L'anatema contro Darwin
Ieri l'intervento critico del Papa sulla teoria dell'evoluzionismo. Di questo modello teorico e della conoscenza abbiamo parlato con Mauro Dorato, professore di Filosofia della scienza

 Dopo le parole di domenica a Monaco che hanno infiammato le pagine dei giornali provocando una copiosa serie di interventi e di riflessioni critiche o accondiscendenti verso l’analisi pontificia della società occidentale, prosegue la visita del Papa Benedetto XVI in Baviera. Ieri l’ex cardinale Ratzinger era a Islinger Feld, vicino a Ratisbona, dove ha celebrato la messa all’aperto davanti a 300 mila fedeli. Un bagno di folla, occasione per rinnovare il proprio monito all’umanità contemporanea che ha, in Europa, il proprio fondamento nell’Illuminismo e nella scienza.
Il primo obiettivo critico è stata proprio quest’ultima, in modo particolare nella sua concezione evoluzionistica. Una teoria, che a detta del Papa, manifesta tutto il suo carattere “irragionevole” perché “i conti sull’uomo e sul mondo senza Dio non tornano”. Un giudizio che muove dall’evidenza che non è possibile, secondo Benedetto XVI, spiegare l’ Universo, matematico e ordinato, mettendo da parte “la Ragione creatrice”.
Non meno critica la valutazione pontificia sull’Illumisnismo. Portatore di una razionalità autonoma rispetto al divino, la stagione francese che significò la nascita dell’età moderna viene considerata come l’inizio di una scienza che “si impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo in cui Dio diventi superfluo”. E anche in questo caso però, secondo il Papa, “i conti non tornano”.
Della teoria darwiniana, del suo alterego cattolico, ovvero il creazionismo, ma anche del ruolo della scienza nell’epoca e nella storia dell’umanità abbiamo parlato con Mauro Dorato, professore di Filosofia della Scienza all’Università di Roma Tre.

Il Papa ha definito l’evoluzionismo-darwinismo come “irragionevole”. Qual è l’attualità di questo modello epistemologico?

Questo dell’irragionevolezza sembra un giudizio quanto meno di parte, perché abbiamo molte conferme empiriche della teoria dell’evoluzione che vengono dalla parentela genetica esistente tra tutti gli animali e l’uomo. L’uomo e lo scimpanzè per esempio, condividono più del 95% del Dna. Oltre alla genetica e alla biologia molecolare, ulteriori evidenze a favore dell’evoluzionismo darwiniano provengono da altri rami della biologia, quali la zoologia comparata e l’embriologia: lo sviluppo di un embrione umano ricapitola quello delle specie.
Dal punto di vista empirico e scientifico, dire che oggi è assai ragionevole credere nell’evoluzionismo. Per quanto ogni teoria scientifica sia rivedibile, sembra improbabile che in futuro la nostra conoscenza della biologia si possa basare su un paradigma diverso da quello evoluzionistico darwiniano.

Il Pontefice nello specifico ha sostenuto che nella prospettiva cattolica esiste una Ragione creatrice che ha plasmato il mondo procedendo in modo razionale conferendogli ordine. Pensare, come vogliono gli scienziati evoluzionisti, che questa Ragione creatrice sia superflua significa non spiegare più l’ordine razionale del mondo…

Ora è più chiaro a cosa si riferisca il Papa in questa sua stigmatizzazione dell’evoluzionismo come “irragionevole”. L’evidenza scientifica a nostra disposizione esclude che ci sia un disegno preordinato riguardo all’esistenza delle varie specie viventi: le modifiche del DNA sono casuali, non orientate da un progetto Abbiamo sufficienti ragioni per essere dubbiosi rispetto all’ipotesi che le specie siano state create e non si siano evolute a partire da un’unica “radice”. Se si vuole insistere sul creazionismo in una cornice evoluzionistica, si dovrebbe provare a ipotizzare che Dio abbia creato la prima entità capace di autoriprodursi e poi non sia più intervenuto: ma questo equivarrebbe a diminuire la sua importanza, perchè alla fine significa diminuire la sua stessa “razionalità”.
Quello del papa sembra più un il frutto di un irragionevole quanto legittimo atto di fede che di un giudizio razionale che tenga conto di ciò che sappiamo da un punto di vista scientifico

Esiste secondo lei una compatibilità fra i due modelli di spiegazione, cioè l’evoluzionismo-darwinismo e il creazionismo?

