L'immigrazione e il
dominio del denaro
L’aggressione a Rosarno dei neri e la loro rivolta disperata sono archiviate in
breve come le
precedenti con qualche orripilante ma assai popolare invettiva contro
l’indulgenza verso
l’immigrazione clandestina e con qualche lacrima compassionevole verso i poveri
schiavi trattati
come bestie randagie. E i clementini della piana del Tauro non ebbero alcun
sussulto al mercato
della frutta e la politica continuò il suo balletto e tutti ci voltammo
dall’altra parte a cercar sedativi
contro l’angoscia montante per un futuro senza speranza.
Mentre i fatti di Rosarno andrebbero assunti come sintomo di un cancro che
divora la società ormai
a livello mondiale. Per cercar terapie finché c’è tempo. Nella società fondata
sul dominio assoluto del danaro siamo tutti neri.
È il danaro, nuova divinità, che si è impossessato delle
nostre anime e
dei nostri corpi e ci ha sfrattati da noi stessi. La società del benessere è
ridotta a una fortezza
assediata. Ma è una illusione alzar mura, installare body scanner, e
rovesciar barconi. Il nemico che
ci assedia non è l’immigrazione. Siamo noi nemici a noi stessi. La crisi
è dentro la struttura stessa
della città. Un nuovo umanesimo s’impone. Ma il suo centro non è più la città.
Anzi presuppone il crollo delle mura e lo prepara.
È la vendetta del sangue di Remo. Il fondamento di un nuovo
patto
non può che trovarsi nell’essere umano in quanto tale, indipendentemente dal
luogo di nascita e dal
colore della pelle. Il risveglio di una tale consapevolezza non è né
facile né indolore.
Ed è qui che si apre uno spazio significativo e caratterizzante non solo per la
politica ma per il
volontariato e più in generale per l’associazionismo. Purtroppo la strada più
facile è quella
dell’assistenzialismo. Ma è una strada scivolosa. L’assistenzialismo,
comunque rivestito, non crea
parità di diritti.
Chi ha a cuore l’obbiettivo dell’affermazione dei diritti di cittadinanza per
tutti, come diritto pieno,
comprensivo dei diritti sociali, e come diritto inalienabile della persona,
non può fare a meno di
impegnarsi sia sui tempi brevi della mediazione politica, per raggiungere il
raggiungibile, qui e ora,
sia sui tempi lunghi della trasformazione culturale, in mezzo alla gente.
E direi che l’associazionismo più che tappar buchi e metter toppe, dovrebbe
imboccare più
decisamente proprio la strada della trasformazione culturale. Tendere
a smontare i paradigmi
culturali, ideologici e anche religiosi, che sono all’origine della
discriminazione. Con pazienza
infinita e con umiltà, senza tirare la pianticella per lo stelo. Ma anche con
tanta coerenza e
fermezza. Senza vendere mai tutto sul mercato dell’emergenza e senza
sacrificare mai tutto
sull’altare della mediazione politica.
don Enzo Mazzi l'Unità 10 gennaio 2010