Ma il futuro globale non è per niente roseo
Ad alzare gli occhi,
dalle schermaglie di casa nostra alle vicende del pianeta, come ha fatto il
Forum di Sbilanciamoci!
a Bari, lo spettacolo non è per nulla incoraggiante. Per un accordo
all'Organizzazione mondiale per il commercio che salta, ne nascono dozzine,
bilaterali, che aprono i mercati, con le multinazionali che mettono fuori gioco
natura, contadini e piccoli produttori.
Così l'Amazzonia viene invasa dalla soia, l'India
dai semi delle multinazionali, gli ogm si spargono per il pianeta. Per un
piccolo sconto sulle medicine contro l'Aids, per un'elemosina delle fondazioni
di Bill Clinton e Bill Gates, l'Africa devastata dall'Hiv continua a non poterle
produrre, né sa come far fronte a malaria, tubercolosi e tifo. Per una vittoria
al vertice sull'acqua come bene pubblico, per un successo in Bolivia, decine di
casi - dalla Coca Cola in India a Israele fino in Cisgiordania - raccontano di
appropriazioni private e saccheggi statali. A fronte di un possibile passo di
pace in Libano, i conflitti invece si moltiplicano, e anche nel cuore del
miracolo economico di India e Cina, Vandana Shiva ci avverte del rischio di
esplosioni sociali e guerre civili.
E' questo il volto sociale di processi economici e
politici che, a prima vista, possono apparirci di segno diverso. La grande
crescita economica dell'Asia sembrava assicurare un riequilibrio delle distanze
tra Nord e Sud, la via d'uscita dalla povertà per milioni di persone.
L'affermazione di governi progressisti in America latina e in altri continenti
sembrava promettere politiche di segno nuovo. Invece l'ex consigliere di Lula
Oded Grajew ci dice che il baratro sociale e ambientale, in Brasile come
altrove, non è stato allontanato, si è fatto più vicino. Che le politiche
continuano a essere dettate dagli interessi delle grandi imprese.
Che sia l'Africa il futuro che aspetta metà
pianeta? Un modello fatto di appuntamenti mancati con lo sviluppo, di potere
neocoloniale ininterrotto, di contraddizioni che si sciolgono in guerre civili
per assicurarsi qualcosa, pochissimo di quello che resta. Un destino sempre più
frequente per i popoli del Sud, come lo è stato, in fondo, anche in Europa, nei
Balcani del decennio scorso. Di che stupirsi? Dopotutto, nel ricco Nord
l'esaurirsi della globalizzazione neoliberista ha lasciato il posto alla
strategia di guerra permanente, e dove passano le armi occidentali - come
in Somalia, Kosovo, Afghanistan e Iraq - non ricresce nè uno stato, nè una
convivenza civile.
Sembra incolmabile, la distanza tra il ritmo della
devastazione sociale lasciata dai mercati e dalle guerre e l'esile ricostruzione
delle relazioni sociali, la lentezza con cui si immaginano nuove politiche.
E' questo il quadro che hanno disegnato i movimenti
globali al Forum di Sbilanciamoci!, ed è su questo sfondo, senza
illusioni, che compaiono infinite iniziative locali, la soluzione dei conflitti
come nuova priorità, i beni comuni come nuovo paradigma, il recupero di
controllo sulle nostre vite, come cittadini, come produttori e consumatori. In
un'economia che riesce ormai a fare a meno delle persone.
Mario Pianta il manifesto 5/09/06