L'internazionale della paura

Uno spettro si aggira per lŽEuropa: un altro. Non quello rosso del comunismo che nel 1848 allarmò
la Santa Alleanza. Oggi lo spettro veste gli stracci colorati e si muove sui carrozzoni di un popolo d inomadi. È questo lo spettro che ha spinto Sarkozy a rispondere sgarbatamente alla commissaria europea Viviane Reding e che gli ha guadagnato lŽimmediato appoggio di Berlusconi.
Oggi nasce in Europa una nuova internazionale: quella della paura. Ne tengano conto gli storici del
futuro. Abbiamo avuto finora diverse Europe, quella cristiana, quella degli umanisti, quella illuministica.

 È stato battuto il tentativo di dar vita a unŽEuropa nazifascista nel segno della romanità antica e della svastica che nel 1934 portò a Roma per annunciarne la creazione lŽideologo del razzismo nazista Alfred Rosenberg. Ci fu, invece di quella, lŽEuropa rinata dalle rovine grazie
allŽintelligenza e al coraggio di uomini come Federico Chabod che concluse le sue lucidissime
lezioni sulla storia dellŽidea dŽEuropa lasciando Milano per unirsi alla Resistenza in Val dŽAosta.
Ma quella che oggi ha preso forma nelle dichiarazioni di Sarkozy e per la quale il nostro presidente
del Consiglio si è affrettato a dichiarare che esiste «una convergenza italo-francese» è unŽEuropa
dominata dalla paura, dalla volontà di chiudere le porte agli immigrati e di cacciare via i rom.

Notiamo di passaggio la differenza di stile tra le due dichiarazioni, quella di Sarkozy e quella di
Berlusconi. Quella di Sarkozy è una rispostaccia pubblica, da litigio di condominio: quella di
Berlusconi è un avvertimento di metodo: di queste cose si deve parlare privatamente. Ma ambedue
partono da un unico presupposto: quello che i rom siano spazzatura. Anzi, qualcosa di meno. Sul
mercato internazionale della spazzatura il prezzo dei rimpatri francesi dei rom - 300 euro un adulto,
100 un bambino - è decisamente a buon prezzo se confrontato con quello dei residui speciali che
attraversano lŽEuropa su carri blindati per andare a nascondersi in qualche miniera abbandonata o a
farsi bruciare negli impianti tedeschi.

Accomuna le due dichiarazioni lo stesso disprezzo per gli esseri umani in gioco. Ci si chiede se
siamo giunti davvero al punto di dover riconoscere che lŽEuropa ha dimenticato lŽepoca in cui i
trasferimenti forzati di popolazione e lŽeliminazione fisica degli indesiderati presero avvio proprio
dai rom. Sbaglieremmo a trascurare le ragioni di questa rapida convergenza dei due presidenti nella
costruzione di unŽEuropa della paura.

Il ministro Maroni ci aveva già informato allŽinizio dellŽestate che stava preparando la sua
campagna dŽautunno col rilancio del tema degli immigrati. E non è certo da oggi che la politica
della paura costituisce la risorsa alla quale si appella una dirigenza politica senza idee e senza risultati da presentare al paese.

È una ricetta a suo modo infallibile. Ma la censura della commissaria europea Viviane Reding ha fatto suonare lŽallarme in casa leghista e ha spinto
Berlusconi a coprirsi dietro le spalle di Sarkozy per la semplice ragione che la Francia è sempre la
Francia.
Sarà bene che lŽopinione pubblica democratica si svegli: non si dimentichi che si sta discutendo
della sorte di esseri umani mercificati e venduti a un tanto il chilo.
Che cosa contino sul mercato di
una coalizione che si presenta a mani vuote davanti al paese in cerca di rilanci elettorali lo abbiamo
capito dal commento del governo allŽepisodio della sparatoria partita da navi vedetta italiane in
mani libiche: pensavano forse che si trattasse di immigrati clandestini? Perché evidentemente in
questo caso si sarebbe trattato di una causa giusta. Che i libici, con lŽaiuto e lŽavallo dellŽItalia,
sparino sui pescherecci dei disperati o li chiudano nei campi di concentramento viene considerato
un successo politico del nostro paese.

Comunque il risultato è quello di una brusca svolta storica: nellŽidea dŽEuropa, nella immagine
della Francia paese della libertà e rifugio per chi non trova libertà in casa sua; anche nella realtà
storica di unŽItalia che, pur nella fragilità delle sue istituzioni statali, aveva trovato nel solidarismo
cristiano e in quello socialista le risorse ideali e pratiche per assicurare assistenza e conforto ai
diseredati.


Adriano Prosperi      la Repubblica  16 settembre 2010