L’araba ribelle
Esibire simboli religiosi? Offende il pubblico pudore


La religione cristiana non è più tollerante di quella islamica. La Chiesa ha trovato modi più ipocriti e pericolosi per combattere chi la sfida
Per avere bisogna concedere: come spiegheremo agli islamici europei che il Burka è offensivo se non ammettiamo che il crocifisso lo è per loro?
La religione, come l’amore, dovrebbe essere un fatto intimo e privato.


Quando la cantante americana Madonna, nel video della sua canzone Like a prayer (1989), ha baciato la statua di un santo di colore, che poi si animò e danzò sensualmente davanti a delle croci che bruciavano, è stata aspramente criticata dal Vaticano e dai cattolici, perché quel video è stato giudicato “sacrilego”. Ripeto: È stata “aspramente criticata”. Punto. Quando invece il regista olandese Teo Van Gogh ha rilasciato il suo cortometraggio “Submission” (2004), in cui si vedevano dei versi di una sura del Corano scritti sulla schiena della protagonista del film, è stato assassinato da un musulmano olandese.
Il codice Da Vinci, Gilbert and George, Damien Hirst, e le loro violente provocazioni al Cristianesimo? “Aspramente criticati”. Salman Rushdie, Taslima Nasreen, Ayan Hirsi Ali e le loro violente provocazioni all’Islam? Fatwa. Minacce di morte. Omicidi. Perché ripeto ora questi fatti conosciuti da tutti ormai? Non certo per sostenere che la religione cristiana è più tollerante di quella islamica. Quello è solo uno “bluff ”, un’illusione ottica che non dovrebbe illudere nessuno. E io non sarei per nulla credibile, né coerente con me stessa, se sposassi una tesi simile. Anzi, secondo me la Chiesa ha trovato metodi più ipocriti, cancerogeni, e forse anche più pericolosi, per combattere quelli che sfidano il suo potere. Mi posso permettere di affermarlo, essendo in fondo un “prodotto” della cultura cattolica, anche se orientale.

Le dico, queste cose, per sostenere una tesi: per avere, si deve concedere. Io sono nata e cresciuta in un paese (il Libano) dove c’era di tutto: musulmani sunniti, musulmani sciiti, drusi, cattolici, ortodossi, ecc.; un paese dove 20 comunità religiose diverse condividevano, (in salutare indifferenza, almeno fino al 1975) questo microscopico spazio geografico, politico e sociale. Io ho imparato, fin da piccola, a non esibire le mie convinzioni come se fossero delle verità assolute e definitive che valgono per tutti. Ho anche imparato che dobbiamo fare una scelta tra il rigetto dei simboli (quindi eliminarli) o il rispetto dei simboli (quindi accettarli tutti); e ho imparato che la libertà d’espressione è diversa dalla libertà dioffendere; e che il “politicamente corretto”, e il “decentemente corretto”, non sono affatto la stessa cosa.
Per avere, si deve concedere. In parole più chiare, come potremmo convincere la comunità musulmana d’Europa che il Burka, per esempio, è offensivo, senza ammettere che anche il crocifisso lo è per loro? Il crocifisso non è un oggetto di decorazione: è un simbolo della fede cristiana e delle sue leggi. Il crocefisso dice, tra l’altro: “Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia”. (San Paolo, Prima lettera a Timoteo, 2: 12 – 15).
Allora basta con l’esibizionismo e il voyeurismo religiosi, in tutte le loro forme.
Andare a pregare dovrebbe essere come andare a fare l’amore: un’affare privato. Si parla sempre di oscenità sessuale, ma perché nessuno parla di oscenità religiosa?
Chi fa l’amore in pubblico viene mandato in prigione: sostengono che sia “un’offesa al pudore pubblico”. Io sogno un mondo laico, non contaminato, dove lo stesso trattamento è riservato a coloro che fanno spettacolo della loro fede religiosa.
Eppure, lo confesso, aspetto con grande impazienza il giorno in cui una cantante musulmana danzerà in pubblico con un piccolo Corano appeso tra i seni nudi. Vivrebbe, la sciagurata, 24 ore per raccontarlo.
Intanto, io vado a pregare a modo mio. Cioè a fare l’amore. In privato. Molto in privato.

Joumana Haddad, scrittrice libanese     Terra 17.12.09