Il Cavaliere e la
dignità violata
Berlusconi ripete spesso che "la maggioranza degli italiani è con me". Ma forse
pensa che quando parla di donne la totalità degli italiani (uomini ) è con lui.
Il silenzio protratto di molti, troppi uomini su come il premier tratta e
descrive le donne, sembrerebbe provare che egli rappresenta davvero il costume
di una gran parte dei maschi. Anche alcuni leader dell´opposizione,
quando si cominciò a sapere di escort e festini, dissero che erano affari
privati e che la politica non doveva infilarsi sotto le lenzuola. Poi però si
seppe che spesso le lenzuola vennero usate come trampolino per poltrone, affari
e clientele e allora la tesi giustificativa del "privato" non tenne più.
Naturalmente, il ricorso al privato é ancora l´arma più brandita dal leader e da
chi lo sostiene anche con la strategia del dileggio contro chi la mette in
discussione. E tutto viene liquidato con l´accusa dell´invidia, la quale è un
vizio privato non giustificabile; é un vizio e basta.
La donna, dice il Signor Berlusconi, è il più bel dono che il creato ci (leggi:
a noi uomini, non al genere umano) ha dato. La logica è vecchia come il mondo ma
sempre nuova: noi siamo state create ed educate per alleggerire il peso di
chi ha potere e responsabilità. Noi siamo solo privato. Se
proviamo a essere noi, né doni né veline, allora siamo niente, oggetto di offesa
e di attacco: brutte, vecchie, e via di seguito. Anche in questo caso
l´accusa di invidia viene usata per squalificare le nostre ragioni: perché,
presumibilmente, se fossimo giovani e belle non ci offenderebbe essere
trattate come un dono. Se ci offende, ecco la conclusione della filosofia
dell´invidia del signor Berlusconi, è perché nessuno ci vuole più come un dono.
Risultato: a bocca chiusa siamo accettate sempre, da giovani o vecchie, se belle
o brutte; ma se usiamo il cervello siamo offese sempre: se belle perché pensare
non si addice alla bellezza, se brutte perché pensare è germe di invidia.
La
logica é chiara: il leader del nostro paese usa le armi del maschilismo più
trito per azzerare nelle abitudini la cultura dei diritti e dell´eguale dignità
che generazioni di donne e di uomini hanno con durissima fatica costruito.
Si potrebbe dire che la sua è una logica controrivoluzionaria da manuale, una
truculenta reazione contro una cultura che ci ha consentito di essere cittadine
uguali fra cittadini uguali. Con una precisazione importante: non è la presenza
nel pubblico che ci viene tolta; molto più subdolamente, è l´autonomia, la
scelta competente di poter essere parte del pubblico che ci si vuole togliere
(le poche ministre del governo sono lì perché sono gradevoli al capo, per
ragioni tutte private e soprattutto per volontà altrui). È anche per questo che
la distinzione tra pubblico e privato oggi non tiene: perché questa distinzione
ha valore solo se riposa su un presupposto di eguaglianza di dignità;
diversamente il privato è un serraglio e il pubblico uno spazio dispotico e di
fatto un´estensione del privato, dei suoi interessi e delle sue pulsioni.
Viviamo un tempo in cui i diritti dell´eguaglianza sono sotto attacco:
dall´istituzione della carta di povertà, alla demolizione della scuola pubblica
e del servizio sanitario nazionale, al trattamento di privilegio rispetto alla
legge che i potenti pretendono: tutto va nella direzione di una maggiore
diseguaglianza. E l´offesa che subiscono le donne – l´insulto alle
ragazze veline, a Rosy Bindi e a tutte noi–è la madre di tutte gli arbitri e di
tutte le diseguaglianze. E per troppo tempo questo fenomeno è stato digerito
come cibo normale, come se, appunto, il Signor Berlusconi fosse davvero
rappresentativo della mentalità generale di tutti gli italiani. è vero che
troppo spesso si vedono platee di convegni o di eventi pubblici popolate di soli
uomini, come se il genere femminile non contemplasse anche studiose oltre che
intrattenitrici. Ed è vero che purtroppo è quasi sempre solo l´occhio delle
donne a vedere questa uniformità al maschile. Certo, è bene non generalizzare.
Tuttavia non é fuori luogo ricordare anche a chi lo sa già che la dignità
violata delle donne è dignità violata per tutti, anche per gli uomini. I
quali, in una società compiutamente berlusconiana non sarebbero meno subalterni
e più autonomi delle loro concittadine.
Nadia Urbinati
Repubblica 10.10.09