Più potere della
Chiesa più oblio di Dio
A quarant'anni dall'inizio della riforma ufficiale della catechesi voluta dal
Concilio con la
pubblicazione del Documento di base Il rinnovamento della catechesi, la Cei ha
inviato una Lettera
alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti, in cui si fa un bilancio
disastroso, secondo la visione dei
vescovi italiani, di questi quarant'anni.
«Si diffonde una concezione della vita - essi scrivono - da cui è escluso ogni
riferimento al
Trascendente. Ciò dipende da molteplici influssi culturali, quali: il
razionalismo, che assolutizza la
ragione a scapito della fede; lo scientismo, secondo cui ha senso parlare solo
di ciò che si può
sperimentare; il relativismo, che radicalizza la libertà individuale e
l'autonomia incondizionata
dell'uomo nel darsi un proprio sistema di significati, rifiutando ogni
imperativo etico fondato
sull'affermazione della verità; il materialismo consumista, che esalta l'avere e
il benessere
materiale».
È un pessimismo, questo dei vescovi, che rivela il senso
di vuoto di un sistema ecclesiastico che si
fonda su un potere tanto esteso quanto inadeguato rispetto alle grandi
trasformazioni della società.
Prete o laico, papa, vescovo o suorina, catechista di parrocchia o insegnante di
religione a scuola, il
sacro personalizzato è lì, sul pulpito o in cattedra, in chiesa, a scuola o in
caserma, in ogni spazio di
vita e di morte, per far risuonare la Parola di Dio, «custodita e trasmessa
autenticamente dal
magistero ecclesiastico».
La società dovrebbe essere perfetta e santa. Invece la gerarchia si lamenta: la
società di oggi è
scristianizzata, la Parola di Dio è ignorata e i valori cristiani disattesi. Più
aumenta la presenza
clericale, più Dio è in ombra. Qualcosa non funziona. Ma cosa?
I motivi sono certamente molteplici e complessi. Se
fosse proprio il potere del sacro e la sua
personalizzazione il nocciolo del problema? La sacralità del sacerdozio e dei
suoi accoliti, il loro
potere, il loro ruolo, il loro metodo d'insegnamento e perfino i contenuti della
catechesi?
Il problema del potere richiama la questione del metodo d'insegnare religione.
Un potere autoritario
usa inevitabilmente un metodo autoritario. Ed è un autoritarismo violento, pur
dietro la maschera di
bontà e amore materno. L'amorevole abbraccio del potere ecclesiastico è
mortale per la crescita
delle coscienze. L'essere umano è e deve restare un eterno lattante,
attaccato alle sacre mammelle
distributrici di verità assolute, di valori assoluti, di norme assolute.
Essere depositari della verità
divina assoluta, essere addirittura infallibili nell'insegnare la verità della
fede e della salvezza,
significa espropriare della verità chiunque altro.
Ci siamo imbattuti in questo problema molti anni fa. Eravamo
una comunità parrocchiale negli anni
a cavallo del Concilio. Insieme a tante altre comunità abbiamo creduto nella
riforma della Chiesa.
L'abbiamo anticipata collocandoci all'interno delle correnti riformatrici.
Nacque il Catechismo della
Comunità dell'Isolotto, «Incontro a Gesù», tradotto in molte lingue, diffuso in
tutto il mondo, che ha
contribuito ad aprire la strada del rinnovamento della catechesi in Italia. E
insieme nacque il
«Nuovo catechismo olandese», il francese «Pierres vivantes», il «Vento di
Dio» della Comunità di
Pinerolo, il peruviano «Vamos caminando»...
Una tale fioritura di esperienze di «catechesi liberatrice» non poteva non
preoccupare la Curia
vaticana. Tant'è vero che tutte sono state oggetto di repressione o censura. E
fu imposto dall'alto il
Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica. E ora piangono scaricando la colpa sul
materialismo.
I catechisti, papi, vescovi, preti, laici, credono di annunciare la Parola
di Dio: non può darsi che
invece annuncino solo il loro potere? Non potrebbe trovarsi proprio lì, nel loro
potere, una delle
cause per cui il Vangelo non arriva alle donne e agli uomini di oggi?
Invece di crescere, il potere del sacro impersonato dal clero e dagli
accoliti dovrebbe diminuire.
Solo così il servizio ecclesiale alla Parola di Dio cesserà di essere ostacolo
alla evangelizzazione.
don Enzo Mazzi il
manifesto 14 aprile 2010