L'arte di strisciare

È normale che in una democrazia il capo del governo ordini ad un'autorità di garanzia la chiusura preventiva di programmi tv?

È possibile che tratti come un suo dipendente il direttore generale del servizio pubblico radiotelevisivo?

È accettabile che un presidente del Consiglio - invece di governare - spenda così tanto tempo al telefono con l'unico obbiettivo di far tacere le poche voci
dissenzienti che ancora vanno in onda in un circuito mediatico addomesticato?

Nessuno degli interessati, ovviamente, risponderà né chiederà scusa per i suoi comportamenti.
Scriveva un grande filosofo e politico del Settecento che il dispotismo di un uomo solo esiste
soltanto nell'immaginazione degli ingenui. Il dispotismo ha bisogno di un certo numero di persone
che siano per libera volontá o costrizione disposti a mettersi al servizio completo, giorno e notte,
anima e corpo, del despota.
Senza di che non ci può essere dispotismo alcuno. Le vicende di questi
giorni, quelle che mostrano l'uso padronale che il presidente del Consiglio fa di tutte le nostre
istituzioni e di tutti gli strumenti a cui può avere accesso è una dimostrazione da manuale di questa
verità sulla natura del potere dispotico. E ci impone di guardare oltre l'atteggiamento padronale di
chi siede a Palazzo Chigi per prestare attenzione a quella classe di persone che stanno al suo fianco
e lavorano alacremente con tutti i mezzi e a tutte le ore per attuare i suoi piani.

A leggere le intercettazioni di questi giorni si resta allibiti dalla mancanza totale di dignità di uomini
che, adulti e spesso anziani, si fanno come bambini o servitori per accontentare i desideri del capo:
dicono sempre sí e temono di essere redarguiti.
Eppure, questi signori, onorevoli, ministri, avvocati,
e anche magistrati, dirigenti, questi signori pretendono dai cittadini –giustamente, dato il loro ruolo
pubblico-rispetto e dignità. E quindi la loro condizione è negativa sotto tutti gli aspetti: verso se
stessi e verso le istituzioni che rappresentano. Verso se stessi prima di tutto, poiché è deprimente e
moralmente avvilente una vita spesa dall'ora della colazione all'ora di cena a rispondere alle
esigenze del potente protettore:
certo, ci sono vantaggi di status e materiali in cambio, eppure è
improbabile che almeno una volta questi vantaggi non siano apparsi come insufficienti a colmare la
fatica psicologica di essere sempre al servizio. Ma la loro condizione è ancora piú negativa per le
istituzioni che rappresentano, istituzioni che erano prima di loro e vivranno dopo di loro (su questo
occorre essere sicuri e convinti) e che il loro atteggiamento servile umilia e infanga.

Un altro grande filosofo francese, il Barone d'Holbach scrisse tra le altre cose un saggio
impareggiabile, pubblicato postumo, sull'arte di strisciare. Ecco che cosa scriveva: "I filosofi, che
spesso sono di cattivo umore, considerano in verità il mestiere del cortigiano come vile, infame, pari
a quello di un avvelenatore. I popoli ingrati non percepiscono la reale portata degli obblighi propri
di questi uomini generosi che, pur di garantire il buon umore del Sovrano, si votano alla noia, si
sacrificano per i suoi capricci, immolano in suo nome onore, onestà, amor proprio, pudore e
rimorsi; ma come fanno quegli ottusi a non rendersi conto del costo di tanti sacrifici? Non pensano
al prezzo da pagare per essere un buon cortigiano? Qualunque sia la forza d'animo di cui si è dotati,
per quanto la coscienza possa esserci corazzata con l'abitudine a disprezzare la virtù e calpestare
l'onestà, per gli uomini ordinari resta comunque penoso soffocare nel cuore il grido della ragione.
Soltanto il cortigiano riesce a tacitare questa voce inopportuna; lui solo è capace di un così nobile
sforzo
".

A noi che subiamo ancora il fascino della Rivoluzione francese per aver spazzato via (o averci
provato) cortigiani e cicisbei, le parole del Barone d'Holbach commuovono poiché siamo egualitari,
attribuiamo grande valore agli individui e vorremmo che tutti potessero vivere a schiena diritta, fieri
della loro personale dignità. Non perché siamo moralisti ma perché teniamo moltissimo alla nostra
personale dignità che le istituzioni democratiche ci garantiscono. Difendere la dignità di queste
istituzioni - e quindi la nostra personale - significa prendere le distanze da tutti coloro che praticano
l'arte di strisciare.

Nadia Urbinati     la Repubblica  18 marzo 2010