L’Onu e Amnesty «Il
Piano nomadi di Alemanno viola i diritti umani»
Amnesty International boccia il Piano nomadi capitolino. E teme che altri
«enti locali possano copiare la giunta Alemanno». Che si arrabbia: «Dossier
partigiano». Ma anche l’Onu è contro il sindaco di Roma.
Dossier dell’organizzazione che chiede al Campidoglio di «fermarsi con gli
sgomberi»
E l’Alto commissario Pillay si guarda intorno: «Mi sembra d’essere in un Paese
degradato»
Una bocciatura in piena regola. È quella comminata da Amnesty International
al Piano nomadi capitolino. In un dossier presentato ieri alla stampa
l’organizzazione internazionale afferma che il Piano rom avviato dal Comune di
Roma e dalla Prefettura, «viola i diritti umani di migliaia di rom»,
nella misura in cui «viola il diritto di alloggio di molti nomadi a Roma che,
non spostati in altro alloggio, sono rimasti senza sistemazione». «Viola il
diritto all’istruzione dei bambini che vivono in campi segregati dalla città o
molto distanti dalle scuole che frequentavano prima dello sgombero». «Viola il
diritto al lavoro di molti rom discriminati per il fatto di vivere in un campo
invece che in una casa».
CIFRE INQUIETANTI
Secondo l’associazione il «Piano avviato nel luglio 2009, che prevede la
distruzione di oltre 100 insediamenti rom nella Capitale e il trasferimento di
6.000 persone in 13 campi in periferia, ampliati o di nuova costruzione, è
destinato a lasciare fuori almeno 1.200 persone. Infatti secondo le cifre
ufficiali, nella Capitale i rom sono 7.200». Ma i numeri potrebbero salire visto
che «stime indipendenti contano a Roma tra i 12.000 e i 15.000 rom». Pur
apprezzando lo sforzo di Comune e Prefetto, per Amnesty «questo Piano
rappresenta la risposta sbagliata perché – rimarca l’esperto sui temi di
discriminazione John Dahlausen – alcune condizioni sono migliorate con l’arrivo
di servizi fondamentali, ma altri rom rimangono senza casa». «Per molti bimbi,
spostati dalle proprie scuole in posti dove non ci sono mezzi pubblici adeguati,
verrà interrotta la scolarizzazione», spiega la presidente di Amnesty Italia,
Christine Weise. Per un altro esponente, Ignacio Jovtis, vanno «rivisti i
criteri di assegnazione delle case popolari in cui vanno inclusi anche i
nomadi». Inoltre «lo sgombero del Casilino 700 nel novembre 2009 non era
previsto dal Piano e ha lasciato centinaia di rom senza alloggio».
Doppia
bocciatura
«Si infrange il diritto allo studio dei bambini e al lavoro degli adulti»
Amnesty chiede di riconsiderare «urgentemente» queste misure. Le famiglie
rom della capitale, spiega, «rischiano di perdere beni personali, contatti,
accesso al lavoro e servizi pubblici». «Vi è inoltre il rischio –
sottolinea ancora Jovtis, esperto di Amnesty sull’Italia – che questo piano
possa essere preso a modello per eseguire sgomberi forzati in altre regioni
italiane. Uno sgombero effettuato senza consultazione preventiva e senza
l’offerta di un alloggio alternativo adeguato alle persone colpite è una
violazione dei diritti umani». Invece di ricollocare i rom «le autorità
li stanno allontanando trasferendoli in campi lontani e questo aumenta
ulteriormente gli ostacoli e la discriminazione cui i rom vanno incontro nella
ricerca di un lavoro regolare che consentirebbe loro di accedere al mercato
immobiliare privato». La risposta, tutt’altro che collaborativa, del sindaco
Gianni Alemanno non si fa attendere: quel rapporto, taglia corto, è «non
corretto e parziale».
LA DENUNCIA
A sostegno della denuncia di Amnesty si schiera l’Alto Commissario
dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay. «È una situazione terribile» il
fatto che ci siano persone «che vivono in queste condizioni da quasi
quarant’anni», dice Pillay, che si guarda intorno visibilmente commossa e
indignata, e che pensava di trovarsi «in uno dei più poveri e degradati
Paesi in via di sviluppo e non un Paese con la storia più ricca di molti altri».
Ieri mattina ha visitato due campi rom, uno abusivo, l’altro legale, alle porte
di Roma. «Sono venuta qui per vedere di persona cosa accade, per sentire i
racconti di queste persone: sono cresciuta durante l’apartheid, so cosa vuol
dire essere discriminati», afferma l’Alto Commissario Onu, che è originaria del
Sudafrica. Pillay, che ha a lungo parlato con gli abitanti dei due campi rom
visitati, ha quindi evidenziato che, nonostante qualcosa sia stato già fatto
per etnie come i rom e i sinti, «c’è ancora molto da fare» e lo testimoniano «i
diversi campi disseminati per tutta l’Italia», dove «ci sono pregiudizi
pericolosi: dipingere rom, sinti e maghrebini come criminali e nomadi può
portare delle tensioni», denuncia Pillay. L’Alto commissario assicura che
continuerà a monitorare la situazione italiana, «esortando il Governo a
muoversi velocemente« verso lo sviluppo dell’integrazione.
