Addio alla
religione civile
Ricordare il 20 settembre insieme al cardinale Bertone. Rispetto al passato, a
quel lontano 20
settembre 1870, sembrerebbe un evento riparatorio, la rappresentazione simbolica
di una ferita
risanata. L'Unità d'Italia fu costruita senza la Chiesa e contro la Chiesa. Per
potere avere Roma, ci
vollero i bersaglieri e le cannonate. Quando lo Stato liberale mise mano al suo
progetto di "fare gli
italiani" lo fece senza i cattolici, che se ne chiamarono fuori. I decenni
trascorsi tra il non expedit e
il Patto Gentiloni furono così interpretati dalla classe dirigente postunitaria
all'insegna di una laicità
vissuta con convinzione assoluta. Né i fascisti durante la dittatura, né i
partiti di massa della Prima
repubblica, furono in grado di replicarne l'intransigenza e la fermezza.
Se si guarda a questo 20 settembre rispetto al presente in cui
viene celebrato, rispetto a un 2010 che
pure vede al governo forze politiche che un tempo ebbero l'improntitudine di
dichiararsi eredi di
quella tradizione liberale, il ricordo della breccia di Porta Pia appare poco
più di un pretesto per una
celebrazione di tutt'altro segno.
Una parte del mondo cattolico non ha mai digerito quelle cannonate e ha sempre
cercato una
clamorosa rivincita. Ci riuscì in qualche modo con quei Patti Lateranensi che -
nel 1929 - servirono
a svuotare dall'interno i fermenti anticlericali che avevano agitato il primo
fascismo. Ci riuscì nel
secondo dopoguerra, quando le aspirazioni teocratiche di Pio XII si realizzarono
nell'Italia del
centrismo democristiano. Ci riesce forse ancora più compiutamente oggi.
Non c'è più una Dc, un
partito dei cattolici, che deve necessariamente mediare tra la Chiesa e il resto
del paese (come fece
De Gasperi). E soprattutto c'è una classe dirigente nei cui confronti le
istanze avanzate dalle
gerarchie vaticane affondano come una lama nel burro. La concomitanza
tra il collasso del vecchio
sistema dei partiti da un lato e l'affermazione della leadership carismatica di
Giovanni Paolo II
dall'altro, ha ridisegnato in profondità le coordinate al cui interno si
svolgono oggi queste
celebrazioni. Lasciatasi alle spalle ogni nostalgia del potere temporale,
la Chiesa ha visto nel
deserto morale dell'Italia di oggi le prospettive di una sua egemonia fondata
direttamente sui valori
e sui principi, aggirando tutti i problemi posti dai modelli organizzativi e
dalla partecipazione a una
competizione immediatamente politica.
I balbettii e le incertezze con cui la sinistra ha scelto di
confrontarsi con una presenza così
ingombrante sono stati accompagnati dalle scelte di una destra che ha assunto un
ruolo propedeutico
nei suoi confronti. La proposta di Berlusconi e della Lega è stata infatti
quella di far coincidere i
valori con gli interessi, interessi da perseguire e difendere con cieca
ostinazione; una proposta
accolta con grande favore dagli italiani, ma che ha spalancato un baratro in cui
sono precipitati i
pilastri stessi della nostra religione civile. In quel vuoto si è inserita
una spinta religiosa che ha
rapidamente colonizzato i nostri spazi pubblici. In questo senso, anche
l'enfasi su Roma capitale che
affiora nei discorsi del sindaco Alemanno e nelle scelte del governo, si rivela
per quello che è;
nessun valore e tanti interessi; non più l'orgogliosa memoria delle nostre
radici, ma un baratto di
tipo mercantile, con flussi di finanziamento usati come ricompensa degli insulti
scagliati su "Roma
ladrona" nel nome del federalismo.
Giovanni De Luna il manifesto 21 settembre
2010