Caro Benedetto XVI
perché di fronte alla violenza contro i gay taci?
Caro Papa,
so già che molti si scandalizzeranno quando leggeranno questa lettera. Altri si
metteranno a ridere e
mi diranno che sono il solito ingenuo, che cerca di cambiare il mondo scrivendo
lettere inutili.
Qualche anticlericale mi accuserà poi di alimentare l’illusione che, nella mia
chiesa, ci sia qualcuno
che ascolta gli omosessuali credenti come me. Qualcun altro ancora, cancellerà
l’email con cui ho
deciso di rendere pubblica questo mio testo e magari mi chiederà di non seccarlo
più con quelli che
considera dei “piagnistei”.
Come vedi, caro Papa, scrivendoti, corro il rischio di dar fastidio a molti.
Tra questi potresti esserci anche tu, anche se spero davvero che ti possa
mettere in ascolto di quello
che scrivo, trasformando così, grazie all’azione misteriosa dello Spirito, le
povere parole che
compongono la mia lettera, in quello che tu hai bisogno di sapere per dare una
risposta efficace ai
tanti omosessuali cattolici che guardano a te con speranza.
Avrai certamente saputo di Dino, quel giovane omosessuale che è ricoverato
all’ospedale
sant’Eugenio, per le ferite che ha riportato a causa di un’aggressione che si è
svolta a Roma venerdì
scorso. La persona che l’ha picchiato non approvava il fatto che Dino scambiasse
pubblicamente
alcuni segni di tenerezza con un altro giovane che aveva conosciuto quella sera.
Li ha apostrofati,
sono volate parole grosse e, alla fine, li ha aggrediti, ferendoli con un’arma
da taglio.
Di certo non approvi questa aggressione, anche se, probabilmente, in merito
all’opportunità di certe
manifestazioni pubbliche di tenerezza tra due persone dello stesso sesso,
potresti pensarla più o
meno come il disgraziato che l’ha compiuta. Quando eri ancora Prefetto della
Congregazione per la
dottrina della Fede, hai infatti reso pubblico un documento in cui si legge, tra
l’altro, che: « Le
persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio
quelle che
ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere indifferente o
addirittura buono e
quindi degno di approvazione pubblica» criticando quei progetti di legge che le
intendevano tutelare
(cfr. Lettera ai vescovi degli Stati Uniti del 23 luglio 1992: Diritti sociali
delle persone
omosessuali).
Sia chiaro a scanso d’equivoci che non sto affatto
paragonandoti all’aggressore di Dino. Tu l’avresti
rimproverato educatamente e non avresti mai approvato la violenza. Il
fatto è che i tuoi richiami,
quando vengono letti da un esaltato, rischiano di diventare una scusa che può
giustificare
un’omofobia che è tanto più pericolosa quanto meno viene riconosciuta per quello
che è.
Dico questo perché sono state tante le persone che hanno criticato le veglie di
preghiera per le
vittime dell’omofobia che i gruppi di omosessuali credenti italiani hanno
organizzato negli ultimi
due anni. In genere dicevano che non aveva senso parlare di una violenza omofoba
che c’era solo
nelle nostre teste, ma qualcuno arrivava addirittura a negare l’esistenza stessa
dell’omofobia e,
citando il Lexicon, che il Pontificio consiglio per la Famiglia, ha
pubblicato nel 2003, ha affermato
che l’omofobia non è altro che uno strumento di cui si serve la lobby
degli omosessuali per
propagandare un loro intrigo psichico.
A costoro. A quelli che, come l’aggressore del giovane Dino, non si vergognano
per gli istinti
violenti che suscita in loro l’immagine di due uomini o di due donne che si
scambiano un bacio. A
tutti quelli che rischiano di trasformare la condanna morale degli atti
omosessuali in un sentimento
di disprezzo o in un atteggiamento di emarginazione nei confronti delle lesbiche
e dei gay, credo
che si debbano ricordare queste parole della Congregazione per la Dottrina della
Fede: «Va
deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora
oggetto di espressioni
malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei
pastori della chiesa,
ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri,
lesiva dei principi
elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni
persona deve essere
sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni» (Lettera
Persona Humana su alcune
questioni di etica sessuale del 29 Dicembre 1975).
Ed è in obbedienza a queste parole che ti chiedo di intervenire per esprimere la
tua solidarietà al
povero Dino, per condannare l’episodio di violenza che si è svolto nella tua
diocesi e per
condannare tutti gli episodi analoghi che si svolgono in ogni parte del mondo.
Come scrive il libro della Sapienza «C’è un tempo per parlare e c’è un tempo
per tacere». In
materia di condanna delle violenze contro gli omosessuali credo davvero che sia
arrivato il tempo di
parlare, per non diventare inconsapevolmente dei complici di quei disgraziati
che, come
l’aggressore di venerdì scorso, si dimenticano della loro umanità quando vedono
due uomini che si
scambiano un bacio.
Con l’affetto di una persona che ti considera sempre e comunque un padre nella
Fede, ti saluto e
chiedo la tua benedizione su di me e su tutti gli omosessuali cattolici.
Gianni Geraci il Guado, periodico dei
cristiani omosessuali di Milano, 25 agosto 2009
PS.
Qualcuno mi ha fatto notare che il ministero del papa è universale e che non può
certo rincorrere i
fatti di cronaca che avvengono a Roma. Questa giusta osservazione mi ha però
fatto pensare che,
proprio per questo motivo, il Santo Padre, ha un cardinale Vicario che, di
fatto, esercita il ministero
episcopale nella città. Le parole di solidarietà e di condanna potrebbero venire
da lui. E anche
questo Vicario, che potrebbe essere molto impegnato, ha ben tre vescovi
ausiliari che l’aiutano nella
gestione della Diocesi di Roma. Se proprio non ha tempo di intervenire lui,
potrebbe incaricare uno
di questi tre vescovi. Se si vuole, una soluzione capace di far capire che la
Chiesa di Roma non
approva la violenza omofoba che si è consumata nella città, la si trova
senz’altro. Naturalmente
occorre volerlo.