Umberto De Giovannangeli l’Unità 12.3.10
La Cassazione “caccia” i genitori
“Via i clandestini
anche se hanno i figli a scuola”
Contrordine. I genitori stranieri senza permesso di soggiorno, che hanno i figli
a scuola in Italia, debbono lasciare il paese. La “tutela delle frontiere” deve
prevalere sull'istruzione obbligatoria. Quest'ultima “non è circostanza
eccezionale” ma una “esigenza ordinaria” e non può dare diritto a un permesso
temporaneo. La Corte di Cassazione fa la voce grossa e capovolge quanto aveva
sostenuto pochissimi mesi fa, con la sentenza 22080 del 2009, in base alla quale
il Tribunale dei minori poteva concedere al genitore clandestino un permesso
temporaneo per restare assieme ai figli alunni, non per motivi eccezionali
legati a condizioni patologiche di cui soffra il minore, ma per ragioni connesse
allo sviluppo psico-fisico del minore.
Una sentenza che aumenta il caos, ha subito commentato Roberto Salvan, direttore
di Unicef Italia: “Il legislatore deve intervenire, per mettere un po'
d'ordine”. Dello stesso avviso Marco Paggi, uno degli avvocati di punta dell'Asgi,
l'Associazione dei giuristi dell'immigrazione: “Il continuo cambiamento della
linea interpretativa della Cassazione, tradisce l'imbarazzo dei giudici. Il
governo non può restare alla finestra, né estendere la criminalizzazione degli
immigrati, che poi non riesce a espellere. Deve intervenire invece con delle
norme chiare, per regolamentare questi casi delicati”.
Con la
nuova sentenza, che reca il numero 5886, la Cassazione, in particolare, ha
bocciato il ricorso di un extracomunitario albanese privo di permesso di
soggiorno, padre di due figli in età scolare, che chiedeva di restare accanto a
loro perché con un suo allontanamento avrebbero subito “un vero e proprio
depauperamento sentimentale” tale da incidere pesantemente sul futuro dei
ragazzi. L'uomo è marito di una concittadina titolare di permesso di soggiorno a
Milano, e addirittura in attesa della cittadinanza italiana non per aver fatto
domanda dopo aver trascorso da regolare dieci anni nel nostro paese, ma perché
adottata da un signore di Busto Arsizio. Evidentemente la coppia ha preferito
non ricorrere all'istituto del ricongiungimento familiare, che comporta una
lunga procedura e prevede che il ricongiunto non risieda già sul territorio
nazionale.
E' stato invece presentato un ricorso al Tribunale dei minori che, secondo
l'articolo 31 del Testo unico sull'immigrazione, può autorizzare l'ingresso e/o
il soggiorno del familiare del minore soggiornante in Italia, per un periodo di
durata limitata e “per gravi motivi connessi allo sviluppo-psicofisico” del
giovane. Ribaltando la precedente sentenza, la Cassazione ha sostenuto dunque
che questi gravi motivi debbono essere “determinati da una situazione di
emergenza”, mentre la frequenza della scuola presuppone una “tendenziale
stabilità” e una “essenziale normalità”. Se così non fosse, “le norme
finirebbero con il legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri
strumentalizzando l'infanzia”. Tradotto in parole povere: facciamo un figlio per
poter ottenere poi il permesso di soggiorno. Anche se quello che si può ottenere
dal Tribunale dei minori è di durata inferiore al massimo previsto oggi per
legge, che è di due anni. Quando il testo della sentenza, relatrice Maria
Rosaria Cultrera sarà noto, potremo anche capire quanti anni hanno oggi i due
minori, perché per arrivare fino in Cassazione ce n'è passato di tempo. Ma
l'intervento del governo, che Unicef e Asgi reclamano a gran voce, non può
essere comunque limitato a regolamentare i casi dei figli di genitori
irregolari, alunni di scuole italiane. E' assolutamente necessario compiere
l'altro pezzo della regolarizzazione: finora è stata accordata soltanto per le
colf e le badanti, lasciando fuori, con un'omissione di assai dubbia
costituzionalità, tutti gli altri immigrati che svolgono altre attività e magari
hanno figli a scuola. In questo modo, oltretutto, lo stesso diktat governativo
dell'espulsione dei cosiddetti clandestini, oltreché ingiusto, si rivela ancora
più evanescente e irrealizzabile. Altra misura più che mai necessaria,
l'allungamento della durata dei permessi di soggiorno, per rendere meno precaria
la condizione dei regolari e agevolare il lavoro delle Prefetture. Dura la
reazione del Pd. I deputati Jean Leonard Touadi e Guido Melis osservano che “è
un errore gravissimo far prevalere le ragioni del respingimento condannando
anche i figli con i padri”. Ma come reagisce la scuola? “Non cambia nulla –
assicura Simonetta Salacone, direttrice didattica della scuola romana Iqbal
Masih – Per l'iscrizione sono richiesti atto di nascita e certificato sanitario.
Nessuno, in Italia e in Europa, domanda se i genitori sono clandestini o no”.
Vittorio d'Almaviva il Fatto 12.3.10