I princìpi non sono merce
Colloquio tra
Claudio Magris e Gustavo Zagrebelsky
Dalla difesa della Costituzione alla diffidenza verso i valori, lo scrittore
e il giurista si sono confrontati sull´Italia di oggi e su quel che dovrebbe
costituire un´identità comune
"In questi tempi certe parole vengono usate in un modo che non è proprio"
"La ragione è stata anche alla base di molte tragedie Rivalutiamo il sentire
universale"
Legge. Diritto. Giustizia. Tre parole che a un orecchio distratto
potrebbero parere analoghe, intercambiabili quasi, e che invece racchiudono modi
anche assai lontani di concepire quel sistema di principi e di regole che rende
possibile la convivenza tra le persone e tra i popoli. Tre parole che, ieri,
hanno aperto con il primo dialogo il ciclo "ItAlieni. Come siamo diventati
extraterrestri", un´iniziativa promossa dal Circolo dei Lettori di Torino per
riflettere e ritrovare vecchie e nuove parole comuni. Gustavo Zagrebelsky,
costituzionalista, autore di numerose riflessioni sul tema delle norme e dei
valori fondanti, giuridici e non solo, e Claudio Magris, scrittore e germanista
ritrovatosi negli ultimi anni tra le voci italiane più critiche proprio sui temi
della giustizia, dei diritti e del loro stravolgimento, hanno dato vita in un
sala gremita a un dialogo appassionato, a partire dall´ultimo lavoro di
Zagrebelsky, Intorno alla legge. Il diritto come dimensione del vivere comune
(Einaudi). Senza potere né volere evitare i riferimenti all´attualità, come
quando si è affrontato il tema della riforma della Costituzione o del valore del
lavoro, in trasparente polemica con il "liberismo" del ministro Renato Brunetta.
Ecco il resoconto del loro scambio.
MAGRIS In
un celebre dialogo tra Pericle e Alcibiade quest´ultimo interroga: che cos´è la
legge? E Pericle risponde: la legge è la traduzione scritta di ciò che
l´assemblea ha deciso. È davvero così? È soltanto la maggioranza a determinare
le leggi?
ZAGREBELSKY No. La legge non può non basarsi su un tessuto comune, su idee
condivise prima della formazione stessa del diritto. Se il diritto viene
imposto con la forza, anch´esso diventa sopraffazione.
MAGRIS
Occorrono dunque dei principi fondanti. Ma intorno a questi, che in un certo
momento storico appaiono intoccabili, possono cadere i tabù. Qualcuno comincia a
dire che la Costituzione italiana deve essere cambiata perché è cambiato il
contesto storico che l´aveva determinata. Ma devono essere cancellati anche i
suoi principi di base?
ZAGREBELSKY Il tema è attuale e ben noto. Qual è oggi il senso di ispirarsi a
norme volute da forze politiche che non esistono più, in un contesto assai
diverso dal nostro? La risposta è che esistono principi base che non possono
essere toccati, e altri attuativi sui quali si può discutere. Non si può
cambiare la Costituzione a ogni cambio di generazione perché questo genererebbe
un´instabilità politica non desiderabile.
MAGRIS Non
tutti sono d´accordo, però… E proprio sulla Costituzione è ormai battaglia
aperta…
ZAGREBELSKY È così. Di recente qualcuno ha detto che il lavoro è una merce e che
la Repubblica dovrebbe quindi fondarsi sul mercato del lavoro. Ma si può fondare
la Costituzione su una merce? Il lavoro è, innanzi tutto, un elemento
della dignità umana, che dovrebbe essere più importante di qualunque merce
MAGRIS
Dunque è indispensabile difendere la Costituzione italiana, almeno nella sua
parte fondativa?
ZAGREBELSKY Io credo di sì. Non è un caso che essa sia stata così spesso ripresa
in altri testi fondamentali, a cominciare dalla Dichiarazione dei Diritti
dell´Uomo delle Nazioni Unite, che è di dieci mesi più giovane. Essa si
inserisce in un grande movimento politico e culturale che è ancora vivo e
attuale. Intorno, di lato, a fianco, deve stare il dibattito politico e
culturale, i temi che i Padri costituenti non poterono affrontare per la buona
ragione che non si ponevano ancora, come ad esempio molte delle questioni di
bioetica di cui si discute oggi.
MAGRIS In
questo libro, tu rivaluti il sentimento, l´esistenza di sentimenti comuni su ciò
che è giusto e soprattutto su ciò che è ingiusto e non può essere tollerato. Non
si tratta di un´illusione? Non può accadere che ci siano persone che non
condividono l´intollerabilità di certi atti, compresi i più efferati, come i
crimini nazisti, l´uccisione di innocenti?
ZAGREBELSKY Rivalutare il "sentimento comune" in contrapposizione alla ragione
ha il senso di riproporre un "universale umano". La ragione è
stata alla base di molte tragedie del secolo scorso: ad esempio all´origine del
razzismo ci sono alcune idee apparentemente razionali. Perché un sentire
universale umano possa esistere, e non rappresentare una mera illusione occorre
un lavorio continuo, quel lavoro che fa della legge e del diritto qualcosa di
vivo e di vero.
MAGRIS Non
sono convinto della radicale distinzione tra sentimento e ragione. Il razzismo
non è stato soltanto una teoria basata su fondamenti razionali, ancorché non
condivisibili o distorti, ma un modo di sentire. Quando negli Stati Uniti
caddero le norme che impedivano agli afroamericani di studiare nelle Università
una parte della popolazione lo considerò illegittimo e dovette intervenire
l´esercito. Condivido di più la distinzione tra principi e valori. Perché i
principi sono da preferire?
ZAGREBELSKY Entrambi diffidiamo della parola "valori", specie per come viene
usata di questi tempi. Se io scrivo sul muro davanti a me che la pace è un
valore, significa che è un obiettivo da perseguire con ogni mezzo. Se invece la
pongo alle mie spalle come principio non potrò che perseguirla con strumenti
pacifici.
MAGRIS
Occorre che tutti siano persuasi che la legge è giusta? È davvero credibile che
le regole che una società si dà possano essere condivise da tutti? E se non è
così, come si tutela la minoranza, chi non è d´accordo con quella legge o quelle
leggi?
ZAGREBELSKY Esiste un "diritto verticale", imposto dall´alto verso il basso, che
è tipico delle monarchie, del comando di uno solo, ed esiste un "diritto
orizzontale", che si forma poco alla volta, persuadendo un numero crescente di
persone. Pensiamo all´eutanasia: se io parto dall´affermazione che la
vita non può in nessun caso essere toccata perché "appartiene a Dio", è chiaro
che solo chi la pensa come me fin dall´inizio condividerà la legge che ne
deriva, e lo stesso accadrà se affermo che "la vita è mia", e dunque posso
disporne come mi pare. Occorre trovare una terza strada, sulla quale i
cittadini andranno persuadendosi nel tempo e per far questo i giuristi da soli
non bastano.
Repubblica 18.2.10