Perché il mondo
cattolico preferisce tacere
Nonostante tutto, il consenso del mondo cattolico a Berlusconi non sembra
diminuito. Nonostante le
vicende private, nonostante la politica antiumanitaria e razzista. Un consenso
che, anche se con un
piccolo calo, si mantiene maggioritario proprio fra i cattolici praticanti
(Mannheimer). Come mai?
Si può cercare di rispondere ricordando alcune caratteristiche del mondo
cattolico italiano.
La prima caratteristica non può non riguardare le fonti di informazione. I
cattolici del nostro paese,
più o meno come tutti o quasi i loro fratelli, ascoltano soprattutto la tv.
I mass media certamente più
dei vescovi e dei parroci. E non bisogna dimenticare che la voce dei media è
quella di Berlusconi.
Non tutta, certamente, ma per larga, larghissima parte. Anche la voce della
chiesa nel nostro paese
passa per l'altoparlante berlusconiano dei mass media. È qui che
l'opposizione viene dimezzata e
corretta; è qui che si fabbrica, giorno dopo giorno, il consenso al governo e
anche alle sue prese di
posizione caratterizzate da un dubbio - a dir poco - spirito cattolico.
Non che manchino del tutto le voci di dissenso. Quelle che resistono, però,
prima di tutto sono
deboli e rare. Si aggiunga che generalmente sono politicamente caratterizzate
come «di sinistra»: la
loro coloritura politica prevale, generalmente, sulla loro coloritura cattolica
(tutti cattocomunisti,
ama dire Berlusconi). A tutto vantaggio, quindi, della politica del premier.
Si deve anche aggiungere che il mondo cattolico - è bene usare questa
espressione generica - anche
quando è critico nei confronti di Berlusconi, è attento a non perdere quei
privilegi che il governo di
centrodestra gli concede. Privilegi importanti, come si è visto ancora
in questi giorni a proposito
dell'insegnamento della religione nella scuola. I «palazzi» vaticani sono
attenti a non incrinare un
rapporto che, tutto sommato, è a loro favore.
E, allora, è meglio tacere o quasi. Nonostante le escort e il caso Boffo
e gli immigrati respinti in
mare. Sopportando un certo imbarazzo: a dir poco. Una nuova Democrazia Cristiana
(quella, forse,
di Casini) sembra al cattolicesimo italiano ancora lontana.
Filippo Gentiloni il manifesto
13 settembre 2009
Basta, Cavaliere!
Decidendo di attaccare per “diffamazione” due quotidiani di centrosinistra – la
Repubblica e l'Unità
-, Silvio Berlusconi si rivela il peggior avvocato della sua causa. Invischiato
da più di quattro mesi
in una serie di rivelazioni scabrose sulla sua vita privata non prive di
conseguenze sulla sua attività
pubblica, il presidente del consiglio italiano, piuttosto che spiegarsi e fare
chiarezza, ha scelto di
delegittimare ed intimidire le testate che non controlla.
Proprietario di tre canali televisivi privati, di un gruppo editoriale e
di stampa, l'imprenditore
Berlusconi dispone di un ventaglio di media pronti a cantare le sue lodi
quotidianamente;
controllando gran parte dell'audiovisivo pubblico, il presidente del consiglio
Berlusconi ha anche i
mezzi per far passare sotto silenzio la telenovela delle sue turpitudini – e ci
riesce. Ma, per il
“Cavaliere”, questo non basta. Come se fosse sufficiente che qualche titolo
mettesse in luce le sue
contraddizioni, gli chiedesse di render conto o lo deridesse per scuotere la
realtà del potere.
Così facendo, il capo del governo italiano commette un doppio errore. In quanto
uomo dei media, è
nel posto giusto per sapere che l'informazione non si controlla più. Il progetto
di alzare un muro tra
l'informazione ed i suoi concittadini è un'illusione, quand'anche fosse dettata,
come dice, dalla
preoccupazione di “proteggere la sua vita privata”. In quanto uomo politico –
anche se anomalo si
assume il rischio, in quest'avventura giudiziaria, di svilire ancor di più la
sua funzione e di
nuocere all'immagine del paese che dirige.
Il principio della libertà di stampa, anche se quest'ultima non è esente
da errori o da
approssimazioni, non si discute e non può essere rimesso in discussione.
Salvo fare del paese una
singolare anomalia in Europa. Il semplice fatto che sia prevista una
manifestazione, sabato 19
settembre a Roma, per difendere questa libertà fondamentale la dice lunga sulla
situazione che
regna in Italia e la preoccupazione che suscita.
Se Berlusconi – che durante il suo mandato non può in nessun modo essere
perseguito, rinunciasse
alla sua offensiva giudiziaria e scegliesse di mantenere un profilo basso, si
eviterebbe il ridicolo di
dover porre l'Italia in concorrenza con la Corea del Nord o la Russia nel campo
della libertà
d'informazione. E lui che si definisce “il miglior presidente del consiglio
– italiano -” da
centocinquant'anni – cosa che toccherà alla Storia giudicare – eviterebbe fin
d'ora agli occhi di
buona parte dell'opinione pubblica internazionale di passare per il peggiore.
in “Le Monde”, quotidiano francese,
13 settembre 2009