intermediari, di posti specializzati, di
«officine».
Ne consegue una connessione diretta fra la mediatizzazione della
politica, la sua personalizzazione e la diffamazione o la
pratica dello scandalo politico la cui diffusione ha condotto, in questi
ultimi quindici anni, all'assassinio di esponenti politici, a crisi di
governo o, addirittura, di regime.
Questo ci riporta alla crisi attuale, profonda, della legittimità
politica su scala mondiale, in quanto esiste un legame evidente
e forte, sebbene non esclusivo, fra la pratica dello
scandalo, la mediatizzazione esacerbata della scena pubblica e la
mancanza di fiducia dei cittadini nel sistema. Tale diffidenza
si è manifestata in un sondaggio realizzato dai servizi
dell'Organizzazione delle nazioni unite (Onu), secondo cui i due terzi
degli abitanti del pianeta non si sentono rappresentati dai loro
governanti.
Dunque, si tratta proprio di una crisi di legittimità.
Ma, mentre la gente sostiene di non fidarsi più dei governi, dei
responsabili politici e dei partiti, una maggioranza della
popolazione continua a credere di poter influenzare quelli che
parlano in suo nome e ritiene, inoltre, di poter agire sul mondo,
attraverso la propria volontà e i propri mezzi. Forse sta introducendo,
nella sfera della comunicazione, gli straordinari sviluppi di quello che
io chiamo la Mass Self Communication (la comunicazione
individuale di massa). Tecnicamente, questa comunicazione
individuale di massa sfrutta Internet, ma anche lo sviluppo dei telefoni
cellulari.
Oggi ci sarà più di
un miliardo di utenti della Rete ed
esisteranno circa due miliardi di abbonati alla telefonia mobile.
I due terzi degli abitanti del pianeta possono comunicare grazie a un
portatile, anche dove non c'è elettricità né linee di telefonia fissa.
In pochissimo tempo, le nuove forme di comunicazione sono esplose. Le
persone hanno sviluppato i propri sistemi: sms, blogs, skype... Il
peer-to-peer o P2P
(2) permette il trasferimento di
qualsiasi dato digitalizzato. A maggio 2006, c'erano trentasette milioni
di blog (contro i ventisei milioni del gennaio). In media è stato creato
un blog ogni secondo nel mondo, cioè più di trenta
milioni all'anno...Tre mesi dopo aver aperto, il 55% dei blogger
aggiornano ancora il loro blog. Il numero dei blogger è sessanta volte
maggiore rispetto a sei anni fa. E raddoppia ogni sei mesi...
Mentre
l'inglese all'inizio era la lingua dominante su
Internet, oggi è la lingua utilizzata in meno di un terzo dei siti. Nel
corso del tempo
si è imposto il cinese, seguito dal giapponese,
dallo spagnolo, dal russo, dal francese, dal portoghese e dal
coreano... È interessante non tanto l'esistenza di tutti questi blog,
quanto i legami che esistono fra loro, e quelli che essi intrecciano con
l'insieme delle interfacce comunicazionali (grazie alla tecnologia Rss)
(3).
Il movimento altermondialista contro il capitalismo globale,
in ogni sua diversità, utilizza da parecchi anni Internet e tutte le
risorse della comunicazione non solo come strumento organizzativo ma
anche come luogo di dibattito e d'intervento. Ha anche sviluppato in
questo modo una capacità d'influenza sui media dominanti, attraverso
Indymedia o altre reti associative.
La costituzione di reti autonome di comunicazione tocca
anche i media più tradizionali. Le televisioni di strada o le radio come
Orfeo Tv a Bologna, Zalea Tv a Parigi, Occupen las Ondas a Barcellona,
Tv Piquetera a Buenos Aires, così come una moltitudine di media
alternativi collegati in rete, formano un vero nuovo sistema
d'informazione.
Persino l'ex-vicepresidente degli Stati uniti, Albert Gore ha creato una
propria rete televisiva il cui contenuto, attualmente, è alimentato per
il 40% dai telespettatori. Anche le campagne presidenziali hanno subito
l'influenza di questo nuovo mezzo d'informazione. Così, nel 2003-2004,
la candidatura di Howard Dean prese slancio solo grazie alla sua
capacità di mobilitazione via Internet
(4).
