L’aria torbida di fine regno
L´aria che si respira in questi giorni è di fine della seconda Repubblica.
Non è detto che sia anche la fine di Berlusconi perché le due cose non sono
necessariamente coincidenti. Può darsi che la fine della seconda
Repubblica porti con sé e travolga chi su di essa ha regnato; ma può darsi anche
che sia proprio lui ad affossarla sostituendola con una Repubblica autoritaria,
senza organi di garanzia capaci di preservare lo Stato di diritto e l´equilibrio
tra i vari poteri costituzionali.
Il Partito democratico ha presentato in Parlamento il 22 ottobre, con la firma
di Anna Finocchiaro, Luigi Zanda e Nicola Latorre, una mozione che fotografa con
efficacia questa situazione. Se ne è parlato poco sui giornali, ma è l´atto
parlamentare più drammaticamente documentato del bivio cui il paese è arrivato,
mentre la crisi economica mondiale è ancora ben lontana dall´aver ceduto il
posto ad una ripresa.
I sintomi di questa «fin du règne» sono molteplici. Ne elenco i
principali: l´attacco martellante e continuativo del presidente del Consiglio
contro la Corte costituzionale e la magistratura; la definitiva presa di
distanza del medesimo nei confronti del Capo dello Stato; il disagio crescente
di Gianfranco Fini verso la linea del Pdl e in particolare verso le candidature
dei governatori in alcune regioni e in particolare il Veneto, il Piemonte, la
Campania; l´irrigidimento della Lega su Veneto e Piemonte da lei rivendicate.
E poi il dissenso sempre più profondo tra una parte del Pdl (Scajola, Verdini,
Baldassarri, Fitto, Gelmini) e Tremonti e la difficoltà di Berlusconi a
ricomporre questo scontro che sta spaccando in due il centrodestra; la rivolta
degli artigiani del Nordest contro la politica economica del governo; l´analoga
rivolta di molti imprenditori lombardi; i casi giudiziari della famiglia
Mastella; i casi giudiziari di un gruppo di imprenditori collegati a Formigoni;
il caso Marrazzo e le sue possibili conseguenze politiche ed elettorali; gli
attacchi dei giornali berlusconiani contro Tremonti e la sua minaccia di
dimettersi. Infine la preoccupazione del presidente della Repubblica che aumenta
ogni giorno di più e si manifesta in ripetuti e pressanti richiami a mandare
avanti le riforme in un clima di condivisione.
L´elenco è lungo e sicuramente incompleto, ma ampiamente sufficiente ad
alimentare la percezione di un processo di «disossamento» del paese,
d´una guerra di tutti contro tutti, di un´azione di governo basata su
frenetici annunci ai quali non segue alcun fatto. Si procede alla
cieca. Siamo addirittura ad una sorta di fuga del premier che si è
andato a nascondere nella duma personale di Putin e lì sta ancora mentre
scriviamo (trattenuto a quanto si dice da una furiosa tempesta di neve della
quale peraltro non c´è traccia nel bollettino meteorologico) dopo aver disertato
la visita di Stato del re e della regina di Giordania ed aver rinviato a data da
destinare il Consiglio dei ministri che era stato convocato per venerdì mattina.
Forse per sfuggire al chiarimento con Tremonti?
Di sicuro si sa soltanto che il nostro premier è con il dittatore russo da tre
giorni durante i quali hanno parlato «anche» di affari. Insomma, tira un´aria
brutta, anzi mefitica.
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Eugenio Scalfari Repubblica 25.10.09