Alcuni sostengono di sì, ma a mio parere il conflitto è insanabile. Almeno, se per creazionismo si intende l’idea che Dio abbia creato la vita e abbia prescritto un ordine nello sviluppo delle varie specie sulla base di un suo disegno finalistico. Ma al di la del problema del rapporto di compatibilità fra le due teorie, quello che è importante sottolineare è che non abbiamo bisogno dell’ ipotesi di un Dio trascendente per spiegare l’evoluzione: bastano infatti un meccanismo di replica del patrimonio genetico che preveda errori di copiatura ovvero mutazioni, e poi l’intervento della natura che seleziona le specie più adatte. Questi sono i tre ingredienti fondamentali dell’evoluzione, che da soli consentono di spiegare tutto l’ordine che vediamo attorno a noi. Anche l’applicabilità della matematica all’universo fisico, pure menzionata dal papa, può essere spiegata in modo alternativo: l’ordine del mondo fisico può emergere dal caos in modo spontaneo.

Da una prospettiva teologico-filosofica, qual è l’elemento teorico che maggiormente rende l’evoluzionismo-darwinismo inaccettabile per la Chiesa?

Il fatto che l’uomo riesca spiegare tutta una serie di eventi, prima considerati del tutto misteriosi e inspiegabili, con la sua ragione. Una ragione diversa da quella creatrice perché fallibile, ma che attraverso lo sforzo congiunto di generazioni di scienziati sta progressivamente illuminando i fenomeni dell’universo che ci circonda.
Certo, ancora non sappiamo precisamente come sia nata la vita: non ci sono infatti in proposito teorie unanimemente condivise. Ma non possiamo escludere che un domani non si possa spiegare in modo scientificamente soddisfacente anche questo grande enigma: non dimentichiamoci che la scienza sperimentale è relativamente giovane (se la facciamo iniziare convenzionalmente con Galileo). Che non ci sia bisogno di un essere soprannaturale per spiegare la vita e la sua origine: è questo credo il messaggio più difficile da accettare per la Chiesa.

Effettivamente le parole del Papa in riferimento all’Illuminismo, pronunciate ieri a Ratisbona, muovono proprio in tal senso. “Una parte della scienza – ha affermato Benedetto XVI- si impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo in cui Dio diventi superfluo” ma, ha aggiunto, alla fine “i conti non tornano”…

Esattamente quello che stavamo dicendo prima. Credo invece che l’Illuminismo abbia dato all’uomo una maggiore fiducia nei propri mezzi. L’idea invece che l’uomo non possa “salvare se stesso”, e quindi vivere in modo eticamente giusto, e soprattutto comprendere l’universo senza la guida di qualcun altro, ecco questa è l’idea non viene accettata dalla Chiesa. Invece è proprio l’idea centrale dell’Illuminismo: la concezione per cui gli uomini generazione dopo generazione, pezzo dopo pezzo, con le loro teorie fallibili riescono a comprendere sempre più e sempre meglio la natura che ci circonda. In questo senso non abbiamo più bisogno di teorie che pongono la spiegazione ultima in un Dio che è al di fuori del mondo, e che ha creato il mondo per qualche suo progetto. Proprio per questo il messaggio dell’Illuminismo è più che attuale. Un messaggio che dà all’uomo la fiducia di riuscire a comprendere l’Universo senza l’aiuto di una Ragione soprannaturale: considerando ciò che la scienza ha già spiegato, non è una fiducia irragionevole.

Una riflessione è risultata e risulta di grande attualità: quella sul limite della ricerca scientifica. Da filosofo della scienza, crede che debba esserci un valico, un confine insuperabile?

Questo è un tema che tocca le applicazioni della scienza e soprattutto delle scienze biomediche, che in questi ultimi trenta-quaranta anni hanno conosciuto un grande progresso. Ovviamente non possono non esistere dei limiti al nostro desiderio di conoscere. Ma è difficile rispondere a questa domanda in astratto: dovremmo infatti considerare dei casi e scendere nello specifico. Se l’applicazione di una teoria pone un problema etico, si cerca di risolverlo nell’interesse dell’umanità, tenendo presente la legge morale kantiana, in base alla quale gli esseri umani sono fini e non solo mezzi. Ma, naturalmente, nell’interesse dell’umanità c’è anche la conoscenza, che è fra i valori più importanti della nostra vita e non solo per le sue conseguenze applicative.

 

AprileOnLine  n.222 del 13/09/2006