Alla santità non
servono i certificati
Qualunque sia l'esito della controversia sul "miracolo" di Wojtyla, resta il
dubbio che queste
discussioni non finiscano per immiserire il significato del suo carisma. Anche
le precoci
"rivelazioni" del postulatore della causa risentono di un clima di
papolatria che proietta sulla figura papale un riverbero quasi divino.
È il modo più comodo per oscurarne la lezione profetica. Era
già
successo con la beatificazione di Pio X e di Pio IX. Il miracolismo organizzato,
ecco l'altro modo
per distorcere l'analisi obiettiva della realtà umana su cui il vissuto di un
cristiano può dirsi "santo".
Il medioevo aveva cercato in modo ossessivo un criterio materiale della santità.
Questo approccio
materialistico, che arriva fino alla necrofilia feticista con l'esibizione di
scheletri di santi esumati,
viene rilanciato in età post-moderna, in uno scenario di cultura scientifica
diffusa e di puerilità religiosa ancora più estesa.
È vero che la scienza non esaurisce tutto l'umano ma è anche
certo che
una Chiesa che presume di controllare sui certificati medici le virtù di un uomo
non dà
l'impressione di cercare vie migliori per aiutarle a educarsi ad una religiosità
matura, nella quale
non vi sia incompatibilità tra scienza e fede. Molto dipende dalla sua
capacità di mettere a punto
una dottrina soddisfacente sui miracoli. Simone Weil la invocava nella sua "Lettera
a un religioso"
(1951) ma l'Istituzione non le ha dato ancora risposta. Così, il rapporto col
Mistero continua a
svolgersi nei più attraverso la ricerca di segni straordinari nell'ordine
naturale. Non sembra che
ricorra troppo spesso nella predicazione della Chiesa l'invettiva lanciata dal
Cristo contro questa
«generazione perversa» che ha bisogno di vedere per credere. Si corre il
rischio, allora, di
impegnare il soprannaturale a sproposito, per esempio vedendo troppo in fretta
il dito di Dio in
presunte "guarigioni" spiegabili prima o poi per ragione scientifica, meno che
per intervento
soprannaturale. Il rischio è di rendere labile il confine tra cristianesimo,
religione, magia e
superstizione. Il miracolismo non funziona in realtà che per destorificare
il Vangelo e i suoi seguaci,
i santi. La Chiesa sa che il mistero di ogni uomo è in noi stessi, non nelle
prove materiali: non
riguarda le cellule ma le coscienze, che sono incommensurabili. Alla sua
santità non servono i
certificati medici bensì le prove non solo della pietà e dell'integrità
dottrinale, ma anche della bontà
d'animo, delle opere di misericordia, dell'amore per l'Altro. In fondo, Madre
Teresa di Calcutta si
era conquistata rispetto e ammirazione prima di essere dichiarata santa. Non
solo i cristiani ma
anche gli induisti la guardano come "donna di Dio". La sua santità ricorda
che, nell'ordine cristiano,
un atto di solidarietà fatto con cuore puro è un prodigio grande almeno quanto
camminare sulle
acque.
Giancarlo Zizola la Repubblica 5 marzo 2010