C'è poi «
la mobilitazione politica istantanea» via
telefono cellulare, divenuta negli ultimi due anni un fenomeno decisivo
(5). Questa ondata di
mobilitazione, sostenuta da reti di comunicazione fra telefoni
portatili, ha avuto notevoli effetti in Corea del Sud, nelle Filippine,
in Ucraina, in Thailandia, in Nepal, in Ecuador, in Francia... Talvolta
con un effetto immediato, come la destituzione del primo ministro
tailandese Thaksin Shinawatra per mano del re Bhumibol Adulyadej nello
scorso aprile. O come in Spagna, al momento della sconfitta alle
elezioni legislative di marzo 2004 del Partito popolare di José Maria
Aznar. Sospettando la manipolazione dell'informazione da parte delle
autorità, preoccupate di addossare la responsabilità degli attentati di
Madrid all'Eta, un gran numero di messaggi circolò via telefono
cellulare e permise l'organizzazione di un'immensa manifestazione di
protesta in un giorno in cui, teoricamente, sotto l'effetto
dello choc e del lutto, ogni espressione politica sembrava impossibile.
Questo non significa che ci siano, da un lato, i media allineati al
potere e, dall'altro, i media di massa individuali, associati ai
movimenti sociali. Ognuno opera su entrambe le piattaforme tecnologiche.
Ma l'esistenza e lo sviluppo delle reti elettroniche offrono alla
società una maggiore facoltà di controllo e d'intervento.
E una superiore capacità di organizzazione politica
a coloro che rimangono fuori dal sistema tradizionale.
Mentre la democrazia formale e compassata è fondamentalmente in crisi e
i cittadini non credono più nelle istituzioni democratiche, quello che
sta succedendo sotto i nostri occhi con questa esplosione delle
comunicazioni di massa individuali assomiglia alla ricostruzione di
nuove forme della politica. È ancora difficile dire ciò che ne
deriverà.
Ma si può essere certi di una cosa: l'esito della battaglia si deciderà
nel campo della comunicazione e terrà conto della nuova molteplicità dei
mezzi tecnologici. In definitiva, è la battaglia più antica
della storia umana. Da sempre, ha come posta in gioco la liberazione
delle nostre menti.
Manuel Castells *
note:
* Docente di comunicazione, titolare della cattedra Wallis Annenberg di
comunicazione, tecnologia e società all'Annenberg School for
Communication, università della California del Sud, Los Angeles, Stati
uniti, e direttore del Projecte Internet Catalunya all'università Oberta
di Catalogna, Barcellona, Spagna. Autore, fra altri di: L'età
dell'informazione (3 vol. La nascita della società in rete, Il potere
delle identità, Volgere di millennio), Università Bocconi, 2002.
(Questo testo, riletto e corretto dall'autore, è stato tratto dal suo
intervento al seminario «I media fra i cittadini e il potere»,
organizzato dal World Political Forum e dalla provincia di Venezia a San
Servolo, il 23 e 24 giugno 2006.)
(1) Ndr. Secondo una inchiesta
relizzata dall'università del Maryland nell'ottobre 2003, il 60% degli
americani - e l'80% di coloro che guardavano Fox News - credevano almeno
una di queste tre pseudo-verità: 1. Abbiamo scoperto armi di distruzione
di massa in Iraq; 2. Esistono le prove di una alleanza tra l'Iraq e al
Qaeda; 3. L'opinione pubblica mondiale sostiene l'intervento militare
americano in Iraq. Leggere Eric Klinenberg, «Rivolta contro la
concentrazione dei media», Le Monde diplomatique/ilmanifesto, aprile
2004.
(2) Ndr. P2P indica un modello di
rete informatica in cui gli elementi (i nodi) non giocano esclusivamente
i ruoli di client o di server ma funzionano in entrambi i modi, fungendo
sia da client che da server di altri nodi di queste reti, contrariamente
ai sistemi di tipo client-server, nel senso abituale del termine. Cf.
http://fr.wikipedia.org/wiki/P2p
(3) Ndr. Un feed Rss, sigla per
Really Simple Syndication (syndication davvero semplice), o Rich site
summary (riassunto arricchito di un sito) è un formato di syndication
dei contenuti telematici. Questo sistema permette di pubblicare le
notizie dei siti di informazione o dei blog, ciò che consente di
consultarle rapidamente senza visitare i siti Cf. http://
fr.wikipedia.org/wiki/Rich_Site_Summary
(4) Ndr. Dato per favorito nella
corsa all'investitura del Partito democratico nel 2004, Dean è stato
infine battuto da John Kerry.
(5) Manuel Castells, Jack Linchuan
Qui, Mireia Fernandez-Ardevol e Araba Sey, Mobile Communication and
Society. A Global Perspective, Mit Press, Boston, 2006, 392 pagine,
25,01 euro.
(Traduzione di A.D.A.)