L’alleanza tra Dio e Mammona
“Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà
l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a Mammona” (Matteo 6,24
e Luca 16,13), ma è noto che il cardinal Ruini, nel suo lungo periodo di leader
incontrastato della Chiesa gerarchica in Italia, è riuscito nel miracolo, ha
fatto dell’alleanza tra Dio e Mammona la stella polare della politica cattolica.
Mammona è infatti nei vangeli la personificazione del denaro e di ogni altra
idolatria mondana, ed è impossibile negare, anche a chi non vuole avere
“orecchie per intendere”, che il vicario di Mammona nel nostro paese si
chiami Silvio Berlusconi. Nei confronti del quale la Chiesa di Ruini ha
garantito il più smodato dei sostegni, sia quando il Putin di Arcore era al
governo sia quando all’opposizione (picconando i poveri governi Prodi e D’Alema,
benché proni e prodighi verso i “desiderata” del Vaticano).
In cambio, la Chiesa gerarchica ha ottenuto beni materiali e morali di smisurata
dovizia: dall’intangibilità del meccanismo truffaldino dell’otto per mille ai
pingui finanziamenti per la scuola confessionale, dal tracimare onnipervasivo
della Compagnia delle opere (leggi Comunione e Liberazione) alla legge clericale
sul fine-vita, passando per il boicottaggio della pillola Ru486 e le crescenti
restrizioni di fatto sull’aborto.
L’alleanza tra Dio e Mammona è - nelle parole di Gesù - contro natura e
impossibile, dal punto di vista di Dio è una bestemmia, ma la prolusione del
cardinal Bagnasco di fronte al “Consiglio permanente” dei vescovi, lunedì
scorso, ha solo puntualizzato tale strategia, dopo le recenti polemiche sul caso
Boffo, al fine di scongiurare nuovi screzi con Mammona.
Naturalmente tale sacrilega alleanza non viene riaffermata “apertis verbis”,
malgrado l’altro richiamo evangelico che intima “il tuo dire sia sì sì, no no,
perché il di più viene dal maligno” (Matteo, 5,37). Qui di tale “di più” se ne
trova a bizzeffe, l’essenziale viene detto obliquamente, il ricorso
all’allusione è costante, ma la pretesa della Chiesa gerarchica al dominio su
beni mondanissimi, materiali e morali, resta la trasparente architrave. Valga il
vero.
Sua eminenza Bagnasco inizia nel solito modo accattivante, di curiale
prammatica: “Niente ci è più estraneo della volontà di far da padroni: cittadini
di questo Paese, conosciamo bene i principi e le regole che reggono una
democrazia pluralista”. Ora, il principio di una democrazia pluralista è
costituita dalla autonomia di ciascun individuo. La regola è quella della
sovranità popolare, che solo nella autonomia di ciascuno trova il suo limite, e
che ovviamente esclude la sovranità di Dio. In questo caso, infatti, la
sovranità dei cittadini che decidono liberamente la legge sarebbe cancellata dal
dovere di obbedire ad una legge eteronoma, quella di un Dio (quale, poi?).
Il Bagnasco “liberale” dura in realtà un solo istante, e si invera
immediatamente in questo diktat sul testamento biologico: “il lavoro compiuto al
Senato è prezioso. La Cei auspica che la Camera non si lasci fuorviare da
pronunciamenti discutibili … Attendiamo una legge che possa scongiurare nel
nostro Paese altre situazioni tragiche come quella di Eluana”. Insomma, il
sondino deve essere obbligatorio, anche se tu intendi rifiutarlo il braccio
secolare della legge te lo ficcherà nell’esofago a forza, e guai ad ascoltare i
“distinguo” di Fini. La tua volontà è infatti solo una “consapevolezza
soggettiva”, quale sia il tuo “bene oggettivo” lo stabiliscono le ubbie di
Ratzinger.
Il “pluralismo” di Bagnasco prosegue: la pillola RU486, malgrado l’agenzia del
farmaco si sia pronunciata a favore (del resto circola in Europa da oltre un
decennio), deve essere dal governo contrastata con ogni cavillo, poiché
“accettando(la) e tollerando(la)” verrebbero calpestati “valori quali la dignità
della persona, la giustizia e la pace”. Non basta. Sulla sentenza del Tar che
considera l’insegnamento della religione non significativo per la media
scolastica (ovviamente, visto che è insegnamento facoltativo!) viene lanciato un
vero e proprio anatema.
Del resto, annunciando una prossima grande campagna sulla scuola, Bagnasco
ammonisce: se “si ritiene lesivo dell’intelligenza qualsiasi riferimento ad un
bene oggettivo che preceda le nostre scelte, allora davvero educare diventa
un’impresa impossibile”. L’educazione (forzata) a questo benedetto “bene
oggettivo” in altri regimi si chiamava rieducazione. Il Muro della Chiesa
gerarchica contro l’autonomia degli individui non è mai caduto.
Dove il discorso diventa improvvisamente diretto è quando si colora di toni
ricattatori: “La Chiesa è in questo Paese una presenza costantemente leale e
costruttiva che non può essere coartata né intimidita solo perché compie il
proprio dovere…La stessa memoria degli impegni solennemente assunti da ogni
forza politica al momento del voto… si pone per noi su quel livello della
pertinenza etica che è intrinseco ad una partecipazione vitale di tutti i
cittadini alla costruzione della polis”.
Berlusconi e la Chiesa dei Ruini e Bagnasco hanno in comune l’odio
strutturale per l’autonomia degli esseri umani. In nome del loro Dio i
secondi, del proprio Ego il primo. Ci vogliono obbedienti “perinde ac cadaver”,
anziché criticamente pensanti e liberamente agenti. Ma due analoghe pretese
totalitarie entrano anche in rotta di collisione. Da qui il caso Boffo scatenato
da “il Giornale”, che in trasparente codice “mafioso” allude alla possibilità di
rivelazioni su omosessualità ben più in alto. Da qui la risposta della Cei, che
minaccia di cambiare alleato. Contraddizioni in seno ai nemici delle libertà.
Insomma, la vendita delle indulgenze continua.
Paolo Flores d'Arcais "il Fatto Quotidiano", 23
settembre 2009