CASALDÁLIGA IL RADICALE
 

 UN AFFETTUOSO RITRATTO DEL VESCOVO EMERITO DI SÃO FELIX DO ARAGUAIA DA PARTE DEL TEOLOGO SPAGNOLO BENJAMÍN FORCANO.


Pedro Casaldáliga, soprannominato il Che per aver guidato, tra i claretiani, la trincea rinnovatrice dopo il Vaticano II, esercitava un grande fascino tra i più giovani per la sua apertura, il suo impegno per la giustizia e con i più emarginati, la sua sensibilità poetica e la sua capacità di dialogare entro i problemi posti dalla cultura moderna.
Un giorno, di ritorno da alcuni Cursillos de Cristiandad tenuti in Guinea, Pedro scrisse: “Sento in maniera furiosa la realtà e la chiamata del Terzo Mondo. Porto per sempre nel mio cuore, confusamente, come un feto, l’Africa, il Terzo Mondo, e questa nuova Chiesa - la Chiesa dei poveri - come l’avremmo poi chiamata, a partire dal Concilio”. Già nel Mato Grosso, in uno dei primi funerali - quello di quattro bambini di prostitute - disse al suo compagno Manuel Luzón: “O andiamo via da qui immediatamente, o ci suicidiamo, o troviamo una soluzione”. Il radicalismo di Pedro viene da dentro, come da un fiume che cerca di scorrere sul suo letto: “Una volta, dopo aver seppellito uno di questi contadini assassinati, ho raccolto un pugno di terra dalla tomba, l’ho posto sull’altare e ho scomunicato queste fazendas. Ma fu un atto contro le fazendas, non contro le persone”. E, di fronte alle pressioni di certi latifondisti molto “cristiani”, che lo invitavano a celebrare la messa nelle cappelle delle loro tenute, scrisse: “Il Vangelo è per i ricchi, ma contro la loro ricchezza”.
A due anni dal suo arrivo in Brasile, Pedro firmò il rapporto-denuncia (sequestrato dalla polizia) che raccoglieva, in una tragica litania, “i casi in carne viva di contadini ingannati, minacciati, colpiti o feriti o assassinati, assediati nella foresta, in piena violazione della legge, senza alcun diritto, senza alternativa umana. Persino il nunzio mi chiese che non lo pubblicassi all’estero e uno dei maggiori latifondisti mi avvertì che non dovevo occuparmi di certe questioni”.
Non è abituale che un vescovo non visiti Roma, quando ha l’obbligo di farlo ogni cinque anni, e che alzi la sua voce per correggere il papa e per denunciare i peccati del sistema ecclesiastico: “A Giovanni Paolo II, che chiedeva che lo visitassi, parlai con molto affetto, ma con molta libertà”.
Sulla teologia della liberazione scrive: “Solo ai nemici del popolo non piace la teologia della liberazione. Vorrebbero tanto che i cristiani pensassero solo al cielo… disprezzando la terra!”.
Pedro non è neutrale e considera idolatria essere cristiani e flirtare con gli dei del neoliberismo. “Io mi ribello contro i tre comandamenti del neocapitalismo, che sono: votare, tacere e vedere la televisione”.
Un vescovo così avrebbe sentito come prioritario il problema della terra: “Maledetti siano tutti gli steccati! Maledette tutte le proprietà private che ci impediscono di vivere e di amare. Maledette siano tutte le leggi, aggiustate da poche mani per difendere steccati e buoi e rendere schiava la Terra e schiavi gli esseri umani! Altra è la terra, uomini, tutti! L’umana terra libera, fratelli!”.
E continuarono gli avvertimenti, le minacce e le persecuzioni. Lo sguardo di questo poeta-profeta svela che la realtà di oppressori e oppressi l’abbiamo creata noi, non Dio: “Il Dio dei signori non è uguale al Dio dei poveri. In tutti c’è un politico: reazionario, riformista o trasformatore”. Casaldáliga non è neutrale: “Io sono stato sempre di sinistra. E sono passato alle opzioni del socialismo. Quale socialismo, non lo so con precisione, come non so con precisione che Chiesa sarà domani quella che oggi intendiamo costruire, al di là del fatto di sapere che la vogliamo sempre più cristiana”.
Pedro legge il vangelo a partire dalle vittime che testimoniano la malvagità del rullo compressore neoliberista: “Credo che il capitalismo sia intrinsecamente malvagio: perché è l’egoismo socialmente istituzionalizzato, l’idolatria pubblica del profitto, il riconoscimento ufficiale dello sfruttamento dell’uomo, la schiavitù di molti al giogo dell’interesse e della prosperità dei pochi. Una cosa ho capito chiaramente della vita: le destre sono reazionarie per natura, fanaticamente immobiliste quando si tratta di salvaguardare il loro ceppo, interessate in maniera solidale a quell’ordine che è il bene… della minoranza di sempre”. Pedro utilizza un’arma – la cultura – per combattere il neoliberismo disumano e disumanizzante: “Stanno cercando di imporci una cultura unica. Una macrocultura, che ci passano dalla televisione, e ci impone determinati comportamenti perfino a letto. E io dico che una macrocultura finisce per essere più assassina di molte armi. Le culture imposte non solo uccidono i corpi, uccidono le anime, fanno esplodere la salute dei popoli.

 QUESTO ARTICOLO DEL SACERDOTE E TEOLOGO BENJAMÍN FORCANO È STATO PUBBLICATO
SUL QUOTIDIANO SPAGNOLO “EL PAÍS” (17/03/2006). TITOLO ORIGINALE: “EL RADICALISMO DE CASALDÁLIGA”

Benjamín Forcano     Adista Contesti n.28 2006