L'ora vaticana
nella scuola
Il contenzioso fra le due sponde del Tevere riguarda sempre gli stessi temi,
quelli che toccano la
nascita e la morte, dall'aborto al testamento biologico. Un posto a parte tocca
sempre
all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole: anche in questi giorni,
a seguito di una
sentenza del Tar che ne riduce il ruolo e l'importanza nel complesso della
scuola. Aspra e immediata
la reazione vaticana: si è così riaperta una vecchia «querelle». Fra
l'altro: che cosa possono fare gli
studenti che «non si avvalgono»? Quali e dove le ore alternative? Come si
configura un
insegnamento che non deve essere catechistico, ma soltanto conoscitivo?
Domande alle quali in
questi anni sono state date risposte più teoriche che pratiche. Comunque
insoddisfacenti.
La questione si pone - si impone - non soltanto da noi. Nei paesi a larga
maggioranza cattolica come
il nostro la chiesa ha sempre combattuto il passaggio da un insegnamento
cattolico a un
insegnamento etico. Così è in non pochi paesi a maggioranza protestante,
ma da noi il Vaticano ha
sempre rifiutato questa soluzione, considerandola riduttiva e rinunciataria. Il
settimanale protestante
«Riforma» a proposito della «nuova offensiva» dei vescovi italiani sull'ora di
religione cattolica
romana titola: «L'ora vaticana nella scuola». Sottotitolo: «Con quale animo si
intende procedere nel
cammino ecumenico se si frappongono macigni come la pretesa che quell'ora
facoltativa diventi
disciplina a tutto tondo?».
Nel dibattito suscitato dalla sentenza del Tar del Lazio, comunque, non manca
qualche voce un po'
nuova. Così quella di Vito Mancuso che su «Repubblica» sostiene che si potrebbe
mantenere l'ora di
religione come ora di religione cattolica, ma sottraendola all'autorità
ecclesiastica per farla
dipendere, come le altre materie, dalle autorità scolastiche. Il Vaticano
sarebbe certamente contrario,
forte, com'è, anche dal numero delle adesioni. Sempre alte, anche se in calo con
il crescere dell'età e
salendo dal sud al nord del paese.
Bisognerebbe, però, chiedersi quanto a queste adesioni scolastiche
corrisponda veramente la
conoscenza del cristianesimo e la prassi della vita cristiana. E
bisognerebbe chiedersi anche quanto
il «ruolo pubblico» giovi veramente alla vita cristiana. Risposte non facili.
Filippo Gentiloni il manifesto
20 settembre 2009