L'islam violento interpretato da papa
Ratzinger
Il viaggio del papa in
Baviera sta rivelando a tutti il vero pensiero di Ratzinger, quello che spesso
rimane nascosto fra le pieghe della prudenza e della diplomazia. Non soltanto
espressioni di affetto per la sua terra ipercattolica e di nostalgia per i tempi
felici dell'infanzia e per le prime esperienze sacerdotali: il papa in Baviera
chiarifica il valore delle sue speranze e rinnova le sue condanne. Fra queste,
in maniera sempre più esplicita, l'evoluzionismo. Il pensiero cattolico ne
discute dal tempo di Darwin, con alti e bassi. Negli ultimi decenni, una certa
sincera accettazione. Oggi, invece, una solenne marcia indietro. Ratzinger, con
decisione: «La tesi dell'evoluzionismo è irragionevole. I conti sull'uomo senza
Dio non tornano» e il papa non sembra voler considerare la possibilità di un
evoluzionismo che non escluda Dio. Una condanna, questa dell'evoluzionismo, che
appare veramente epocale.
In rapida sintesi: la società cristiana si sta
sfasciando, per colpa di una eccessiva secolarizzazione e di un corrispondente
indebolimento della sua dottrina cristiana. Anche - se non soprattutto - per
questo motivo si trova imbarazzata nei confronti di chi, invece, sostiene
posizioni decise, tali da coniugare insieme religione e politica, fede e
civiltà. Anche per questi motivi l'islam appare al mondo forte, addirittura
vincente. Il cristianesimo a differenza dell'islam, ha detto il papa, rifiuta la
conversione attraverso la violenza, non esiste nelle fede cristiana il concetto
di jihad perché Dio non si compiace del sangue, la violenza è in contrasto con
la natura di Dio, «non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio».
Nella religione musulmana, viceversa, argomenta Ratzinger, la natura di Dio è
totalmente trascendente, non è legata a nessuna categoria umana «fosse anche
quella della ragionevolezza». In Baviera e in tutto il mondo, dunque, il
cristianesimo deve apparire più coerente e coraggioso, più sicuro di sé.
«Le popolazioni dell'Africa e dell'Asia - ha detto
il papa - ammirano le nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza, ma al
contempo si spaventano di fronte a un tipo di ragione che esclude totalmente Dio
dalla visione dell'uomo, ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da
imporre anche alle loro culture».
Una svolta nel pensiero di Ratzinger? E soprattutto:
una svolta nel pensiero del cattolicesimo moderno, quello che si è sforzato di
accettare l'illuminismo e che ha portato al concilio? Non è facile rispondere
alle due domande. Gli studi sul pensiero di Ratzinger ci parlano di oscillazioni
sul giudizio del mondo e della cultura moderne, oscillazioni che lo hanno
accompagnato nei lunghi anni del concilio e soprattutto del dopo concilio.
Oscillazioni sul giudizio della cultura moderna, dall'illuminismo in poi.
Oscillazioni che, d'altronde, hanno accompagnato il pensiero di tutti, o quasi,
i teologi cristiani, cattolici e non soltanto. E gli stessi pontefici: basti
accostare alle espressioni piuttosto pessimiste di Benedetto XVI quelle
ottimiste di Papa Giovanni, alla apertura del Concilio.
Poi è venuta la sempre maggiore indipendenza della
cultura laica e della stessa etica: sono venute le guerre, accompagnate dal
terrorismo, dal successo mondiale dell'islam e dalle difficoltà dell'ecumenismo.
Il panorama appare decisamente peggiorato e Ratzinger ritrova i temi negativi di
una parte - non tutto - del suo magistero precedente.
Perciò quella sottolineatura del relativismo come
del male maggiore del secolo. Una sottolineatura estranea, a dir poco, a buona
parte della cultura moderna e anche della teologia cattolica. Una sottolineatura
che spinge inevitabilmente il discorso pontificio verso le posizioni di tipo
neocons. Le varie forme di integrismo si avvicinano, mentre il pensiero moderno,
con le sue incertezze e aperture agli altri e alla storia, si allontana. Sembra
quasi che il papa desideri un cristianesimo non soltanto più forte ma
addirittura più islamico. Comunque più supportato da quella civiltà che sarebbe
la «sua». Quasi che il messaggio evangelico da solo, senza lo stato e le sue
leggi, non abbia la forza di affermarsi e una sufficiente credibilità.
Ancora una volta, come molte altre nel corso della
storia, ci troviamo di fronte a proposte cristiane diverse. Mentre il non
cristiano può stare a guardare, il cristiano dovrà scegliere quella che gli
appare più convincente, se il cattolicesimo bavarese di Ratzinger o quello più
incerto e «relativo» di papa Giovanni.
Filippo Gentiloni Il manifesto 13/09/06